30 gennaio 2020
L'evoluzione del sistema perverso che lega uomini in giacca e cravatta, Cosa nostra e mondo delle istituzioni ha reso la mafia del cuore della Sicilia sempre più “trasparente”: non è possibile toccarla né tantomeno riconoscerla. Emblema di questa difficoltà è la figura di Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia condannato in primo grado a 14 anni di reclusione, con l’accusa di aver elaborato "un progetto di occupazione egemonica dei posti di potere" in grado di piegare procure, ministeri, prefetture e questure. Montante si sarebbe fatto paladino di un’antimafia di cartone diventata calamita di un potere occulto talmente grande da potersi permettere la "privatizzazione" della Guardia di finanza di Caltanissetta, come scrive Graziella Luparello nella sentenza. Proprio lui – originario di Serradifalco (in provincia di Caltanissetta), dove ha costruito la favola alla base della sua ascesa imprenditoriale – è il simbolo del cambiamento dei tempi nel nisseno, un territorio dove il fenomeno mafioso resta legato a cognomi e cosche storiche ma cammina sempre di più a braccetto con aree deviate delle istituzioni.
Nella zona di Caltanissetta, come sottolineato nell’ultima relazione semestrale della Dia, continua a comandare la famiglia mafiosa dei Madonia attraverso lo storico mandamento di Vallelunga Pratameno. Mentre Gela è la zona d’influenza della stidda e del potente clan dei Rinzivillo, i cui traffici illeciti sono emersi soprattutto grazie alle operazioni antimafia Druso, Extra Fines, Extra Fines 2 e Leonessa. A prendere le redini della famiglia gelese sarebbe stato il 59enne Salvatore Rinzivillo, erede di una tradizione criminale passata nelle mani dei fratelli Antonio e Crocifisso, condannati rispettivamente all’ergastolo e a trent’anni di carcere. Due "cristiani d’azione" che sono stati sostituiti da un uomo che ha attraversato almeno tre momenti cruciali della mafia gelese: l’affiliazione a Cosa nostra nel carcere di Rebibbia con padrino il boss Piddu Madonia, la guerra di mafia persa con il clan rivale degli Emmanuello e la posatura da uomo d’onore.
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Nonostante questo, almeno secondo gli inquirenti, Salvatore Rinzivillo sarebbe tornato prepotentemente sulla scena criminale mettendo da parte la linea violenta e preferendo quella “trasparente”, fatta di rapporti con avvocati, uomini delle istituzioni e dei servizi segreti. Una rete di relazioni che gli ha consentito di tessere una rete internazionale di affari criminali che va dalla Sicilia agli Stati uniti, passando per Roma e la Germania. La riorganizzazione dei Rinzivillo si sarebbe consolidata attraverso le tradizionali estorsioni, ma anche tramite il narcotraffico, il commercio del pesce e della carne, i reati societari e finanziari. Tra le nuove ramificazioni del crimine organizzato gelese, un esempio è il commercialista Rosario Marchese, accusato di associazione mafiosa e considerato la mente di un sistema fraudolento che ha coinvolto 74 società sparse per il Nord Italia, tra i cui clienti figuravano anche due squadre di serie A di basket e pallanuoto. Sempre ai Rinzivillo sarebbero legati anche gli imprenditori Luca: eminenze della vendita di automobili attraverso la nota concessionaria Lucauto. I fratelli Francesco Antonio e Salvatore Luca, e il figlio di quest’ultimo – Rocco Luca – sono finiti indagati per concorso esterno in associazione mafiosa dopo l’operazione Camaleonte e sarebbero stati capaci di costituire a loro volta una rete di relazioni con uomini delle istituzioni, alcuni dei quali legati a doppio filo proprio alla vicenda Montante.
Ancora più “trasparente” è la mafia catanese che intreccia rapporti con imprenditori, sindaci, deputati, assessori e consiglieri comunali. Una lista sempre più lunga per un modello mafioso che da qualche anno fa rotta verso Malta, grazie a una tassazione favorevole e a un sistema di controllo con più falle che restrizioni. I clic delle slot machine segnano il ritmo della nuova musica della malavita: l’operazione Galassia dei pm etnei sul gioco online è solo l’ultimo capitolo di una maxi inchiesta internazionale sul colosso delle scommesse PlanetWin365. Mentre le procure di Reggio Calabria, Catania e Bari hanno accertato la strategia comune di Sacra corona unita, ‘ndrangheta e Cosa nostra in questo genere di investimenti, su cui hanno già puntato personaggi del calibro dei catanesi Francesco Corallo e Antonio Padovani.
A spingere la criminalità in direzione di Malta ci sono anche altri due interessi economici: le importazioni di petrolio di contrabbando, come emerso dall’operazione Dirty Oil, e il calcio scommesse. Su quest’ultimo fronte il nome eccellente è quello del patron del Calcio Catania Nino Pulvirenti, indagato nell’inchiesta Treni del gol insieme a personaggi del calibro di Yorgen Fenech, il milionario maltese finito in manette con il sospetto di essere il mandante dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia. Un altro nome catanese illustre è quello dell’editore monopolista Mario Ciancio Sanfilippo – sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi presunti rapporti con i vertici della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano –, il cui destino si incrocia con il percorso giudiziario di Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione Sicilia alla sbarra con l’accusa di voto di scambio e concorso esterno. Il 28 luglio 2008, nello studio dell'editore del quotidiano La Sicilia, Ciancio e Lombardo vengono registrati dalle cimici del Ros mentre discutono della possibilità di sbloccare una variante edilizia per un centro commerciale. Quattro mesi dopo il documento viene concesso e l'opera, poi realizzata, secondo la procura diventa il simbolo della comunione d'interessi di mafia, politica e imprenditoria.
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In mezzo a tanti uomini di potere – la lista comprende anche l’ex re dei supermercati Sebastiano Scuto – resta un fronte della criminalità organizzata catanese che continua a controllare il territorio con estorsioni e piazze di spaccio di sostanze stupefacenti. Nonostante i tanti pentiti degli ultimi anni, tra cui l’ex reggente militare Santo La Causa, le cosche riescono puntualmente a riorganizzare i loro traffici grazie a uno zoccolo duro di manovalanza criminale che viene affidata ai minorenni. Uno dei principali canali di approvvigionamento della droga resta l’Albania, tradizionale esportatrice a Catania di marijuana e armi da guerra. L’ultima inchiesta della Guardia di finanza, ribattezzata Rosa dei venti, ha chiuso il cerchio sulla banda di Moisi Habilaj, cugino dell’ex ministro dell’Interno albanese Saimir Tahiri. Non mancano però le ramificazioni della mafia locale con il resto del territorio italiano, in particolare tra Torino e il litorale a Sud di Roma con le famiglie Fragalà e Loria.
Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020
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