12 settembre 2023
Vuoi fare affari con la droga? "Prima devi avere un business vero". Verso la fine del 2019, uno degli oltre cento indagati di Eureka – ad oggi la più grande operazione contro le cosche della Locride – racconta com’è nata la decisione di avviare un’attività di copertura in Belgio. Su una parete del locale ha appeso una gigantografia col panorama di San Luca, incastonato alle falde dell’Aspromonte. La stessa foto è utilizzata per i canali social, quasi fosse un brand che pone l’accento sulle origini di chi, a suo dire, discende dalla "'mamma' della ’ndrangheta". Non a caso, quando la Commissione antimafia della XV legislatura scrisse di un "salto di qualità" a partire dagli anni Ottanta, si soffermò su alcuni "fattori strategici". Tra questi, la "capillare diffusione dei clan in tutti i continenti" e la "spendibilità di una sorta di “logo”, un marchio di “qualità” e affidabilità indiscusso presso i partner e le organizzazioni allocate nella filiera del narcotraffico".
Sequestri di persona e contrabbando di sigarette sono le attività soppiantate dal traffico internazionale di drga, il core business della 'ndrangheta
Dagli anni Settanta i paesi a ridosso dell’altopiano aspromontano sono noti alle cronache come teatro occulto di storici sequestri di persona. Lì avrebbe trascorso i suoi 743 giorni di prigionia Cesare Casella, rapito a Pavia nel 1988. Alcuni anziani di Bovalino, dal canto loro, continuano a raccontare del quartiere Paul Getty, secondo la leggenda costruito con una parte dei quasi due miliardi di lire pagati per il riscatto del nipote del ricco petroliere americano, rapito a Roma 50 anni fa.
La Commissione parlamentare in una relazione del 1998 spiegò come quella "cifra enorme" fosse stata investita in parte per finanziare la nascita degli affari imprenditoriali della ’ndrangheta, interessata ai grandi appalti pubblici e, nella parte più rilevante, "dapprima nel contrabbando di sigarette estere e successivamente nell’acquisto di droga" per avviare quello che diventerà poi il core business dell’associazione. In poco tempo, infatti, si compirà il passaggio epocale della "terziarizzazione della ’ndrangheta", che da utente finale e marginale della filiera si collocherà sulle rotte della cocaina stringendo accordi diretti con i cartelli dei produttori.
Per comprendere il grado di espansione del fenomeno e la mole di affari derivante, si può prendere come esempio l’operazione coordinata dalla Dda di Palermo il 19 luglio 2023 che ha portato al sequestro di 5,3 tonnellate di cocaina "destinate a rifornire il mercato nazionale", che avrebbero fruttato alle cosche circa 850 milioni di euro. La sostanza viaggiava su un peschereccio partito da Bagnara Calabra, poco distante da Reggio Calabria, con a bordo un italiano e quattro persone di nazionalità straniera. Negli atti dell’indagine gli investigatori riportano anche di un’utenza telefonica criptata, localizzata proprio sul territorio di San Luca.
Il reportage: San Luca cerca un'immagine diversa
La genesi dell’attività investigativa ruota intorno a due indagini su presunti appartenenti ad alcune tra le più note famiglie di San Luca, Bovalino, Africo e Bianco
"Sento ancora parlare di ’ndrangheta agricola e questo, sinceramente, mi preoccupa moltissimo". La frase è stata pronunciata dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, a margine della conferenza stampa successiva al maxi blitz dello scorso 3 maggio. Dei 108 provvedimenti cautelari eseguiti in diverse zone d’Europa, molti degli indagati sono originari o ancora residenti nella Locride. Da qui gli inquirenti di Reggio Calabria, Genova e Milano, coordinati dalla Dna, in collaborazione con gruppi europei interforze, sono risaliti a una struttura ramificata oltre i confini continentali e capace, nell’arco temporale che va da maggio 2020 a gennaio 2022 (biennio caratterizzato dalla pandemia), di movimentare circa sei tonnellate di cocaina.
La genesi dell’attività investigativa ruota intorno a due indagini su presunti appartenenti ad alcune tra le più note famiglie di San Luca, Bovalino, Africo e Bianco. Nel 2017 l’attenzione si concentra su Antonio Callipari, latitante fino a novembre 2018, da quando il suo nome era finito all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta Dedalo. Secondo la Dda di Milano, sarebbe tra i "capi-promotori" di un’associazione collegata ai sanluchesi Nirta “Versu”, ramo staccato da quello dei Nirta Scalzone (noti come “La Maggiore”) e legati alla famiglia Strangio “Janchi”.
L’ulteriore filone d’indagine parte a giugno 2019. Il quadro indiziario si arricchisce grazie all’attività svolta da un agente belga infiltratosi nell’area di Limburgo, per conto della procura federale di Bruxelles, in un gruppo di calabresi (leggi l'articolo). Appena un anno dopo, in quella stessa area, scatta l’operazione Costa, che porta all’arresto di 41 persone. Tra queste anche Lucio Aquino, accusato di essere coinvolto nell’importazione di circa sette tonnellate di cocaina sequestrate a ottobre 2019 nel porto di Anversa. Il trafficante italo-belga era in contatto con esponenti del clan del Golfo (Los Urabeños), un’organizzazione paramilitare colombiana "raggruppante elementi di altre organizzazioni narco-terroristiche che, dopo la caduta degli storici cartelli di Medellin e Cali, hanno assunto il controllo del mercato della cocaina in Colombia".
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