2 settembre 2024
Il 27 agosto 2023, alla prima partita casalinga della Lazio contro il Genoa, nella curva nord dello stadio Olimpico di Roma vengono esposti tre striscioni a comporre una frase: "Nessuna notte batterà l’aurora. Siamo con te per sempre e un giorno ancora. Daje Pluto!". Firmato Ultras Lazio. Subito sotto, uno striscione poco più piccolo di un lenzuolo con la scritta "Tavoletta". In altre occasioni, alcuni anni prima, nelle prime file comparivano sempre due drappi, uno con la scritta "Elvi’s", nella grafia del marchio di jean Levi’s, e uno con la scritta Riky Le Roi. Pluto, Tavoletta, Elvis e Riky sono tutti nomi di ultras del gruppo Irriducibili, coinvolti in traffici illegali e indagini. Un legame stretto, quello tra alcuni hooligan e la malavita.
Dopo l’omicidio del capo Fabrizio Piscitelli (coinvolto in più indagini emerse dopo la morte), il 7 agosto 2019 a Roma, "l’aspetto calcistico è stato monitorato perché alcuni soggetti della tifoseria laziale erano anche compagni di affari illeciti", ha spiegato il dirigente della Polizia di Stato Maurilio Grasso nel corso del processo a Raul Esteban Calderon, presunto killer di Diabolik. La pista legata al calcio non ha portato a molto, ma ha dimostrato che Piscitelli poteva contare su "una tifoseria violenta degli ultras pronta ad aiutarlo in qualunque situazione". E alcuni di questi “irriducibili” pronti a tutto vengono omaggiati dalla curva. Così sugli spalti, in casa o in trasferta, gli Ultras Lazio espongono alcuni striscioni che danno un’idea dei legami tra la frangia più dura della tifoseria laziale e la criminalità romana. Oltre al bandierone nero con la scritta Diablo e lo sguardo misterioso del Diabolik dei fumetti, comprensibile rimando al loro capo più carismatico, compaiono altri striscioni che, osservati tutti insieme, creano un mosaico suggestivo.
Il tornello d'ingresso del crimine
"Era come un fratello. So’ cresciuti insieme, sempre nell’ambito della Lazio"Rita Corazza - Moglie di Fabrizio Piscitelli parlando di Ettore Abramo
Pluto, ad esempio, è Ettore Abramo, classe 1966. Per Diabolik "era come un fratello. So’ cresciuti insieme, sempre nell’ambito della Lazio", ha detto Rita Corazza, vedova di Piscitelli, testimoniando al processo. Abramo è un pezzo grosso degli Irriducibili e aveva messo la sua forza a disposizione delle attività illecite.
Il 22 luglio 2015 era finito in manette insieme ad Arben Zogu ed Elvis Demce nell’operazione Vento dell’Est, perché ritenuto il magazziniere di grosse quantità di droga importate dagli albanesi. Un’altra inchiesta lo vede attivo, nel 2014, in una compravendita di 100 kg di droga (non identificata dagli investigatori) con un gruppo che gravita intorno al boss della camorra Michele Senese.
Il 28 novembre 2019 Pluto viene arrestato nell’operazione Grande raccordo criminale, condotta dalla Guardia di finanza coordinata dall’antimafia capitolina. È indagato di estorsione e traffico di droga (hashish e cocaina) insieme al gruppo guidato da Fabrizio Fabietti e Piscitelli, morto prima dell’esecuzione degli arresti. Questo gruppo – si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado – era cresciuto grazie alla "particolare considerazione di cui godeva Piscitelli Fabrizio, il quale garantiva gli equilibri criminali con gli altri gruppi". D’altronde era molto vicino al boss Senese ed era "capo, insieme ad Abramo Ettore, della frangia ultrà dei tifosi della SS Lazio, i cosiddetti Irriducibili", a cui appartengono altri uomini coinvolti nell’indagine, Aniello Marotta e Andrea Ben Maatoug. Gli ultimi due, insieme a “Pluto” e a un quarto uomo, facevano parte di una "batteria di picchiatori" che interveniva per riscuotere i crediti di centinaia di migliaia di euro dagli acquirenti di droga. Il 22 giugno 2023 è arrivata la sentenza definitiva e “Pluto”, condannato a 8 anni, 5 mesi e 10 giorni, è passato dai domiciliari al carcere. Anche per questo, alla prima partita in casa della stagione 2023-24, gli Ultras Lazio gli hanno tributato un omaggio con lo striscione.
Le tifoserie come specchio della società
"L’ambiente in cui quei soprannomi nascono non è l’ambiente della criminalità, è l’ambiente di un certo tipo di tifoseria, di un certo tipo di squadra, con certe caratteristiche in cui quel presunto capo dell’organizzazione criminale (Piscitelli, ndr) lì era un capo indiscusso"Luca Marafioti - Avvocato di Telich
Guardando la foto che immortala il messaggio di solidarietà a Pluto, si nota un drappo più piccolo con la scritta "Tavoletta". È il soprannome dato ad Alessandro Telich, anche lui coinvolto nell’indagine Grande raccordo criminale: Tavoletta fa il tecnico informatico, è uno smanettone, ha un’azienda a Dubai che si chiama Imperial Eagle (Aquila imperiale, come il simbolo della Lazio) e fornisce un aiuto materiale importante al gruppo, fornendo telefonini criptati, non intercettabili dagli investigatori, sulla piattaforma K-Line, oppure facendo delle bonifiche, cioè cercando le microspie nascoste dagli inquirenti. Insomma, aiutava Diablo, Pluto e altri a eludere le indagini. Per questo la Corte d’appello lo aveva condannato a otto anni, ma la Cassazione ha ordinato un nuovo processo per ricalcolare la pena.
Per il suo difensore, il professore Luca Marafioti, Telich era "un partecipe per caso, per amicizia. È un professionista" che non va considerato come un componente stabile dell’organizzazione criminale: "L’ambiente in cui quei soprannomi nascono non è l’ambiente della criminalità, è l’ambiente di un certo tipo di tifoseria, di un certo tipo di squadra, con certe caratteristiche in cui quel presunto capo dell’organizzazione criminale (Piscitelli, ndr) lì era un capo indiscusso". A sfavore di Telich, però, pesa un precedente arresto, nel 2013, per il favoreggiamento della latitanza di Diabolik, sfuggito agli arresti dell’operazione Castillos sul traffico di droga nella zona dei castelli in combutta con un clan napoletano e uomini di Senese.
La società di Telich, l'uomo che criptava i telefoni di Diabolik, continua a fare affari
"C’è uno striscione in curva della Lazio che cita proprio Elvis"Un testimone nel processo per l'omicidio di Diabolik
E “Riky le roi” chi è? È Riccardino, al secolo Arben Zogu. Era, almeno fino alla carcerazione, il capo del gruppo di albanesi dalla parlata romanesca, nati in Albania, cresciuti nel Lazio, uomini che si sono fatti strada nel narcotraffico della Capitale insieme a Diabolik. Faceva parte della cosiddetta "batteria di ponte Milvio", a Roma Nord, già citata negli atti dell’indagine Mondo di mezzo. Riky era stato arrestato nell’ottobre 2013, prima della grande indagine denominata Mafia capitale, e poi ancora il 22 luglio 2015, insieme a Pluto e altri, nell’ambito dell’inchiesta Vento dell’Est sui traffici di droga con la camorra e sulla gestione delle slot machine: chi non voleva installare le macchinette dei clan, se la doveva vedere con Zogu e i suoi.
Oltre a Riky, la curva omaggiava un altro tifoso albanese: "C’è uno striscione in curva della Lazio che cita proprio Elvis", ha detto – nel corso del processo per l’omicidio di Piscitelli – un testimone, uno degli Irriducibili, collegando quella scritta a Elvis Demce, anche lui nato in Albania e cresciuto a Roma. "Lo conosco da quando era bambino – spiegava Rita Corazza, moglie di Diablo, alla Corte d’assise –. Andava allo stadio". E anche altri ragazzi albanesi citati dai pm Rita Ceraso e Mario Palazzi, come Riky (Zogu), Dorian (Petoku), Nikolin e Titi (Bardhi Petrit), "erano ragazzi che andavano allo stadio", per dirla con la vedova Piscitelli.
Elvis, dopo l’arresto di Zogu, ha preso le redini del gruppo di albanesi e gestito grossi traffici di cocaina grazie ai legami con la madrepatria e l’America Latina. "Demce piazzava grandi quantità rapidamente e quindi cercava di soppiantare gli altri", così un inquirente spiega a lavialibera il metodo di Elvis. Lo faceva anche seminando violenza e terrore: il 12 luglio la Corte d’appello di Roma lo ha condannato a 15 anni di reclusione nel processo Aquila azzurra (chiaro riferimento alla passione per la Lazio), che ha fatto luce sulla lotta tra due fazioni di albanesi.
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Riky ed Elvis, già coinvolti nell’operazione Vento dell’est insieme a Pluto nel 2015, erano molto legati a Piscitelli. In una foto, li si vede insieme sul manto dell’Olimpico, mentre sollevano Diabolik. Tutti e tre indossano una maglietta azzurra con la scritta blu: "Noi siamo leggenda". È stata scattata il 26 maggio 2013, dopo la vittoria contro la Roma nella finale di Coppa Italia. L’amicizia e la confidenza con il capo degli Irriducibili erano già forti e la lealtà verso Diablo è rimasta dopo la sua morte, tant’è che gli albanesi e gli ultras si mettono insieme per cercare vendetta. "Questi albanesi iniziano a interrogarsi sulle cause dell’omicidio – ha spiegato Dario Ferrara, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Roma, alla Corte d’assise il 21 maggio scorso –. Uno in particolare, Bardhi Petrit detto Titi, in un’intercettazione dice di aver radunato a San Giovanni ultras e albanesi per capire cosa fare e per porre in essere una sua vendetta".
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini, assoldano un sicario, Matteo Costacurta, ultras biancoceleste (condannato per l’assalto a una caserma dei carabinieri dopo l’omicidio del tifoso laziale Gabriele Sandri a fine 2007) col sangue blu e simpatie nere, per un agguato a Leandro Bennato, altro broker di cocaina un tempo in affari con Piscitelli & Co. (come emerge in Grande raccordo criminale), ritenuto il mandante della morte di Diabolik insieme al boss campano Giuseppe Molisso e al trafficante Alessandro Capriotti. Si era registrata "una frattura interna in seno a una compagine che originariamente poteva ritenersi unitaria, facente capo, in senso lato, alla figura di Michele Senese", ha sintetizzato il procuratore aggiunto Ilaria Calò, coordinatrice della Dda di Roma, in Commissione antimafia il 10 luglio.
A Bennato e Molisso si sarebbe rivolto Zogu con alcune lettere minatorie spedite dal carcere. Così ha spiegato, il 1° luglio, il collaboratore di giustizia Fabrizio Capogna, riferendo quanto appreso da un conoscente, Fabio Ligato, "tifoso sfegatato della Lazio facente parte degli Irriducibili, ultimamente arrestato con droga e pistola": "Lui (Ligato, ndr) mi disse di queste lettere perché Piscitelli, Elvis Demce e Riccardino erano supporter della Lazio" e che "Riccardino andava sempre allo stadio".
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