1 maggio 2024
Negli ultimi decenni, malgrado l’impegno di natura politico-finanziaria della Comunità europea attraverso la Politica agricola comune (Pac, leggi di più qui), il numero degli allevamenti estensivi in Europa è drasticamente diminuito. In poche parole, è sempre più difficile portare al pascolo i propri animali e praticare l’antica attività della transumanza, malgrado dal 2019 risulti inserita nella lista dei Patrimoni culturali immateriali dell’Unesco per Italia, Grecia e Austria e, dal 2023, per altri sette Paesi europei. Inoltre, il ricambio generazionale tra i pastori è scarso e i territori montuosi, insulari e interni di tutta Europa stanno subendo processi di desertificazione socioeconomica e agroecologica.
Secondo Michele Nori, attento studioso di questi temi e autore di un interessante paper pubblicato nel 2022, fra tutti i temi relativi alla pastorizia, le continue riforme della Pac non hanno affrontato le incoerenze di natura tecnica e amministrativa. Il risultato è che in una politica influenzata sempre di più da accordi commerciali e politici, le misure sostengono maggiormente "l’intensificazione della produzione zootecnica, piuttosto che favorire sistemi pastorali estensivi". In questi ultimi anni, i premi della Pac distribuiti nei Paesi europei hanno creato e continuano a creare situazioni assai complesse per il mondo della pastorizia, spesso al limite della legalità.
Ogni anno Bruxelles spenda quasi 60 miliardi di euro in sussidi all’agricoltura. Soldi che in alcuni casi finiscono nell’Europa dell’Est, nelle mani di poche persone legate al potere
Cinque anni fa il New York Times ha pubblicato un’inchiesta che ha evidenziato come ogni anno Bruxelles spenda quasi 60 miliardi di euro in sussidi all’agricoltura. Soldi che in alcuni casi finiscono nell’Europa dell’Est, nelle mani di poche persone legate al potere. "Un sistema di corruzione di cui approfittavano – riportava il quotidiano americano – proprio i governi più ostili all’Unione europea". In Ungheria, ad esempio, il governo di Viktor Orban ha venduto all’asta migliaia di ettari di terreni statali a esponenti della famiglia e dell’entourage dello stesso primo ministro, tra cui un amico d’infanzia, diventato uno degli uomini più ricchi del Paese. E questi, in quanto proprietari terrieri, hanno incominciato a incassare milioni di euro in sussidi agricoli.
In Bulgaria i premi agricoli hanno arricchito l’élite agraria e un’indagine dell’autorità bulgara ha rilevato legami di corruzione tra funzionari pubblici e imprenditori agricoli. In Slovacchia si è parlato apertamente dell’esistenza di una mafia agricola, elencando casi di piccoli agricoltori che hanno perso sotto pressanti minacce terreni agricoli utili per incassare i sussidi.
Terre finte, allevamenti reali
Sicuramente la riforma della Pac dopo il 2000, con l’introduzione del premio disaccoppiato – meccanismo in base al quale l’aiuto non è legato al volume o al fattore di produzione (ettari di terreno coltivati e numero di capi allevati) ma a determinate condizioni e parametri – mentre in Italia ha portato alle speculazioni sugli alpeggi e alla cosiddetta "mafia dei pascoli", nel resto d’Europa occidentale ha comportato situazioni non prettamente illegali ma a favore dei grandi proprietari che utilizzano la chimica per le loro produzioni.
Come ha evidenziato ancora una volta Nori, "questo sistema alla fine ha fornito livelli estremamente elevati di sostegno ai grandi agricoltori europei che producono colture irrigue in modo intensivo", penalizzando gli allevatori estensivi, che tipicamente pascolano, gestiscono terreni pubblici e possiedono proprietà limitate, spesso in zone marginali e con un uso molto limitato delle risorse idriche, allo scopo di mantenere le falde acquifere che invece l’agricoltura industriale sta prosciugando. Inoltre, poiché il premio è stato disaccoppiato, molti allevatori hanno dovuto ridurre le dimensioni del gregge perché non riuscivano più a stare in equilibrio economicamente, dato che il numero dei capi non rappresentava più un fattore per ricevere sostegno finanziario.
Perlopiù, in alcuni Stati le leggi sull’igiene e la protezione della salute sono state molto più restrittive di quelle europee, per cui molti piccoli allevatori e produttori di formaggi di alto valore nutritivo e organolettico si sono trovati in grande difficoltà per non poter più continuare a produrre i loro prodotti con i metodi tradizionali, con utilizzo di grotte per la maturazione, tele di cotone, legno e latte non pastorizzato.
Si parla sempre di più di España vaciada, Spagna svuotata, per l’abbandono delle zone interne una volta abitate e produttive, con varietà di prodotti alimentari locali unici e di alta qualità, andati persi
In Spagna, in particolare, si vive una situazione difficile. Le norme di ammissibilità per i pascoli permanenti vietano il pascolamento sotto gli alberi da frutto (mandorli e ulivi) e in alcuni casi anche sulle stoppie di cereali mentre, al contrario, forniscono incentivi agli agricoltori che arano regolarmente i loro prati e rimuovono alberi e siepi per mettere tutto a “seminativo”, con conseguenze ambientali negative. Questo accade anche in zone tradizionalmente di pascolo come le dehesa, paesaggi agrosilvopastorali unici e ricchissimi di biodiversità.
Inoltre, visto che la Pac premia più i bovini che caprini e ovini, nel nord della Spagna, dove il clima è atlantico, gli allevatori, spesso di razze bovine locali in via di estinzione, riescono ad aumentare il numero dei capi e si muovono in transumanza occupando anche i terreni da secoli tradizionalmente affittati dai pastori che praticavano la transumanza di ovini. Questi, percependo meno premi per il loro bestiame, non possono più permettersi di affittare i pascoli, il cui prezzo è aumentato per via degli allevatori di bovini.
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Nel sud della Spagna, i terreni appartengono soprattutto ai grandi proprietari, i quali in considerazione del fatto che i pagamenti della Pac si fanno per ettari coltivati, più che per numero di animali, ricevono grandi aiuti dall’Europa coltivando in maniera intensiva, a discapito dei pastori transumanti che per secoli hanno approfittato di quei terreni, coltivati a cereali, ma pascolabili quando a riposo.
Ora con questo sistema della Pac che finanzia di più i terreni coltivati che quelli lasciati a pascolo, proibendo di lasciare i terreni a riposo, i pastori spagnoli si trovano paradossalmente senza terreni da pascolare. Così oggi molti mandriani abbandonano l’allevamento estensivo o, peggio, lo trasformano in intensivo con danni ambientali e sociali. Perciò si parla sempre di più di España vaciada, Spagna svuotata, per l’abbandono delle zone interne una volta abitate e produttive, con varietà di prodotti alimentari locali unici e di alta qualità, andati persi. Un tema complesso che sta mettendo in crisi la pastorizia spagnola, non per la presenza di situazioni illecite ma a causa di una politica agricola nazionale e comunitaria che ammette “legali” distorsioni.
Anche in Portogallo e in Francia la situazione è simile. Ci sono diversi agricoltori che hanno sia campi da coltivare che animali da allevare. Ma con i premi della Pac indirizzati prevalentemente all’agricoltura, sempre più agricoltori investono i premi nell’acquisto di terreni da mettere a coltivazione, mentre il bestiame finisce in stalla. Il risultato è che aumentano sempre di più gli allevamenti intensivi e diminuiscono quelli estensivi. Anche in Francia, per le stesse distorsioni delle politiche agrarie europee, i pastori hanno sempre più problemi nel trovare terreni da pascolare.
La Pac, malgrado i suoi limiti burocratici e amministrativi che spesso favoriscono azioni illecite anche o soprattutto per l’assenza di controlli sui fondi erogati, risulta comunque un aiuto fondamentale per i pastori. La politica europea dovrebbe agire in modo più lungimirante nei confronti delle comunità agropastorali, specialmente nelle zone fragili come quelle di montagna. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2026 "anno internazionale dei pascoli e dei pastori", per cui è auspicabile che l’Europa riconosca finalmente il grande ruolo che i pastori transumanti e gli allevatori estensivi hanno sempre avuto, soprattutto per affrontare le grandi sfide future di natura sociale, ambientale e climatica
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