Veduta del Santuario di Polsi (RC). Foto: Larosa/Wikicommons
Veduta del Santuario di Polsi (RC). Foto: Larosa/Wikicommons

Ponte sullo Stretto e festa al Santuario di Polsi: una narrazione di comodo della 'ndrangheta

Incolpare la 'ndrangheta per l'incuria e la malagestione e non affrontare le cause della sua continua rinascita sul territorio calabrese provoca solo vittimismo e rassegnazione. Dalle grandi opere ai disservizi locali, servirebbe capire come frenare il risentimento verso lo Stato e rispettare di più i luoghi, la tradizione e la fede locali

Anna Sergi

Anna SergiProfessoressa in Criminologia, University of Essex (Uk)

7 agosto 2025

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C’è un paradosso nel cuore della Calabria quando si parla della sua mafia. Le istituzioni della regione che più di tutte le altre, logicamente, dovrebbe (ri)conoscere la ‘ndrangheta in quanto l’ha partorita, dimostrano non solo di non averne capito i meccanismi, ma anche una superficialità spiccata nel trattarla o nel prevenirla, a parte qualche eccezione. Due eventi di queste settimane danno segnali sconfortanti: l’inaccessibilità del santuario di Polsi (RC), dove ogni anno si tiene una grande festa il 2 settembre e la notizia dell’approvazione da parte del comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile del progetto del Ponte sullo Stretto.

I business senza confini della 'ndrangheta

Niente festa al Santuario di Polsi

Di fine luglio è la notizia che il Santuario della Madonna di Polsi, che ogni anno da secoli chiama a sé in Aspromonte pellegrini e visitatori, rimarrà inaccessibile non solo per tutto agosto, ma anche per la festa annuale del 2 settembre. Festa che è stata spesso sotto i riflettori a causa della frequentazione di molti ‘ndranghetisti locali che considerano Polsi un luogo di ritrovo agostano. I lavori di ripristino della strada, compromessa da una frana parziale, sono fermi da mesi e ciò rende impossibile l’accesso al santuario, anche a piedi.

Il Santuario della Madonna di Polsi, che ogni anno da secoli chiama a sé in Aspromonte pellegrini e visitatori, rimarrà inaccessibile non solo per tutto agosto, ma anche per la festa annuale del 2 settembre. I lavori per il ripristino della strada sono in ritardo

La Chiesa è rammaricata ed esponenti delle istituzioni (pochi) s’indignano. La Regione, responsabile ultima dei lavori, latita. Di base il messaggio che passa è che per un’estate non succede niente se la gente non va in pellegrinaggio o non va a Polsi.

La 'ndrangheta, tra radici locali e opportunità globali

Sembra si dica Qu'ils mangent de la brioche, “che mangino brioche”, per dirla con la frase falsamente attribuita a Maria Antonietta di Francia – tanto ci sono altre Madonne da adorare… Ma sarebbe un errore.

C'è stato un depauperamento sistematico di tutto ciò che sta attorno a Polsi e al suo comune, San Luca, che oltre a Polsi ospita sia la ‘ndrangheta sia il pregiudizio sulla ‘ndrangheta: sono stati chiusi i bar e i punti di ristoro del santuario, eliminati i venditori ambulanti e sciolto (di nuovo) il comune

L’inaccessibilità di Polsi arriva come la proverbiale morte della rana nell’acqua che bolle: prevedibile. Sono anni che la fede delle carovane dei pellegrini e di chi visita il santuario viene umiliata: le strade in condizioni sempre peggiori rendono ostico il cammino; l’assenza di investimenti nella preservazione del culto di Polsi ha impoverito il luogo; il distacco della popolazione dalle istituzioni locali e dalla Chiesa che pure ospita Maria della Montagna è dovuto a relazioni non sempre chiare e trasparenti con alcuni rappresentanti locali. A questo si deve aggiungere che c’è stato un depauperamento sistematico di tutto ciò che sta attorno a Polsi e al suo comune, San Luca, che oltre a Polsi ospita sia la ‘ndrangheta sia il pregiudizio sulla ‘ndrangheta:  sono stati chiusi i bar e i punti di ristoro del santuario, eliminati i venditori ambulanti e sciolto (di nuovo) il comune. Tutto sempre anche in nome dell’antimafia, l’antimafia astratta che non conosce né la mafia né la gente.

Un Ponte sullo Stretto “impermeabile” alle mafie

L’altro evento è ancora più recente e riguarda l’approvazione da parte del Cipess del progetto definitivo per il Ponte sullo Stretto che comprende un’articolata documentazione presentata dal Ministero delle infrastrutture e trasporti.

Ponte sullo Stretto. I comitati protestano, la Lega chiede 1,2 miliardi in più

Al di là di tutto ciò che il fronte del No-ponte, fatto di associazioni, movimenti civici, esperti, accademici, afferma da decenni – cioè l’estrema inutilità oltre che l’ingente danno ambientale di questa infrastruttura promossa a soli fini propagandistici – uno dei nodi del Ponte è sempre stato il fantasma della mafia, anzi di entrambe le mafie ai due lati dello stretto. Il fronte del sì, con in testa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il governo, sposa la miope visione del progresso a tutti i costi: "Se si dovesse non fare il ponte perché ci sono mafia e ‘ndrangheta allora non facciamo più niente", ha detto il ministro, garantendo l’impermeabilità della filiera agli appetiti mafiosi.

Il fronte del sì, con in testa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il governo, sposa la miope visione del progresso a tutti i costi: "Se si dovesse non fare il ponte perché ci sono mafia e ‘ndrangheta allora non facciamo più niente", ha detto il ministro, garantendo l’impermeabilità della filiera agli appetiti mafiosi

Ammesso che si possa davvero rendere la realizzazione di qualunque infrastruttura “impermeabile” ad atti illeciti e attori “malintenzionati”, come li definisce il ministro – eventualità smentita da tutte le grandi opere o i grandi eventi del Paese, dal Mose di Venezia, all’Expo di Milano. Ancora una volta qui si sbandiera l’antimafia astratta che non conosce né la mafia né la gente. 

Due problemi da affrontare

Sembrano lontani questi due eventi, e di natura profondamente diversa: uno riguarda la religione, la fede e l’Aspromonte, l’altro riguarda l’economia, il progresso e lo Stretto. Eppure, così non è. Ci sono due ordini di problemi, collegati, che queste due vicende hanno in comune. 

'Ndrangheta a Roma, dall'Aspromonte alla Dolce Vita 

Primo, la ‘ndrangheta pensata solo in termini di “altro” da “reprimere”, e non come un “noi” da “riconoscere”. Si cerca di “mandare via” gli ‘ndranghetisti da San Luca, gli si nega il “benvenuto” a Polsi, tra scioglimenti comunali, arresti, ingiunzioni ai bar e proclami di piazza, lo Stato (e a volte anche la Chiesa) prova a mostrare il pugno di ferro.

Questo pugno di ferro ha, in realtà, un solo scopo: farci dormire sereni la notte illudendoci che ‘qualcun altro’ sia il problema e che questo “altro” sia un corpo estraneo da espellere. Illudendoci che sia vero uno degli adagi che sento da quando sono nata, anch’io in Calabria, e cioè che è sempre e solo la ‘ndrangheta, e non i calabresi tutti, a ostacolare il progresso di questa regione

Questo ha, in realtà, un solo scopo: farci dormire sereni la notte illudendoci che ‘qualcun altro’ sia il problema e che questo “altro” sia un corpo estraneo da espellere. Illudendoci che sia vero uno degli adagi che sento da quando sono nata, anch’io in Calabria, e cioè che è sempre e solo la ‘ndrangheta, e non i calabresi tutti, a ostacolare il progresso di questa regione.

Ci si scherma dietro le indagini di ‘ndrangheta anche quando si scopre che dietro le grandi o piccole opere calabresi i comitati d’affari sono anche e soprattutto composti da colletti bianchi. Illudendoci anche che sia la ‘ndrangheta e solo la ‘ndrangheta, e non l’incuria di troppi calabresi, che umilia i luoghi, la tradizione, la fede. Queste illusioni che sposano risposte di antimafia repressiva e auto-assolutoria, legittimano quel campanilismo, misto a vittimismo, di cui si nutre la nostra terra: sarebbe il posto più bello del mondo, più bello di tutta Italia, se solo… (completare a piacere con la scusa del giorno).

I business senza confini della 'ndrangheta

E questo campanilismo misto a vittimismo – che ha radici profondissime nella storia della discriminazione del Sud – porta al secondo ordine di problemi: la totale assenza di consapevolezza di ‘come’ e ‘perché’ nasce e cresce la ‘ndrangheta. Periodicamente si assiste a un gioco di ruolo collettivo, per cui la ‘ndrangheta c’è, esiste, va debellata e sputata fuori, ma nessuno sembra ricordarsi che il fenomeno ‘ndranghetista esiste perché r-esiste e perché rinasce in continuazione. Il perché e il come nasce la ‘ndrangheta – oggi, non duecento anni fa – è oggetto di rimozione collettiva. 

Il risentimento verso lo Stato, “quel potere contro la povera gente”

La ‘ndrangheta nasce anche a seguito di eventi come quelli menzionati. Nasce dal risentimento verso lo Stato che non consulta e non ascolta il no di moltissimi cittadini al ponte e non rispetta la fede dei pellegrini di Polsi; nasce dalla sfiducia nelle istituzioni, pubbliche o ecclesiastiche, che non fanno abbastanza – o vengono percepite come manchevoli – nel risolvere i problemi quotidiani di accesso a un Santuario o si dimostrano incapaci di leggere le vere necessità (anche logistiche) del territorio, invece di proporre un ponte di discutibile utilità e quasi certa nocività. Nasce dalla consapevolezza – con radici reali o no non conta, perché conta la percezione collettiva – che ‘il potere’ (di qualsivoglia natura, politico, ecclesiastico, privato) remi sempre contro la povera gente (anche se questa gente non è sempre povera)

Nasce dal risentimento verso lo Stato che non consulta e non ascolta il no di moltissimi cittadini al ponte e non rispetta la fede dei pellegrini di Polsi; nasce dalla sfiducia nelle istituzioni, pubbliche o ecclesiastiche, che non fanno abbastanza

La ‘ndrangheta è la più grande bugia raccontata (e spesso accettata) in Calabria: insegna a chiudersi, a lodare chi frega il prossimo, a badare solo a sé stessi. Così nasce l’onorata disonorata, si nutre di vittimismo e del campanilismo più sciocco perché non smette mai di ricevere ragioni per alimentarli dall’esterno, dalle istituzioni, dagli altari e dai megafoni dei politicanti di turno.

La ‘ndrangheta è la più grande bugia raccontata (e spesso accettata) in Calabria: insegna a chiudersi, a lodare chi frega il prossimo, a badare solo a sé stessi

Resta alternativa reale per tanta Calabria, la ‘ndrangheta, e preferibile (il meno peggio) per tanti calabresi, non perché ci sia un determinismo alla mafiosità nel nostro Dna, assolutamente no, e non perché ci sia un corpo estraneo che si infiltra (nei santuari, nei lavori del ponte…). Queste sono solo idee di comodo. La ‘ndrangheta resta alternativa concreta perché si sono totalmente incagliati i processi sociali che ci permetterebbero di riconoscere quello che abbiamo in comune, noi in quanto calabresi e gli ‘ndranghetisti, pure calabresi – siamo tutti sottoposti a certe dinamiche e pressioni del territorio. 

Manca totalmente l’analisi di cosa separi la sottocultura e la solidarietà mafiosa dalla cultura e dal civismo quotidiano dei calabresi; non sappiamo (non vogliamo sapere) cosa abbiamo in comune e rimane più facile raccontarci cosa ci differenzia, noi buoni, loro cattivi. Questa analisi, se anche ci fosse, comunque non verrebbe ascoltata. È molto più comodo che la gente mangi brioche e non si lamenti per Polsi, illudendosi che si possa rendere il ponte sullo Stretto impermeabile a chissà quale ‘ndrangheta immaginata. 

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