8 luglio 2022
“L'amministrazione dello Stato non vuole il racconto della realtà di Riace...oggi la mission dello Stato, lo Stato è composto...come qua da voi. C'è l'opposizione”. Un’intercettazione quasi profetica quella ammessa agli atti del processo d’Appello che vede come principale imputato (insieme ad altre 17 persone) l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi.
"Riace ha realizzato una realtà ancora unica sul territorio nazionale, dovete difenderla" Salvatore Del Giglio - funzionario della prefettura
Le parole risalgono al 20 luglio 2017 e a detta degli avvocati di Lucano potrebbero "cambiare il corso del processo". A pronunciarle è l’ispettore della prefettura di Reggio Calabria Salvatore Del Giglio, autore di una delle relazioni poi diventate prova d'accusa contro Lucano.
Tutte le tappe del processo Lucano
“Vi dovete aspettare, perché non è improbabile, che un domani venga la Guardia di finanza”, si ascolta ancora nell’audio in cui il funzionario, parlando proprio con l'ex sindaco durante un’ispezione, si riferisce alle precarie sorti del “borgo dell’accoglienza”. A distanza di qualche mese Lucano è stato raggiunto dal primo avviso di garanzia e circa un anno dopo, all’alba del 2 ottobre 2018, le fiamme gialle hanno eseguito le misure cautelari disposte dal gip sulla base delle richieste della procura di Locri nell’operazione Xenia.
C'era una volta Riace. Quel che resta di un sogno
La decisione di riaprire l’istruttoria per accogliere in tutto cinque captazioni ambientali e la rispettiva trascrizione di circa 50 pagine è stata disposta dal collegio presieduto da Giancarlo Bianchi e, per i legali, potrebbe ora “riaprire il corso del processo”. Parole che accendono più di un entusiasmo, anche nello stesso Lucano, che ai giornalisti dice: “Non voglio puntare allo sconto della pena, voglio l’assoluzione”. Intanto, la prossima udienza è stata fissata al 26 ottobre.
Delle cinque intercettazioni acquisite, l’attenzione principale è su quella captata nella sede dell’associazione Città Futura che gestiva i progetti di accoglienza attivi al borgo. Durante la conversazione, Del Giglio parla anche in generale dei progetti di accoglienza: “La mia certezza è che l’organizzazione fa acqua da tutte le parti. Non ultimo il fatto che dopo lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati in seguito divenuto Siproimi, ndr) non c’è niente. E allora, questo mi fa dedurre che l’obiettivo integrazione è soltanto una parola buttata là”. Nello scambio di battute Lucano chiede perché debba “pagare Riace?”.
Del Giglio risponde: “Io ritengo... che comunque Riace, al di là delle disfunzioni eventuali o delle anomalie amministrative, quindi della burocrazia, abbia realizzato una realtà evidentemente ancora unica sul territorio nazionale, dovete difenderla. Con qualsiasi conseguenza. Che ve ne fotte sindaco!”. E poi aggiunge: “Il caso di Riace… in Italia in un certo senso è atipico perché non ha una duplicazione da nessuna altra parte…. Io che sono pessimista per natura, quando si parla di Italia, vi dico che io vi auguro di arrivare da qualche parte. E forse, se lo farete, vi sarà possibile perché avete accanto altre forme di autorità. Ma se fate conto sullo Stato italiano, sull’apparato statale, onestamente ho le mie riserve perché si continua a guardare questo problema come a un fastidioso inconveniente di passaggio. Intanto non è di passaggio (…)”.
A detta dei difensori dell’ex sindaco, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, entrambi presenti tra le panche di Piazza Castello per l’udienza dello scorso 6 luglio, l’intercettazione sarebbe stata “silenziata” e quindi mai entrata a far parte del voluminoso fascicolo processuale. Anche per questo, come già anticipato a margine della prima udienza dello scorso 25 maggio dall’avvocato Daqua, era doveroso chiederne l’acquisizione con il consenso dei sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari.
"E' stata silenziata un’intercettazione ambientale che, se fosse stata utilizzata, avrebbe provato l’insussistenza di metà processo. È una cosa di una gravità inaudita" Andrea Daqua - avvocato di Mimmo Lucano
A inizio giugno Daqua, intervenuto a Riace in occasione della visita di tre europarlamentari dei gruppi Verdi/Ale e Die Linke, aveva spiegato la richiesta sostenendo che "nel nostro ordinamento il pubblico ministero ha l’obbligo di raccogliere anche gli elementi che durante l’indagine emergono a sostegno della posizione degli indagati”. Cosa che non sarebbe avvenuta, a detta del legale, nell’inchiesta Xenia. “Anzi, è stata silenziata un’intercettazione ambientale che, se fosse stata utilizzata, il tribunale e la corte stessa avrebbero avuto la prova dell’insussistenza di metà processo. È una cosa di una gravità inaudita”.
Di fatto, le parole del funzionario della prefettura raccontano la politica dell'epoca. Ministro dell’Interno designato nell’esecutivo Gentiloni era Marco Minniti, che il 9 gennaio 2017 era volato a Tripoli per gettare le basi dell’intesa col governo di unità nazionale di Fayez.
Durante la conferenza stampa, l’allora capo del Viminale sosteneva che l’accordo avrebbe permesso a Italia e Libia di “combattere insieme gli scafisti” muovendosi in tre direzioni: “La stabilizzazione del paese, il contrasto al traffico di esseri umani e la cooperazione contro il terrorismo”. Un passaggio chiave che definiva l'approccio dell’esecutivo rispetto alle politiche migratorie e, di riflesso, dell’accoglienza.
Il commento di Anna Sergi: La condanna a Lucano e a Riace è una questione politica
Lucano non ha mai fatto mistero del suo pensiero sull’esecutivo dell’epoca: "I problemi per Riace e per l'Italia – aveva detto nel dicembre del 2018 –, per quello che riguarda il tema dell'accoglienza e dell'immigrazione, iniziano proprio con Minniti, con quel governo che sull'immigrazione costruisce il proprio consenso elettorale e apre la strada a questa società della barbarie". Aspetti che se riletti oggi, sulla base della nuova acquisizione avvenuta nel processo d’Appello, rievocano più di un dubbio sul carattere “politico” dell’inchiesta, negato in sede di requisitoria dal procuratore capo di Locri Luigi D’Alessio.
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