10 dicembre 2021
Da gennaio 2020 è in corso al tribunale di Vicenza il processo per il più grave inquinamento da Pfas in Europa. Imputati 15 ex vertici della Mitemi, fabbrica di Trissino fallita nel 2018, accusata di avere inquinato con sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) l’acqua che scorre nelle abitazioni di almeno 350mila famiglie venete.
"Stiamo parlando della contaminazione della seconda falda idrica più grande d’Europa", ricorda Matteo Ceruti, avvocato che rappresenta le Mamme no Pfas, uno dei movimenti che per primi si è esposto sul caso. Con loro, sono in tutto 314 le parti civili riconosciute al processo, tra cui singoli cittadini, Regione, comuni, ministeri, ex lavoratori e grandi associazioni ambientaliste come Legambiente, Greenpeace, Wwf e delle onlus Isde-Medici per l’ambiente, Italia nostra, Acqua bene comune, Medicina democratica e Perla blu. Circa 150 i nomi dei testimoni chiamati al processo.
Il più grande inquinamento da Pfas d'Europa è in Veneto
La vicenda ha avuto inizio circa otto anni fa, quando uno studio del Cnr riscontra la presenza di Pfas nella parte veneta del fiume Po. Dati confermati nel 2016, laddove alcuni test sulla popolazione delle province di Vicenza, Verona e Padova mostrarono la presenza nel sangue di un’alta concentrazione di composti chimici. Non solo, perché altri dati hanno poi rivelato una massiccia presenza di Pfas anche nei prodotti alimentari locali.
Pfas in Veneto, "la sostanza è nel sangue. Abbiamo le prove". Si apre un fronte anche in Piemonte
Quando si disperdono nell’ambiente i Pfas tendono ad accumularsi negli organismi e possono causare gravi danni alla salute, come disturbi alla tiroide, ipertensione e problemi di fertilità. Il danno dell’inquinamento è stato quantificato dall’Ispra in 136 milioni di euro, cifra che i vertici di Mitsubishi, Icig e Miteni, nuovi e i vecchi proprietari della fabbrica, dovranno versare in caso di condanna e che serve a bonificare il territorio dai veleni.
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