Un pascolo ad Anversa degli Abruzzi. Foto di M. Panzarella
Un pascolo ad Anversa degli Abruzzi. Foto di M. Panzarella

Verso la nuova Pac, tra vecchie polemiche e l'ombra delle truffe

L'Europa sta definendo la Politica agricola comune che entrerà in vigore nel 2028, ma dalle prime discussioni emergono fragilità del vecchio modello che non sembrano essere state risolte

Marta Abbà

Marta AbbàGiornalista e fisica dell'ambiente

30 settembre 2025

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Nel 2028 entrerà in vigore la nuova Politica agricola comune (Pac)  2028-2034, il sistema di finanziamento promosso dall’Unione europea per sostenere l’agricoltura, ma le discussioni che porteranno alla definizione del nuovo modello sono già in corso. Da quanto emerge, l’agricoltura europea dovrà ripartire i fondi con le politiche di coesione, sociali e migratorie, ma non solo.

Tira e molla sulla Pac

Cambieranno i criteri di distribuzione dei fondi, che saranno erogati in base alle superfici e non più ai titoli, con maggiore autonomia decisionale per i singoli Stati membri. Il processo in corso è delicato, perché anche l’aggiunta di una sola parola all’interno del testo finale può avere pesanti conseguenze su intere sottocategorie che operano in particolari attività o aree. Si pensi, ad esempio, alla definizione di “agricoltore virtuoso” o “bisognoso” che, se troppo ampie, potrebbero togliere risorse fondamentali a chi davvero necessita di sostegno.

Come potrebbe cambiare la Pac 

Quella in discussione è la proposta presentata dalla Commissione europea, che andrà votata da tutti i governi europei e dal Parlamento Ue, fermo restando la possibilità di successiva modifica, anche radicale, del documento. Ciò che salta agli occhi sono i contributi destinati al settore agricolo, che passano dai 386 miliardi di euro dell'attuale programmazione ai 295 della prossima.

Nel rapporto Ecomafia, anche la nostra l'indagine sulla mafia nei pascoli

Ogni Stato avrà, inoltre, un margine di flessibilità e potrà decidere di allocare più risorse a una politica piuttosto che a un'altra, all’interno di un “Piano di partenariato nazionale e regionale”. In questo fondo unico nel quale convergono anche altre priorità europee, come la coesione e la gestione delle frontiere, la cifra per l’agricoltura indicata da Bruxelles va intesa come contributo minimo. Di conseguenza, ogni governo nazionale può evitare il taglio dei fondi tanto temuto dalle lobby.

Un altro passaggio importante riguarda la distribuzione dei contributi, non più basata sui titoli ma sulle superfici, nel tentativo di eliminare disuguaglianze ingiustificate tra gli agricoltori e assegnare più equamente le risorse. Nella stessa direzione va anche la spinta a minimizzare le differenze tra importi minimi e massimi erogati e a uniformare i pagamenti sulla base delle superfici tra gli Stati membri. Una mossa, quest’ultima, particolarmente controversa se rapportata alla generale tendenza alla ri-nazionalizzazione che la futura Pac sembra voler percorrere.

Un passaggio importante è la distribuzione dei contributi, non più basata sui titoli ma sulle superfici, nel tentativo di eliminare disuguaglianze tra gli agricoltori e assegnare più equamente le risorse

Eliminando, infatti, la struttura biforcata della distribuzione di fondi tra diretti e indiretti, la Commissione europea responsabilizza ogni paese membro nel definire le proprie misure per raggiungere i target stabiliti a livello comunitario. Da Bruxelles le parole d’ordine sono semplificazione ed efficienza, ma ogni paese poi le tradurrà come meglio crede. Qualche obbligo comune permane, ad esempio quello di avere una strategia per il ricambio generazionale e una per l’ambiente. La prima si basa su quote fisse dedicate e su regimi facilitanti, la seconda su regole anche in questo caso stabilite da ciascun paese, senza alcun ecoschema di riferimento.

Luci e ombre viste dagli esperti

Scorrendo da cima a fondo la proposta in valutazione, il docente di economia e politica agroalimentare all’Università di Perugia Angelo Frascarelli non vede alcun segno di arretramento da parte dell’Europa. “È ancora troppo presto per fare i conti, ma si tratta solo di un adeguamento alle nuove priorità” spiega. Frascarelli apprezza il tentativo di minimizzare le disuguaglianze tra grandi e piccoli, ma allo stesso tempo si interroga sugli effetti della ri-nazionalizzazione di molti aspetti cruciali nelle politiche agricole comunitarie.

Mafia dei pascoli, ingiustizia ad alta quota

Il vicepresidente del Consiglio europeo dei giovani agricoltori Matteo Pagliarani si sofferma, invece, sulla mancanza di chiarezza attorno alla definizione di agricoltori bisognosi, “un aspetto da non trascurare, che può avere conseguenze impattanti”. Un concetto che Pagliarani ha messo anche nero su bianco su un position paper appena pubblicato, in cui denuncia come “la definizione di agricoltore attivo sia applicata in modo non uniforme, permettendo a beneficiari non legittimi (ad esempio. supermercati, fondi di investimento, pensionati) di ricevere sussidi, a scapito degli agricoltori veri”. 

Chi continua a pensare che la Pac sia profondamente iniqua è Greenpeace. Marco Contiero, che per la ong ricopre il ruolo di direttore delle politiche agricole Ue, spiega: “Consentendo a ogni Stato membro di decidere come, a chi e quanto denaro elargire all’interno di un’ampia forchetta tra 130 e 240 euro all’ettaro – spiega – si rischia si creino gravi differenze tra est e ovest Europa. Ci saranno agricoltori di un certo paese che verranno pagati un terzo o ancora meno rispetto ad agricoltori di un altro paese, pur essendo uguali identici e facendo lo stesso lavoro”.

"Ci saranno agricoltori di un certo paese che verranno pagati un terzo o ancora meno rispetto ad agricoltori di un altro paese, pur essendo uguali identici e facendo lo stesso lavoro”, spiegano da Greenpeace

Secondo Contiero “specialmente in questo momento storico, mi sembra una tendenza assolutamente deleteria”. In effetti, oltre alla libertà di decidere chi sono i “bisognosi” da aiutare, ogni Stato avrebbe la possibilità di definire quali tra le tante, discusse pratiche a protezione del suolo e dell'acqua siano da premiare come virtuose.

Mafie dei pascoli, minaccia reale

In assenza di ecoschemi ci sarà forse maggiore spazio per l’innovazione, ma probabilmente anche per le attività criminali, sempre pronte ad appropriarsi del denaro stanziato dall’Europa. Giannandrea Mencini, giornalista e autore del libro Pascoli di carta, intravede alcune ambiguità della nuova Pac, a cominciare dai finanziamenti destinati a chi porta al pascolo i maiali in montagna. “Alcuni allevatori mi hanno confermato che un tempo era una pratica diffusa – racconta – ma non vorrei che dietro a questo recupero delle tradizioni si nascondesse una nuova speculazione”.

Come pecore in mezzo ai lupi

Un campanello d’allarme giustificato, vista l’esperienza con la mafia dei pascoli – un sistema di truffe organizzate per ottenere illegalmente i fondi Pac, fingendo attività di allevamento su pascoli inesistenti o non utilizzati – e, più in generale, con l’appetito che la criminalità organizzata nutre verso i fondi comunitari.

Una scelta controversa è non fare alcuna differenza tra gli allevamenti di bovini intensivi e quelli che selezionano con fatica razze pregiate e locali, a volte anche rare, garantendone la sopravvivenza

“Sono rimasto fortemente basito dall’esclusione dagli ecoschemi degli allevatori di ovini e caprini – aggiunge Mencini –. È assurdo che questi pagamenti aggiuntivi della Pac destinati a coloro che adottano volontariamente pratiche agricole sostenibili per clima, non possano andare agli allevatori, i più danneggiati dalla mafia dei pascoli”.

Altra scelta controversa è quella di non fare alcuna differenza tra gli allevamenti di bovini intensivi e quelli che selezionano con fatica razze pregiate e locali, a volte anche rare, garantendone la sopravvivenza. "Sembra che prendano gli stessi fondi, nonostante la forte differenza di costi e valori ecosistemici – commenta Mencini –, speriamo solo non si arrivi a una nuova speculazione, con l'aggravante del rischio di perdere varietà di vacche autoctone preziose”. 

Nei pascoli abbandonati i deserti d'Europa

Conclude Mencini: “La nuova proposta affronta diversi aspetti che riguardano la mafia dei pascoli, ad esempio vincolando l’ottenimento di fondi europei al possesso di capi di bestiame produttivi e non più anche ad asini e cavalli. Costando di meno, erano gli animali più comodi per ricevere fondi Pac illecitamente, fingendo di avere terreni per il pascolo. L’Abruzzo si era improvvisamente riempito di questi animali, non succederà nuovamente ma potrebbero emergere altre distorsioni”.

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