7 maggio 2023
Che uno sia il capo di una piazza di spaccio, che ogni sera raccoglie migliaia di euro in banconote frutto della vendita di droga dei suoi pusher; oppure il capo di Stato che ha sottratto fondi al paese per girarli nei conti correnti della tua famiglia, come fatto ad esempio dall’ex primo ministro della Malesia Najib Razak; o ancora un qualunque criminale con molti soldi da nascondere alle autorità, conviene sapere cosa è il riciclaggio di denaro e sapere come funziona per evitare di destare sospetti e subire sequestri.
Con il termine riciclaggio di denaro si intende l’insieme di operazioni per nascondere i guadagni di attività criminali (come il gioco d’azzardo illegale, il traffico di droga, la prostituzione, le estorsioni, le rapine, o ancora l’evasione fiscale o la corruzione) per poi poter riutilizzarlo, spenderlo e reinvestirlo senza rischiare di essere scoperti e perdere tutto.
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Il dialogo estratto dalla serie tv Breaking bad spiega in poche battute il perché e il come del riciclaggio di denaro sporco. “Lo sai che devi ripulire i tuoi soldi? Lo sai che per fare un lavaggio di denaro ti serve un’attività legale? Non vuoi finire in galera, vero?”, dice Saul Goodman, avvocato privo di scrupoli, a Jesse Pinkman, produttore di metanfetamine e suo cliente, paventando il rischio di finire in galera per evasione fiscale come successe ad Al Capone. Lo fa all’interno di un salone di bellezza, attività che potrebbe essere rilevata da Pinkman: “Se tu mi dai il tuo bel malloppo, io te lo riciclo: prendo i tuoi soldi sporchi e li metto nella legittima contabilità del salone, li mimetizzo. Poi li rimetto in circolazione: tutti gli incassi del salone vanno al proprietario. E il tuo denaro sporco si è trasformato in legittimi, tassabili proventi dovuti a un saggio investimento in questo florido salone”.
Secondo investigatori ed esperti, il riciclaggio di denaro sporco è sempre il risultato di tre fasi:
placement, cioè il collocamento del denaro nel sistema finanziario legale, per esempio attraverso l’apertura di conti bancari;
layering, che consiste nello “stratificare” i fondi compiendo una serie di transazioni e movimenti finanziari che rendono difficile scoprire l’origine del denaro. Uno dei sistemi più semplici è chiamato smurfing: in sintesi, la grossa cifra viene suddivisa in tranche più piccole, sotto le soglie per cui sono obbligatori certi controlli, e depositata in diversi conti correnti;
integration, cioè quando alla fine il denaro sporco e “ripulito” viene integrato in attività lecite: la ristorazione, l’immobiliare, il turismo o altri ambiti.
I meccanismi del riciclaggio sono molto complessi e richiedono la complicità di professionisti con competenze specifiche: avvocati (come il personaggio di Saul Goodman in Breaking Bad), commercialisti, impiegati e funzionari di banca, consulenti finanziari. In generale, colletti bianchi o “professionisti facilitatori”. Esperti di economia, di finanza, di legge, che sfruttano le proprie conoscenze per facilitare transazioni internazionali, aperture di società di comodo o trovare prestanome, ossia insospettabili cui intestare conti correnti, società o beni, o che possano operare come “money mule” (muli dei soldi) per trasportare o trasferire denaro.
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Nelle attività di riciclaggio sono molto utilizzate le attività commerciali come bar, ristoranti, sale scommesse e sale slot perché si utilizza molto il denaro contante, perché è più facile fare fatture false per camuffare la provenienza del denaro e perché spesso hanno un alto tasso di lavoro nero, che non lascia tracce e può essere effettuato direttamente con soldi illeciti.
Altre attività utili sono le lavanderie a gettoni da cui, secondo alcuni, trarrebbe origine il termine inglese utilizzato per indicare il riciclaggio, cioè money laundering, dove laundering indica il lavaggio dei vestiti, il bucato. L’origine sembra risalire ad Al Capone, o quanto meno alle attività della criminalità italo-americana negli anni Trenta, durante il proibizionismo: per evitare che le ricchezze acquisite dalle sue attività illecite (vendita illecita di alcol, prostituzione, racket…) fossero sequestrate, Al Capone avrebbe giustificato il possesso di contanti attraverso la gestione di lavanderie a gettoni e autolavaggi. Quella tecnica è molto utilizzata dalla criminalità negli Stati Uniti e non a caso nella serie tv Breaking Bad il protagonista, Walter White, acquista un autolavaggio per ripulire i suoi guadagni.
Da quei modelli, però, grazie alla complicità di professionisti ed esperti si può arrivare a riciclare denaro in maniera più complessa, con la creazione delle cosiddette “cartiere”, cioè società – intestate a “teste di legno” o prestanome e spesso senza dipendenti – la cui unica funzione è creare fatture e documenti utili a giustificare i movimenti di denaro, senza un reale scambio di merci o servizi; utilizzando società estere, magari dei trust (un fondo fiduciario per la gestione di patrimoni) la cui sede si trova in Stati poco collaborativi con le autorità e aprendo conti bancari nei paradisi fiscali, dove le tasse sono molto basse. Una nuova tecnologia può essere legata alle criptovalute.
Molte indagini giornalistiche hanno rivelato al mondo le attività di professionisti e banche nel facilitare il riciclaggio di denaro sporco ad altissimi livelli. Uno dei casi più noti è quello chiamato Panama papers, rivelato nel 2015 dall’International consortium of investigative journalists: 214 mila società e 14 mila persone, tra imprenditori, politici, vip e sportivi, avevano dirottato miliardi di dollari verso paradisi fiscali tramite lo studio Mossack Fonseca con base a Panama.
C'erano una volta i paradisi fiscali. E ci sono ancora
Il reato di riciclaggio è stato inserito nel codice penale nel 1978, stagione in cui la criminalità organizzata e quella politica vivevano soprattutto di rapine e sequestri di persona. Per contrastare il reimpiego delle ricchezze accumulate con questi reati è stato introdotto l’articolo 648 bis che punisce attualmente con una pena dai quattro ai dieci anni di reclusione (con una multa da 5mila a 25mila euro) “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità” frutto di un reato, oppure chi compie determinate operazioni “in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa”. Se a compiere questi comportamenti è uno di quei colletti bianchi citati sopra “nell’esercizio di un’attività professionale”, allora la pena viene aumentata, mentre viene diminuita se i beni “provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni”. Questo reato punisce quindi coloro che fanno da intermediari agendo per conto di chi ha accumulato quelle ricchezze illecite.
Al contrario, se a compiere le azioni per riciclare è la stessa persona che ha incassato molti soldi da attività illegali, allora si parla di autoriciclaggio. Mettiamo per esempio che un trafficante di droga decida di reinvestire i soldi guadagnati acquistando un ristorante, in questo caso il reato si configura come autoriciclaggio. A lungo e fino al 2014 questo comportamento non era proibito dalla legge e chi concorreva alle condotte illegali che generano i proventi da riciclare (reati presupposto), non veniva punito per riciclaggio. Questo ha creato un vuoto normativo e scarse condanne in materia di riciclaggio. Nel 2014 è stato inserito sotto l’articolo 648 ter del codice penale e punisce con la reclusione da due a otto anni (e una multa da 5mila a 25mila euro) “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.
Nel contrasto, è molto importante anche la prevenzione. Sul fronte nazionale e internazionale, si procede secondo il principio della “collaborazione attiva” tra intermediari finanziari, autorità di vigilanza e forze dell’ordine. Si tratta di una collaborazione fondata su monitoraggio e controllo della clientela, archiviazione delle informazioni e segnalazione di operazioni finanziarie sospette.
A fornire indicazioni sulle azioni da seguire intervengono molti organismi. A livello globale c’è il Gruppo d’azione finanziaria internazionale (Gafi o Financial action task force, Fatf), un organismo creato nell’ambito dell’Osce, che formula delle raccomandazioni a cui enti nazionali e internazionali devono allinearsi. L’Unione europea ha introdotto sei direttive, la prima risale al 2011, l’ultima pubblicata è di giugno 2021, con le norme minime vincolanti che ogni Stato membro deve adottare.
A livello nazionale opera l’Unità di informazione finanziaria (Uif), organo di intelligence finanziaria incaricato di ricevere e trasmettere alle autorità competenti le segnalazioni di operazioni sospette (Sos). I soggetti obbligati, notai, avvocati, commercialisti, bancari e altri intermediari finanziari, professionisti oppure operatori del settore, devono inviare queste segnalazioni quando sanno o sospettano che siano avvenute o in corso operazioni di riciclaggio di denaro o di finanziamento al terrorismo.
Quelle informazioni vengono poi analizzate dagli esperti dell’Uif e smistate alla Guardia di finanza, alla Direzione investigativa antimafia (Dia) e alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) quando emergono contatti con la criminalità organizzata o il terrorismo a livello nazionale. Le Sos posso anche essere inviate alle autorità antiriclaggio di altri Stati quando emerge un loro possibile interesse.
Dentro l'antiriciclaggio. Intervista a Claudio Clemente, (ex) direttore dell'Uif
Per la segnalazione di operazioni sospette è fondamentale l’elemento “rischio”. I soggetti obbligati devono fare quella che si chiama “adeguata verifica” delle persone (fisiche o giuridiche) per monitorare in modo costante le attività del cliente attribuendo ai clienti un profilo personale di rischio. Questo dovrebbe permettere di conoscere l’identità di chi immette capitale nei sistemi finanziari e riconoscere comportamenti “anomali” per far scattare eventuali campanelli d’allarme.
A far scattare misure rafforzate di adeguata verifica ed eventuali Sos sono diversi fattori di rischio o red alert. Un primo esempio è rappresentato dall’essere una “persone politicamente esposta” (in inglese Politically exposed person, o Pep). Si tratta di persone con incarichi istituzionali e politici che possono (potenzialmente) abusare dei propri ruoli per arricchirsi illegalmente. Il presupposto è che per queste persone ci sia un rischio concreto di coinvolgimento in reati quali corruzione, concussione e peculato, i cui proventi illeciti poi devono essere riciclati.
Secondo uno studio effettuato dai ricercatori del Fatf su alcuni casi passati, “i funzionari pubblici utilizzavano metodi di riciclaggio di denaro molto simili a quelli del crimine organizzato”. La rete di contatti ed il potere di cui dispongono ha permesso loro di non essere sottoposti alle verifiche, perché potevano controllare sia gli istituti finanziari, sia le autorità di vigilanza.
Altri esempi di anomalia sono i rapporti commerciali e i trasferimenti di denaro con paesi ad alto rischio riciclaggio – gli Stati che scelgono di tenere larghe le maglie dei controlli antiririclaggio e anti finanziamento al terrorismo – come Iran, Myanmar, Nord Corea, Nigeria, Siria, etc. Sono quei paesi “compiacenti” che non si pongono troppi problemi sul quantitativo di contante, l’importante è immetterlo nel sistema finanziario nazionale. Anche avere la sede principale della propria attività o essere residenti in uno di questi paesi può far scattare la verifica rafforzata.
Un altro indicatore di rischio è rappresentato dal fatto di essere sottoposto a sanzione o embargo (come molti oligarchi russi vicini a Vladimir Putin) oppure dal coinvolgimento di una persona in procedimenti penali per riciclaggio o per reati quali l’evasione fiscale, la corruzione, reati tributari e fiscali. Questi reati-presupposto, in particolare l’evasione fiscale, hanno un ruolo chiave nel riciclaggio: la mole di denaro contante che deve essere smaltita deriva principalmente dall’evasione fiscale o l’evasione fiscale può essere usata come tecnica di riciclaggio. Ormai da tempo chi deve riciclare il denaro, in particolare le mafie, sa che i giri di fatturazioni false permettono di riciclare i proventi illeciti. La fattura diventa pura liquidità inventata dal nulla. È di quest’anno il caso di Marco Molluso, nipote del boss Giosafatto (condannato nel processo Infinito), che ha messo in piedi un giro di fatture false per 1,5 milioni di euro, reinvestiti in parte nei campi di padel di Milano.
Un ultimo esempio di anomalia è rappresentato dal tipo di attività commerciale del cliente: casinò, money transfer, negozi di antiquariato, bar, ristoranti ed attività nel mondo dell’immobiliare con strutture societarie spesso opache – trust, fiduciarie, fondazioni – nelle quali è difficile identificare il reale proprietario, magari con utilizzo di prestanomi e frequente rilascio di deleghe.
Soldi sporchi nei ristoranti della Germania meridionale
Il problema è che in generale alcuni professionisti sono poco o affatto inclini a compiere le adeguate verifiche e le segnalazioni per operazioni sospette. Anzi, a volte sono proprio i soggetti obbligati a mettere in moto il processo di riciclaggio: i funzionari di banca possono aiutare a trasferire il denaro da un conto a un altro, avvocati e commercialisti possono mettere a disposizione le proprie conoscenze per emettere false fatture, creare società cartiere, evadere Iva. È qui che si crea quell’area grigia nella quale i professionisti si mettono a disposizione del business criminale per inondare le economie di mezzo mondo dei soldi riciclati.
I soldi del riciclaggio contribuiscono a tutti gli effetti alla creazione di denaro dei singoli paesi, motivo per cui l’economia sommersa è entrata a far parte del conteggio del Prodotto interno lordo. L’Istat ha osservato che le attività illegali nel 2020 ammontavano a poco più 17 miliardi, ovvero il 10,5 per cento del Pil italiano, mentre United nations office on drugs and crime (Unodc) aveva ipotizzato che l’ammontare di denaro riciclato ogni anno fosse tra 800 e i duemila miliardi di dollari, pari al il 2 per cento e 5 per cento del Pil mondiale.
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