Claudio Clemente
Claudio Clemente

Dentro l'antiriciclaggio. Intervista a Claudio Clemente, direttore dell'Uif

Dal 2013 Claudio Clemente guida l'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia. Attraverso l'analisi delle segnalazioni di operazioni sospette (Sos), l'organismo contrasta il riciclaggio delle ricchezze frutto di attività illecite

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

Aggiornato il giorno 5 agosto 2023

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"Molti dei reati finanziari delle cronache dei giornali passano da noi, che lo scrivano o no. Noi preferiamo non lo dicano". Dal 2013 Claudio Clemente guida l’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia che contrasta il riciclaggiodelle ricchezze frutto di attività illecite. Il suo e quello dei suoi 150 colleghi è un lavoro in cui la riservatezza è fondamentale, per tutelare chi indica movimenti di denaro che potrebbero nascondere dei reati attraverso le cosiddette segnalazioni di operazioni sospette (Sos).

Che cosa sono le sos? Il direttore dell'Uif fa un esempio: "Se un’anziana con la pensione sociale va in banca per versare 100mila euro in contanti, l’operazione è evidentemente anomala e va segnalata come sospetta, ma lo è anche l’operazione che non rientra, per dimensioni e caratteristiche tecniche, tra quelle abituali di un’impresa. Toccherà poi agli approfondimenti finanziari della Uif e a quelli investigativi della Guardia di finanza e della Direzione investigativa antimafia (Dia) confermare o meno la fondatezza del sospetto", spiega Clemente. Dalle Sos analizzate con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa), sono nate 23 indagini sugli affari illeciti delle mafie legate al Covid.

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Oltre 110mila le segnalazioni di operazioni sospette nel 2020.
A fine ottobre quelle legate all'emergenza Covid erano 1.700

Direttore, nel 2020 sono aumentate le Sos. Quante di queste erano legate all’emergenza Covid?

Quest’anno abbiamo superato le 110mila Sos, in crescita rispetto al 2019. A fine ottobre quelle legate all’emergenza Covid erano circa 1.700. Di queste, una parte significativa risale alla prima fase della pandemia ed è legata a sospetti di truffe e illeciti nella fornitura di strumenti e dispositivi sanitari. Nella fase successiva emergono sospetti di infiltrazioni della criminalità nelle imprese e di utilizzo illecito di fondi pubblici destinati al sostegno economico.

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Chi fa le segnalazioni di operazione sospette?

Con la prima normativa antiriciclaggio del 1991 gli obblighi di segnalazione gravavano soltanto su banche e amministrazioni pubbliche. Man mano sono stati aggiunti professionisti, società di revisione, di recupero crediti o di trasporti valori, poi ancora i casinò e le società di gioco online, ma anche gallerie d’arte, case d’asta, gli operatori di cambio valuta virtuale e infine i gestori di portafogli digitali. Più il riciclaggio si ingegna, più il sistema antiriciclaggio estende la regolamentazione a nuovi settori e coinvolge nuovi attori.

Dalle vostre statistiche si nota che le amministrazioni pubbliche denunciano pochissimo. Cosa potrebbero fare?

Gli uffici della pubblica amministrazione oggi coinvolti nel sistema antiriciclaggio sono quelli in contatto con l’attività economica. Un Comune attraverso la conoscenza del territorio e delle attività può, ad esempio, intercettare gli interessi della criminalità organizzata nelle imprese locali, oppure fenomeni di evasione fiscale e finanche di finanziamento del terrorismo. Oggi una particolare attenzione va posta al trasferimento delle licenze commerciali. Il ruolo delle strutture pubbliche offre opportunità di collaborazione anche nel settore dell’erogazione di aiuti, negli appalti delle forniture sanitarie e, in futuro, degli investimenti necessari al rilancio.

Come operate con le segnalazioni di operazioni sospette ricevute da voi?

Le segnalazioni vengono esaminate dai nostri analisti che ne definiscono il grado di rischio e cercano eventuali riscontri ai sospetti. In seguito vengono trasmesse alla Guardia di finanza e alla Dia. In media, negli ultimi cinque anni il 54 per cento delle Sos è stata ritenuta rilevante per le attività della Guardia di finanza. È una percentuale elevata tenuto anche conto del volume delle segnalazioni. Dopo alcune recenti modifiche normative, incrociamo i nominativi presenti nelle segnalazioni con gli archivi della Dnaa. È uno scambio sempre più importante perché consente a noi di qualificare in maniera più corretta le caratteristiche soggettive delle segnalazioni e nel contempo fornisce alla Dnaa notizia dell’esistenza di flussi di risorse riguardanti la criminalità organizzata o il terrorismo.

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Dal vostro osservatorio privilegiato cosa potete dire sulle mafie?

La criminalità organizzata ha bisogno di riciclare ingenti risorse illecite ponendo in essere un’operatività vastissima, sia per quantità sia per tipologia. Nessun ambito economico o geografico può considerarsi esente. Imprese meno attente, oppure disponibili o indotte da difficoltà finanziarie, territori caratterizzati da più favorevoli condizioni economiche e da tessuti produttivi più articolati, oltre a offrire opportunità di investimento, consentono di nascondere con più facilità capitali da riciclare. Gli Stati meno attenti alla prevenzione e al contrasto degli illeciti finanziari attraggono gli investimenti di fonte illecita; ma tutti, imprese, territori, nazioni finiscono con l’importare oltre ai capitali anche i sistemi criminali che li hanno generati.

Si è scoperto che le mafie hanno investito in strumenti finanziari complessi basati sui crediti deteriorati (i non performing loans).

Usano sempre più tecniche e strumenti finanziari evoluti anche per schermare le origini illecite delle risorse

Le mafie non rinunciano ai contanti per la facilità di utilizzo e la non tracciabilità, ma utilizzano sempre di più tecniche e strumenti finanziari evoluti avvalendosi anche delle opportunità, offerte da società finanziarie e fondi di investimento, di schermare le origini illecite delle risorse. Noi però diamo ancora molta attenzione alle infiltrazioni nelle imprese perché trasformano il denaro sporco in flussi costanti di capitali leciti e danneggiano i concorrenti.

In che modo scoprite le truffe legate alle forniture per affrontare il Covid-19?

Nell’emergenza sono state scoperte società, del tutto estranee al settore sanitario, che si sono improvvisate intermediarie per fornire mascherine o altro materiale a strutture pubbliche o ad aziende private. Sostenevano di utilizzare contatti coi loro fornitori stranieri per ottenere tali prodotti. Inoltre, guardando ai soggetti, alcuni collegamenti facevano ipotizzare truffe o episodi corruttivi. Chi è che sta facendo l’operazione? Con chi è in contatto? Come vengono ripartiti i vantaggi economici? Tutte queste informazioni passano attraverso operatori tenuti alla collaborazione con la Uif.

La pandemia ha evidenziato la scarsità di risorse per la sanità, rese ancora più esigue dall’evasione fiscale.

Per questo abbiamo chiesto agli operatori di dare una particolare attenzione ad alcune attività che chi evade compie. Uno dei sistemi a cui si fa più ricorso per eludere il fisco è l’emissione di fatture false con il coinvolgimento anche di società estere: l’impresa italiana riduce in tal modo i propri utili e quindi le relative imposte, trasferendo allo stesso tempo all’esterno somme consistenti relative al pagamento delle fatture.

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Le criptovalute rappresentano un rischio reale?

L’attenzione sull’utilizzo delle valute virtuali a fini di riciclaggio è elevata in tutto il mondo. In Italia gli operatori nazionali del comparto sono sottoposti agli obblighi antiriciclaggio. Con le piattaforme estere non assoggettate alla normativa nazionale ci sono invece delle difficoltà. L’Uif ha proposto in diverse occasioni specifici interventi normativi. I rischi del comparto delle valute virtuali e le loro oscillazioni di valore costituiscono un elemento di preoccupazione: nel corso del 2019 sono pervenute oltre 700 Sos relative a virtual asset con un incremento di circa il 47 per cento rispetto all’anno precedente.

Siete pronti alle verifiche sui fondi del Recovery plan?

Già ad aprile avevamo richiesto una particolare attenzione al sistema bancario. Abbiamo fornito il nostro contributo anche sul piano normativo proponendo, ad esempio, l’utilizzo di conti dedicati su cui far confluire i fondi garantiti dallo Stato, così che i flussi potessero essere meglio tracciati. Siamo pertanto pronti a offrire, come sempre, la nostra collaborazione.

Da lavialibera n° 6 novembre-dicembre 2020

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