Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (Governo.it / CC-BY-NC-SA 3.0 IT)
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (Governo.it / CC-BY-NC-SA 3.0 IT)

Il ministro Orlando: "Il futuro del lavoro passa dai diritti digitali"

Algoritmi che valutano le prestazioni, app che fanno incetta di dati: un modello che si sta espandendo anche in settori tradizionali dell'economia. Intervista al ministro del Lavoro Andrea Orlando

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

13 luglio 2022

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Algoritmi che valutano le prestazioni, app che fanno incetta di dati, aziende che negano le giuste tutele: modalità lavorative che sono state e sono sperimentate sui rider, ma non riguardano solo loro. "Stiamo vedendo come questo modello si sta espandendo in settori più tradizionali dell’economia", dice il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che crede nell’importanza di guardare al futuro del diritto del lavoro "in chiave più ampia" e di "parlare di diritti digitali dei lavoratori".

Vita da rider. Un estratto dal libro "(In)subordinati"

Quali sfide pongono queste modalità lavorative?

La principale è capire come i nuovi modelli di organizzazione dettati dalle piattaforme e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale alterino la dicotomia tra subordinazione e autonomia, i due modi in cui vengono qualificati i lavoratori nel nostro sistema giuridico: un cambiamento che crea distorsioni nei meccanismi di tutela. Un ruolo importante può essere giocato dalla contrattazione e dal sindacato, ma oggi i lavoratori delle piattaforme sono in gran parte considerati autonomi, condizione che limita l’opportunità di ingaggiare battaglie comuni.

La Commissione europea ha presentato una proposta per garantire un giusto inquadramento contrattuale dei lavoratori delle piattaforme. Come la giudica?

Un passo molto importante, anche perché dà centralità al tema dell’utilizzo di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale. Strumenti che svolgono un ruolo cruciale nel definire, valutare e monitorare l’esecuzione delle prestazioni. Dobbiamo essere pronti ad adeguare le norme nella stessa direzione. Ecco perché sto promuovendo un disegno di legge diretto a garantire trasparenza su dati e algoritmi. Vogliamo anche capire come da tutte le informazioni collezionate dalle aziende, oggi nelle loro esclusive mani, si possa creare valore per la società.

Tornando ai rider, c’è una quota a cui la subordinazione non va bene. Possibile adottare percorsi differenziati?

Non si può declinare la questione in termini di desiderio o maggior convenienza, per esempio sul piano fiscale. Un rapporto di lavoro va qualificato sulla base delle reali modalità di esecuzione. Inoltre, anche chi è davvero autonomo può trovarsi in condizione di debolezza contrattuale. Da qui la nostra proposta di estendere le tutele previste per i dipendenti a tutti i lavoratori delle piattaforme.

Tasto dolente è il contratto siglato tra il sindacato Ugl e AssoDelivery, l’associazione che riunisce molte aziende di consegne a domicilio, che qualifica i rider come autonomi: considerato illegittimo da più tribunali per la mancata rappresentatività sindacale di Ugl, è ancora applicato. Farete qualcosa?

È un episodio di contrattazione al ribasso. Stiamo studiando una nuova disposizione che richieda ai datori di applicare a tutti i loro lavoratori il contratto collettivo nazionale stipulato dalle organizzazioni più rappresentative.

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