2 gennaio 2025
La conferenza Onu sui cambiamenti climatici tenutasi lo scorso novembre a Baku, in Azerbaigian, si è occupata soprattutto di aspetti finanziari e nei risultati finali non c’è quasi traccia di progressi per ridurre le emissioni. Un fatto che da scienziato del clima trovo molto grave: non è così che si arrestano il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici a esso associati. L’unica miglioria cui si è giunti riguarda le regole giuridiche per il conteggio delle riduzioni emissive: in sostanza, i paesi ricchi possono ridurre la quantità delle loro emissioni anche avviando progetti nel terzo mondo e adesso hanno a disposizione gli strumenti per farlo. Il resto è deludente e se nella conferenza precedente era stata approvata la fuoriuscita, transition away, dai combustibili fossili, stavolta nel testo finale l’Arabia Saudita ha bloccato ogni tentativo di far riferimento alle stesse fonti inquinanti.
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Se nella conferenza precedente era stata approvata la fuoriuscita dai combustibili fossili, stavolta nel testo finale l’Arabia Saudita ha bloccato ogni tentativo di far riferimento alle stesse fonti inquinanti
Come è noto, le responsabilità storiche dell’attuale crisi climatica sono in larga parte da attribuire ai paesi che hanno sviluppato le proprie economie sui combustibili fossili, in primis Stati Uniti ed Europa, con la Cina che si è aggiunta solo negli ultimi decenni. I paesi poveri, al contrario, hanno pochissime colpe ma risultano comunque i più danneggiati. Di conseguenza, vantano una sorta di credito nei confronti dei paesi ricchi che va riscosso. Proprio su questo punto, più precisamente sull’ammontare e sulla natura dei finanziamenti destinati ai paesi più poveri, si è aperto un acceso dibattito. Il testo finale stabilisce la cifra di 300 miliardi di dollari all’anno, anche se il compromesso non soddisfa nessuno, soprattutto i paesi più vulnerabili che chiedevano molto di più.
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Ciò che sconcerta, però, è la natura di questi finanziamenti, che come ha chiesto con forza Papa Francesco devono essere a fondo perduto. Succede, invece, che almeno per il 70 per cento siano prestiti da restituire: questo perpetua una dipendenza economica dei poveri dai ricchi che diventa sempre più forte.
Infine, anche se indirettamente, sulla conferenza ha aleggiato il fantasma di Donald Trump e della sua volontà di uscire da qualsiasi accordo climatico. Ciò renderà più difficili future conferenze (come se ce ne fosse bisogno) e rischia di indebolire ulteriormente il multilateralismo. In questa situazione, forse soltanto un’enorme spinta dal basso e un accordo tra Europa e Cina permetterebbero di affrontare in modo efficace il problema climatico.
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