Foto del collettivo Dónde están nuestras gurisas?
Foto del collettivo Dónde están nuestras gurisas?

Giornata contro la violenza sulle donne. In Uruguay un aiuto alle madri in cerca delle figlie scomparse

Mentre in Uruguay lo Stato sta a guardare, il collettivo Dónde están nuestras gurisas? sostiene le famiglie della ragazze scomparse – vittime di tratta, sfruttamento sessuale o femminicidi – a ottenere giustizia

Marta Facchini

Marta FacchiniGiornalista freelance

25 novembre 2024

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L’ultima volta che Silvia Fregueiro è stata vista era il 21 dicembre di trent’anni fa. Si trovava a Punta Del Este, località turistica che si affaccia sull’oceano Atlantico, in Uruguay, dove era andata a lavorare come collaboratrice domestica perché voleva risparmiare soldi per accendere un mutuo e per il Natale che avrebbe trascorso con i genitori e con il figlio Santiago, allora dodicenne, nella cittadina di Treinta y Tres. Nel giorno in cui è scomparsa, era con un uomo noto per essere coinvolto nel “mercato del sesso”. Da quel momento, la famiglia non ha più avuto sue notizie. Se non fosse stato per la madre e per il figlio anche la storia di Silvia sarebbe svanita nel nulla, perché le indagini della polizia non hanno portato ad alcun risultato in un lungo susseguirsi di negligenze e omissioni. Al punto che nel 2021 la Commissione interamericana dei diritti umani ha accolto una denuncia presentata dalla famiglia contro lo Stato uruguaiano per la possibile violazione dei diritti di Silvia alla vita, alla libertà, all’integrità personale, all’uguaglianza davanti alla legge, alle garanzie giudiziarie e alla tutela giurisdizionale.

Quello di Silvia non è un caso isolato, come non sono isolati i fallimenti nelle indagini. Questa è solo una delle storie che il collettivo uruguaiano Dónde están nuestras gurisas? ha avuto modo di conoscere da vicino. “Abbiamo saputo di molte ragazze scomparse e non capivamo cosa stesse succedendo. C’erano indizi che parlavano di tratta e sfruttamento sessuale e così abbiamo avvicinato le famiglie e organizzate per approfondire”, spiega a lavialiberaMaria Zino, una delle 14 attiviste che fanno parte del collettivo fondato nel 2017.

Le madri cercano le figli vittime della tratta

Foto del collettivo Dónde están nuestras gurisas?
Foto del collettivo Dónde están nuestras gurisas?
"Noi sosteniamo le madri e le famiglie quando iniziano ad affrontare la giustizia"Maria Zino - Attivista del collettivo  Dónde están nuestras gurisas?

Sono soprattutto le madri a cercare senza sosta le figlie scomparse: attraversano tutto il Paese per avere informazioni, anche a costo di correre pericoli, come spesso accade. Lasciate sole dalle istituzioni e abbandonate a loro stesse, se non fosse per questa rete di cura dal basso. “Quando sparisce una ragazza che vive in un quartiere popolare, che proviene da una famiglia senza disponibilità economiche o che si trova in una situazione difficile dovuta al consumo di droghe, c’è un forte pregiudizio sociale e la loro scomparsa non è percepita come un problema. Succede così che al commissariato spesso vengano date indicazioni sbagliate e la polizia scoraggi i familiari dallo sporgere denuncia. Le ricerche non sono esaustive, non si percorrono tutte le ipotesi investigative. Noi sosteniamo le madri e le famiglie quando iniziano ad affrontare la giustizia, le aiutiamo nella ricerca di un avvocato e a fornire le informazioni sulla persona scomparsa nel modo più preciso possibile. Manteniamo alta l’attenzione anche organizzando marce, incontri pubblici, proteste”.

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Da quando è nato, grazie a un lavoro di ricerca e analisi autogestite, il Collettivo ha identificato diverse forme di sparizione: ci sono quelle dovute alla tratta e allo sfruttamento sessuale o ai femminicidi e le sparizioni “a intermittenza”, legate al consumo di droghe.

Le gravi colpe dello Stato uruguaiano

Dal 2017 al 2023, il collettivo ha registrato centinaia di casi, ma il numero è sottostimato. L’Uruguay, che pure è conosciuto per la stabilità della sua democrazia ed economia, è diventato un paese di origine, transito e destinazione di persone vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Le organizzazioni in difesa dei diritti umani hanno a più riprese criticato lo Stato per non avere attivato norme e programmi in grado di prevenire tutto questo.

Dal 2017 al 2023 il collettivo ha registrato centinaia di casi, ma il numero è sottostimato. L’Uruguay è diventato paese di origine, transito e destinazione di persone vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale

Inoltre, negli ultimi anni il narcotraffico si è sviluppato e radicato così a fondo al punto che oggi la sicurezza è il tema più sentito dalla popolazione, come è emerso durante la campagna elettorale delle presidenziali che ha visto contrapposti il candidato della coalizione di sinistraFrente Amplio, Yamandú Orsi, e l’esponente del Partido Nacional Álvaro Delgado.

Secondo le Nazioni unite, nel 2024 il 10 per cento della popolazione risulta essere sotto la soglia di povertà e il 44 per cento di queste persone sono bambini e adolescenti. In un contesto simile sono soprattutto le ragazze indigenti o che vivono in contesti difficili a essere sfruttate dalle organizzazioni criminali. “Assistiamo a una catena di fallimenti, ci sono responsabili dietro tutte le sparizioni, una rete di criminali, una singola persona, il narcotraffico. Ma esiste anche una più ampia responsabilità dello Stato, che non interviene per prevenire e affrontare i problemi”, dice Camila Castellano, attivista di Dónde están nuestras gurisas?.

Le famiglie – insieme alle assistenti sociali, alle avvocate e ai difensori dei diritti umani – denunciano che la polizia ignora sistematicamente le loro figlie e non le difende. Come ha mostrato anche un’inchiesta pubblicata sul sito di informazione OpenDemocracy, le denunce, le prove e le dichiarazioni dei testimoni spesso si perdono oppure non risultano catalogate nel modo corretto.

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Le indagini vengono aperte mesi dopo le scomparse e se c’è il sospetto che si tratti di un crimine, la denuncia non arriva ai dipartimenti preposti a occuparsene e tantomeno alla procura. Anche quando esistono possibili legami tra la ragazza e i trafficanti o gli sfruttatori sessuali, non si percorrono tutte le ipotesi investigative. Inoltre, spesso la polizia ricorre a procedimenti irregolari, sebbene esista un registro contenente i dati sulle persone scomparse, che però non è aggiornato, è incompleto e spesso fornisce informazioni non corrette.

Le indagini vengono aperte mesi dopo le scomparse e se c’è il sospetto che si tratti di un crimine, la denuncia non arriva ai dipartimenti preposti a occuparsene e tantomeno alla procura

“Le foto non vengono rinnovate, non si trovano le dichiarazioni dei testimoni. Se una ragazza riappare il registro neppure viene aggiornato. E succede sia con i governi di destra sia con quelli di sinistra”, aggiunge Castellano.

La resa mai

Per le famiglie continuare a cercare significa non arrendersi. Nancy Baladán spera di trovare sua figlia Milagros Cuellos da otto anni, durante i quali ha ricevuto minacce di morte ma non si è mai fermata. Il suo lavoro e il suo coraggio nel 2019 hanno portato alla condanna di tre uomini, processati per lo sfruttamento sessuale di Milagros che purtroppo non è ancora stata trovata.

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“A volte anche se una madre ha consapevolezza che sua figlia è morta, decide di continuare a lottare per le ragazze che rischiano di sparire o per le altre figlie che sono scomparse. Molte ci dicono che lo fanno perché è una causa che portano nel cuore dopo il dolore vissuto”, spiega Maria Zino. “Le madri ci mandano le foto delle loro figlie, come se anche noi le avessimo conosciute. Ci dicono quando è il loro compleanno e lo festeggiano. Sappiamo che desideri avevano, che cosa amavano fare, come si tagliavano i capelli. I loro interessi, chi disegnava, chi faceva sport, chi amava l’arte. È un modo per elaborare il dolore e continuare a ricordarle per come erano da vive”.

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