Katya, 19 anni, nel cimitero di Irpin/Marco di Marcantonio
Katya, 19 anni, nel cimitero di Irpin/Marco di Marcantonio

Ucraina: la guerra passa, l'orrore resta

Secondo i piani di Putin, Irpin doveva essere la prima tappa per la conquista di Kyiv. Quando la città è stata liberata, le autorità hanno trovato 269 cadaveri. Oggi la popolazione conta i danni, cerca di ricostruire e teme l'arrivo dell'inverno. Il reportage

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoGiornalista

25 novembre 2022

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IRPIN – L’Ucraina è una ferita aperta che chiede di essere guardata, fotografata, raccontata. È Katya, 19 anni, che posa fiera davanti all’obiettivo nel suo vestito nero del lutto. Katya che stringe tra le mani un piccolo mazzo di margherite bianche come se non ci fosse nulla di più importante al mondo. Irpin è una città a 25 chilometri da Kyiv, che prima della guerra contava oltre 60mila abitanti e adesso non ne raggiunge neanche la metà, molti tornati solo negli ultimi mesi. Uno dei suoi cimiteri è un rettangolo che si allunga con velocità da far spavento. Il vento alza la terra fresca accanto alle tombe scavate da poco: dieci, venti, trenta, tante, troppe. In sottofondo, il cigolio di una ruspa al lavoro. 

Katya è qui per lasciare le margherite sulle lapidi di due coetanee, due amiche: entrambe soldate, arruolate come volontarie all’inizio della guerra, entrambe morte al fronte. Non può dirne i nomi, le famiglie e forse anche le istituzioni non vogliono che l’informazione sia pubblica, ma può ricordarne la vita, tracciare quel futuro che avrebbero potuto avere e non hanno avuto. Se le vedeva già, Katya. Una le avrebbe arredato casa, con il suo gusto impeccabile: studiava da designer. L’altra avrebbe scalato il mondo dell’alta finanza, ne era certa. Questo prima del 24 febbraio 2022

Guerra in Ucraina, resistere all'invasione di Putin senza le armi

Prima la rimozione, poi il risveglio

Quella mattina Katya è stata svegliata alle cinque da un gran trambusto, i suoi genitori che correvano da una parte all’altra di casa, nervosi come non li aveva mai visti. In quel momento ha capito che la guerra era iniziata. Le avvisaglie non erano mancate: la concentrazione di truppe russe alle frontiere, la crisi orchestrata al confine tra Bielorussia e Polonia come diversivo, e poi quel saggio pubblicato dal capo del Cremlino Vladimir Putin a luglio 2021. Il documento che nega all’Ucraina di "avere una tradizione stabile come nazione a sé stante", anticipando già tutto. Eppure nessuno l’aveva creduto possibile fino in fondo. Non i genitori di Katya, non i loro amici, né la diplomazia europea che, a differenza di Stati Uniti, Inghilterra e Canada, si è rifiutata di abbandonare il Paese in anticipo ignorando i suggerimenti dei colleghi d’oltreoceano. Un’opera di rimozione collettiva, fino alle prime esplosioni, alle strade intasate, alla notizia che Katya ha ascoltato in un’auto in coda insieme a centinaia di altre auto in fuga: l’esercito russo aveva quasi raggiunto Irpin, diceva il bollettino radio. Era il 25 febbraio 2022. 

Katya è tornata nella sua casa da poco e basterebbero il suo volto lentigginoso, il suo orgoglio e le sue margherite per raccontare l’Ucraina di oggi. Invece no. A Irpin è una città intera che apre le proprie porte. E dall’altra parte c’è l’orrore

Vivere sotto occupazione russa

“In ogni città occupata, i russi istituiscono una camera delle torture dove stuprare, mutilare e uccidere i rapiti”Tetiana Pechonchyk - ong Zmina

Irpin è la città dei crimini di guerra, una delle tante. Per Putin doveva essere la prima tappa, dopo la vicina Bucha, verso Kyiv. Un piano fallito dopo circa un mese di occupazione e molti morti: sono 269 i cadaveri che la polizia locale ha detto di aver ispezionato dopo la riconquista del comune da parte delle forze ucraine, a fine marzo. Dalla capitale ci si arriva in 40 minuti di taxi, su una strada lunga e dritta. Diminuiscono i grattacieli, le luci colorate dei locali, le coppie a passeggio sottobraccio: la routine di una metropoli che tenta di continuare a vivere a dispetto di tutto. Aumentano le case basse con i vetri in frantumi, le trincee improvvisate ai bordi del marciapiede, gli ammassi di ferraglia accatastati alla rinfusa per ostacolare l’avanzata russa. Reperti di una guerriglia a cui l’autista sembra non fare caso, indicando con entusiasmo le insegne accese dei McDonald’s, da poco di nuovo aperti. Irpin inizia dove finisce il cemento e comincia la pineta. 

Guerra in Ucraina, la pace a tutti i costi

Oleksiy Okhnach, 69 anni, vive in una delle zone periferiche della città che sono finite in mano ai soldati di Putin ed è uno dei pochi a essere rimasto. Non sapeva dove altro andare e poi è un ex ufficiale di marina con una reputazione da mantenere. Un battaglione di Mosca ha messo base proprio al di là di un acquitrino di fronte casa sua. L’adesivo di un teschio appiccicato al palo della luce testimonia il passaggio. Oleksiy non ne conosce il significato, sa solo che i russi sono arrivati su dei carri armati tagliando per la foresta. Hanno abbattuto ogni albero che intralciava loro il passaggio, si sono fermati davanti alle sue finestre e hanno iniziato a sparare. Come prova, attraversa il giardino e mostra tutto ciò che è stato crivellato dai colpi: le porte, le finestre, le palizzate, i cancelli. Racconta della vita durante l’occupazione, di come lui e la moglie siano sopravvissuti senza luce, né acqua né gas. Degli stratagemmi usati per sgattaiolare dai vicini e recuperare qualche provvista, delle notti passate nascosti nello scantinato, dell’acqua piovana scaldata sul fuoco per sciacquarsi un po’ il viso al mattino. 

Di sostenitori di Putin non ne ha mai conosciuti, anzi: spiega che gran parte della nuove villette di Irpin è stata costruita da gente venuta via dalle due regioni separatiste nell’est del Paese, autoproclamate nel 2014 Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Luhansk. Gente in fuga da Putin da anni. Poi prende l’iPad e mostra un video che ha girato agli inizi di marzo, i giorni del grande esodo: si vede un’auto distrutta che ha sul parabrezza un foglio con scritto “bambini” e al fianco un uomo ridotto a una poltiglia di sangue. E questo è tutto quello che Oleksiy ha da dire sui russi. 

Crimini di guerra, un metodo

Fino a settembre, il procuratore generale dell’Ucraina ha identificato 35mila crimini di guerra ma ogni giorno vengono registrati centinaia di nuovi casi

Non c’è famiglia a Irpin che non abbia vittime da ricordare: vicini uccisi solo perché avevano messo un piede fuori dall’uscio, famiglie massacrate perché provavano ad andare lontano, donne violentate per il gusto di far male. Succede a Irpin, come in tutte le altre città che vengono conquistate da Mosca, assicurano Tetiana Pechonchyk e Roman Avramenko, ai vertici di due organizzazioni ucraine che stanno indagando sui crimini di guerra: Zmina e Truth Hounds. Non escludono che anche i soldati di Kyiv li commettano, episodi che andranno investigati quando e se sarà mai possibile per queste organizzazioni entrare nei territori occupati dalla Russia. La differenza è la scala. Fino a settembre, l’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha identificato circa 35mila casi, ma "ogni giorno ne vengono registrati centinaia di nuovi – spiega Tetiana –. Il deliberato attacco di infrastrutture civili e l’utilizzo di armi illegittime sono un metodo di guerra che l’esercito russo ha già rodato in Cecenia e in Georgia". Zmina, che si occupa solo di sparizioni forzate, ha lavorato su 328 rapimenti: 17 solo nella regione di Kyiv, che comprende anche Irpin. "In ogni paese conquistato, anche il più piccolo, viene creata una camera delle torture in cui le persone rapite sono torturate, mutilate o uccise". Le Nazioni Unite parlano di 6.306 civili morti nel Paese dall’inizio del conflitto al 17 ottobre 2022, precisando che si tratta di una stima al ribasso.

"Supportiamo russi e ucraini che si oppongono alla guerra"

Per Tetiana, Putin dovrebbe essere processato da un tribunale internazionale. Intanto che la Corte penale internazionale indaga e la comunità dibatte sull’istituzione di un organismo specifico, i singoli episodi con imputati noti sono perseguiti all’interno dell’Ucraina. Il primo processo si è svolto a Kyiv e ha portato alla condanna all’ergastolo di un sergente russo di 21 anni che ha ucciso un 62enne per strada. Il vero senso dell’attività di Tetiana e Roman però è un altro: documentare tutto, pubblicare ricerche, fornire materiale ai giornalisti perché – dice Tetiana – "il mondo deve sapere". 

Tanto da ricostruire, pochi soldi

Irpin è anche la città della ricostruzione, una delle tante dove l’inverno fa paura. Solo il ponte fatto saltare da Kyiv per fermare i russi e diventato famoso grazie allo scatto del fotografo italiano Emilio Morenatti, che ha documentato la disperazione dei profughi nei primi giorni di guerra, nascosti al di sotto della struttura distrutta in attesa del momento giusto per fuggire, rimarrà così per sempre. Un monumento alla memoria. Gli escavatori sono all’opera poco di fianco per costruirne un altro, dono della Turchia, che rimpiazzerà nelle funzioni il vecchio, destinato ad assolvere un altro compito, quello di testimone. Il problema è che per tutto il resto mancano i soldi. E sono soprattutto i cittadini a soffrirne. 

“Il 50% delle case della città è danneggiato. Abbiamo già speso 600mila euro, servirebbero tre miliardi ma non li abbiamo”Mykhailyna Skoryk-Shkarivska - consigliera comunale di Irpin

Mykhailyna Skoryk-Shkarivska, consigliera comunale di Irpin, calcola che il 50 per cento delle abitazioni della città è danneggiato e 40 edifici andrebbero demoliti e rifatti da capo. "La nostra amministrazione ha già speso circa 600mila euro in materiali per la ricostruzione, servirebbero 2-3 miliardi di dollari ma non li abbiamo". Una cifra che a livello nazionale, aggiornata al 6 settembre 2022, sale a 326 miliardi di dollari. È una goccia la solidarietà di tanti Stati e a volte anche di singole città europee: di Irpin, per esempio, se ne occuperà la tedesca Bonn, mentre Bergamo ha promesso fondi per Bucha. L’ambizione – spiega Mark Savchuk, a capo del comitato di sorveglianza dell’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina – è che un giorno la Russia risarcisca tutto. Nel frattempo, chi può provvede a spese proprie sperando nel rimborso promesso dal governo di Kyiv. 

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Ludmila e Nadia Khyzhniak sono due anziane sorelle che vivono nella stessa casa di campagna, a sud di Irpin. Una granata gli è entrata dalla finestra, è rimbalzata su due pareti e poi è esplosa. Hanno riportato i danni in un documento compilato con i funzionari locali e per qualche mese atteso i soldi con cui mettere a posto. Con l’arrivo del freddo, aspettare ancora è diventato impossibile e hanno fatto leva sui loro risparmi. Non tutti riescono e le abitazioni sono destinate a diventare sempre più invivibili a causa degli attacchi di Mosca alle infrastrutture energetiche, aumentati nelle ultime settimane. Il gigante dell’energia ucraino Dtek ha comunicato che dal 10 al 26 ottobre ha subito danni per 40 milioni di dollari. "Già ora, spesso non abbiamo l’elettricità per più di quattro ore al giorno, sarà un inverno duro per tutti",  dice Mykhailyna. 

Iryna Stupnytska è ferma sul ciglio della strada. Osserva la pineta di Irpin che in epoca sovietica è stata rifugio di scrittori e poeti, tra cui Boris Pasternak, e che i russi hanno riempito di mine: "Tra le cose che mi mancano di più ci sono le lunghe passeggiate autunnali nella foresta insieme al mio cane. Sminarla chiede tempo e non è una priorità" 

*Questo reportage è stato realizzato durante la carovana in Ucraina di Stop the war now, dal 26 ottobre al 3 novembre 2022, guidata da Un Ponte per e dal Movimento Nonviolento

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