20 settembre 2021
"Una vittoria per le donne italiane ed europee", così Pina Picierno, eurodeputata dei Socialisti e democratici ha commentato l'approvazione da parte del Parlamento Ue di una risoluzione che punta a includere la violenza di genere tra gli eurocrimini, come mafia e terrorismo. È un primo passo per far sì che i "reati generati dall'odio e l'incitamento all'odio, siano essi basati sulla razza, la religione, il genere e l'orientamento sessuale" vengano affrontati dall'Unione europea con una legislazione comune. Violenza di genere è considerata anche la negazione di un aborto sicuro e legale, ricordando che la Corte europea ha più volte ribadito come le leggi restrittive sull'aborto violino i diritti umani, e stabilendo che "l'autonomia delle donne e delle ragazze e la loro capacità di prendere decisioni libere e indipendenti riguardo al loro corpo e alla loro vita sono condizioni indispensabili per la loro indipendenza economica, per l'uguaglianza di genere e per l'eliminazione delle violenze di genere".
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Violenza di genere è considerata anche la negazione di un aborto sicuro e legale
L'iniziativa è stata della Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (Femm), con relatrici di Diana Riba (Verdi) e Pina Picierno (Socialisti e democratici). Il testo ha poi trovato il parere favorevole di 427 parlamentari dell'Unione. 119, invece, i contrari e 140 gli astenuti, tra cui gli esponenti di Fratelli d'Italia e Lega. Quest'ultima ha motivato l'astensione scrivendo in una nota che si tratta "dell’ennesimo tentativo” della maggioranza del Parlamento europeo “di usare un tema delicato e condivisibile per portare avanti la propria agenda politica di estrema sinistra, con proposte che ben poco hanno a che vedere con la violenza di genere, dall’educazione gender nelle scuole alla condanna dei movimenti pro-life e per la famiglia, scavalcando persino le competenze nazionali in materia".
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La risoluzione chiede di cambiare l'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, uno dei pochi che riguarda le competenze Ue nel diritto penale: l'articolo ammette che Parlamento e Consiglio possano stabilire delle "norme minime" per definire reati e sanzioni in certe "sfere di criminalità". Prerequisiti necessari sono la particolare gravità, la dimensione transnazionale, o la "necessità di combatterli su basi comuni". Caratteristiche che la violenza di genere soddisferebbe in quanto impedisce il raggiungimento di un'autentica parità di trattamento, un diritto fondamentale sancito dai trattati e dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Al momento, eurocrimini sono: terrorismo, tratta degli esseri umani, sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata. L'inserimento della violenza di genere nella lista permetterebbe di avere una definizione penale unica e vincolante in tutta l'Ue, e sanzioni minime sul tema. Ora la palla passa alla Commissione che dovrebbe formulare una proposta di modifica del Trattato da far approvare prima in Parlamento e poi in Consiglio. L'iniziativa trova d'accordo la Commissione, come dimostra il fatto che qualche giorno fa la presidente Ursula von der Lyen ha chiesto espressamente di far diventare la violenza di genere un eurocrimine.
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Ma in Consiglio potrebbe incontrare l'opposizione dei Paesi dell'Est, già divisi sulla Convenzione di Istanbul: trattato internazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne approvato il 7 aprile 2011 dal Consiglio d'Europa (organizzazione che promuove la democrazia e i diritti umani in Europa, ma che nulla c'entra con l'Unione europea). Il testo è stato ratificato da molti paesi Ue, tra cui dal 2013 c'è anche l'Italia, ma non dall'Unione nel suo complesso. Una delle ragioni è che sei stati membri non l'hanno reso giuridicamente vincolante. Da mesi la Convenzione è finita al centro di molte discussioni in Europa, tanto che la rivista Politico l'ha definita un simbolo delle guerre culturali nel Vecchio continente. Ad attaccarla sono stati soprattutto governi semi-autoritari dell'Europa dell'Est e della Turchia, ma anche organizzazioni del conservatorismo cattolico, contro i diritti del mondo Lgbt+, antifemministe e antiabortiste, secondo cui il documento sarebbe in contrasto con un presunto "ordine naturale" garantito dai valori della famiglia tradizionale. Le stesse critiche, si teme, potrebbero essere sollevate alla proposta di modifica dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Perché l'articolo venga cambiato è necessario "completare il percorso e servirà un voto positivo e unanime del Consiglio dell’Ue, per avviare formalmente la procedura di modifica del trattato", precisa Picierno, che però è ottimista: "Oggi dal Parlamento europeo è arrivato un segnale forte che dimostra che sui diritti e le tutele per le donne non intendiamo arretrare di un millimetro", conclude.
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La risoluzione fa anche il punto sulla situazione in Europa, dove la violenza contro il genere femminile risulta essere una delle violazioni più diffuse dei diritti delle donne: una donna su tre, per un totale di 62 milioni di persone, ha subito violenza sessuale e/o fisica dall'età di 15 anni, e una su due (55 per cento) è stata vittima di molestie sessuali. Abusi che, si legge nella risoluzione, hanno costi importanti per le società europee, in termini sia di perdita di produzione economica che di erogazione di servizi, compresi i servizi sanitari, legali, sociali e specializzati. Una situazione peggiorata a causa della pandemia: nell'Unione, come nel mondo, si segnala un aumento delle violenze fisiche e psicologiche, mentre le vittime fanno più fatica a chiedere aiuto e ad accedere ai servizi di sostegno. Dall'inizio del 2021 al 12 settembre le donne uccise in Italia sono state 83, in più della metà dei casi l'assassino è il partner o un ex. Solo negli ultimi dieci giorni le vittime sono state sette.
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