Una palazzina del carcere "Lorusso e Cttugno" a Torino. Foto di Marco Panzarella
Una palazzina del carcere "Lorusso e Cttugno" a Torino. Foto di Marco Panzarella

Carceri sovraffollate, la soluzione del governo: più celle nei prefabbricati

Il "piano carceri" arriva al Consiglio dei ministri. Obiettivo: creare 10mila posti nuovi nelle strutture esistenti, mandare i detenuti stranieri nei paesi d'origine e i tossicodipendenti in comunità. Dubbi dall'associazione Antigone: "Affronta la questione solo dal punto di vista numerico, senza preoccuparsi del totale svilimento della vita interna"

Redazione lavialibera

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22 luglio 2025

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Contro il sovraffollamento delle carceri, il governo ha la soluzione pronta: costruire nuovi padiglioni nelle strutture di Rebibbia (Roma), Opera e Bollate (Milano), Bologna, Cagliari e altri istituti per avere 10mila posti in più. All’aumento dei posti, si unirebbe anche l’uscita di alcuni detenuti: chi ha meno di 24 mesi di pena da scontare per reati non pericolosi (e una buona condotta) potrà ottenere misure alternative al carcere, mentre i tossicodipendenti potranno scontare parte della pena in comunità di recupero. Lo prevede il piano carceri che verrà presentato oggi al Consiglio dei ministri.

A prepararlo è stato Marco Doglio, commissario straordinario per l'edilizia carceraria, nominato la scorsa estate, che avrebbe dovuto preparare entro 120 giorni dalla nomina “un programma dettagliato degli interventi necessari, specificandone i tempi e le modalità di realizzazione” ed entro il 30 giugno avrebbe dovuto presentare una relazione sullo stato di attuazione del programma. A maggio, la Corte dei conti segnalava in una relazione che anche gli interventi della precedente gestione commissariale, avviata nel 2014, erano in ritardo e alcuni sono tuttora in corso d'opera.

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Dove saranno i nuovi posti in carcere?

Secondo il Messaggero, che lunedì ha anticipato la notizia, i posti saranno così suddivisi:

  • a Rebibbia sarà completata entro fine anno una struttura da 400 posti;

  • a Milano, nei carceri di Opera e Bollate, ci saranno due nuove aree da 392 e 200 posti;

  • 400 posti saranno creati tra le strutture di Bologna e Forlì;

  • A Pordenone, ci sarà un carcere da 300 posti a Pordenone.

  • Altri 640 nuovi posti in otto penitenziari (Civitavecchia, Viterbo e Perugia) grazie ai fondi del Pnrr.

A differenza da quanto ipotizzato in passato, non verranno allestite nuove celle in caserme in disuso, ma si creeranno nuovi padiglioni in strutture già esistenti e attive. A marzo sono partite le gare per la fornitura di “moduli detentivi prefabbricati”, una soluzione che ha destato dubbi.

Quali misure alternative per svuotare le carceri?

Sono previste misure per i detenuti tossicodipendenti e per quelli con meno di 24 mesi di pena da scontare per reati “non ostativi” (che non suscitano particolare allarme sociale) e con una valutazione di buona condotta, ma dalle anticipazioni sembrano mancare invece altre proposte ventilate nei mesi scorsi dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, cioè misure per quei reclusi in custodia cautelare (“presunti innocenti, buona parte dei quali alla fine sarà assolta”, diceva al quotidiano romano il 2 luglio scorso) e quella per far scontare ai detenuti stranieri, che sono il 31,6 per cento del totale, la pena nei paesi di origine: "Basterebbe mandarne via la metà", ha dichiarato in un'intervista al Corriere della sera il 17 luglio scorso. 

“Ci stiamo occupando di 10.105 detenuti definitivi, con pena residua sotto i 24 mesi, che possono fruire di misure alternative. Se solo la metà ne fosse riconosciuta meritevole saremmo già a buon punto”, ha detto ancora al quotidiano milanese. Per ogni caso andrà fatta una valutazione personale, quindi “spetta ai magistrati di sorveglianza decidere se ne abbiano il diritto”.

Sovraffollamento e suicidi, un emergenza

“Servono investimenti, in modo da garantire un livello dignitoso di vita e di trattamento dei detenuti e, al contempo, migliori condizioni del lavoro che voi svolgete con scrupolo”Sergio Mattarella - Presidente della Repubblica

In Italia, il tasso di sovraffollamento è arrivato al 134 per cento: lì dove dovrebbero esserci 100 persone, ce ne stanno 134. Se i posti disponibili sono 46.730, i detenuti sono 62.685.

Sul tema era intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 30 giugno scorso, in occasione di San Basilide, patrono della polizia penitenziaria, parlando di “preoccupanti condizioni del sistema carcerario, contrassegnato da una grave – e ormai insostenibile – condizione di sovraffollamento nonché dalle condizioni strutturali inadeguate di molti istituti, nei quali sono necessari interventi di manutenzione e di ristrutturazione. Interventi da intraprendere con urgenza, nella consapevolezza che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia, ma deve includere ambienti destinati alla socialità, all’affettività, alla progettualità del trattamento”.

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Per questo, proseguiva Mattarella, “servono investimenti, in modo da garantire un livello dignitoso di vita e di trattamento dei detenuti e, al contempo, migliori condizioni del lavoro che voi svolgete con scrupolo”, e questo servirebbe a prevenire gli episodi di autolesionismo: “È drammatico il numero di suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale”, concludeva il presidente della Repubblica.

Sono già 43 i detenuti suicidi a partire dal 2025. Secondo il ministro Nordio, però, sovraffollamento e suicidi non sono connessi, anzi, stando a quanto dichiarato dall’ex procuratore in un’intervista al Corriere della sera, “il sovraffollamento è una forma di controllo: alcuni tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella. È la solitudine che porta al suicidio. Ma soprattutto la mancanza di speranza e l’incertezza del domani. Molti si uccidono proprio quando è imminente la loro liberazione ”.

I dubbi dell'associazione Antigone sul piano carceri

"Il rischio è che si creino delle forme private di detenzione, totalmente incompatibili con il modello che l'Italia si è data”Patrizio Gonella - Presidente di Antigone

Secondo Patrizio Gonella, presidente dell’associazione Antigone che si occupa dei diritti delle persone detenute, il piano “affronta la questione solo dal punto di vista numerico, senza preoccuparsi del totale svilimento della vita interna e della protezione dei diritti affermati nell'ordinamento” perché “il sovraffollamento non è infatti solo un problema di spazi, lo è anche perché riduce le attività disponibili per le persone detenute, nonché per il personale che si trova a gestire una mole di persone superiore a quelle che sono le reali possibilità di farsene carico”. Per questo motivo Gonella tema che il modello Bollate, tra gli istituti in cui avverranno i lavori, sia danneggiato.

“Non si può pensare che 10mila detenuti, cioè un sesto dell'intera popolazione reclusa in Italia, vadano a finire in container improvvisati, senza spazi adeguati e conformi a quanto le leggi richiedono – ha aggiunto –. Farlo significa progettare un'idea di pena di mera custodia dei corpi. Una custodia che non tiene conto anche di evidenti problemi climatici, come le temperature che si registrano ormai in Italia nel periodo estivo e che stanno mettendo a dura prova le persone detenute e gli operatori”. 

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Sulla detenzione dei tossicodipendenti nelle comunità, Gonella teme che se queste persone non saranno libere di muoversi, “si creino delle forme private di detenzione, totalmente incompatibili con il modello che l'Italia si è data”. Per quanto riguarda le misure alternative, il presidente di Antigone ricorda che "già esistono. Il problema sta nel fatto che molte persone, soprattutto quelle con condanne e pene brevi da scontare, sono le più fragili, spesso senza fissa dimora o con alloggi non sempre in linea con la possibilità di scontare una pena all'esterno. Per questo servirebbero investimenti per creare strutture non carcerarie che possano ospitare queste persone. Anche in questo caso, come per le comunità per persone tossicodipendenti, però bisogna avere ben chiaro il fatto che queste non devono diventare dei luoghi privati di privazione della libertà".

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