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25 novembre 2022
IRPIN – L’Ucraina è una ferita aperta che chiede di essere guardata, fotografata, raccontata. È Katya, 19 anni, che posa fiera davanti all’obiettivo nel suo vestito nero del lutto. Katya che stringe tra le mani un piccolo mazzo di margherite bianche come se non ci fosse nulla di più importante al mondo. Irpin è una città a 25 chilometri da Kyiv, che prima della guerra contava oltre 60mila abitanti e adesso non ne raggiunge neanche la metà, molti tornati solo negli ultimi mesi. Uno dei suoi cimiteri è un rettangolo che si allunga con velocità da far spavento. Il vento alza la terra fresca accanto alle tombe scavate da poco: dieci, venti, trenta, tante, troppe. In sottofondo, il cigolio di una ruspa al lavoro.
Katya è qui per lasciare le margherite sulle lapidi di due coetanee, due amiche: entrambe soldate, arruolate come volontarie all’inizio della guerra, entrambe morte al fronte. Non può dirne i nomi, le famiglie e forse anche le istituzioni non vogliono che l’informazione sia pubblica, ma può ricordarne la vita, tracciare quel futuro che avrebbero potuto avere e non hanno avuto. Se le vedeva già, Katya. Una le avrebbe arredato casa, con il suo gusto impeccabile: studiava da designer. L’altra avrebbe scalato il mondo dell’alta finanza, ne era certa. Questo prima del 24 febbraio 2022.
Guerra in Ucraina, resistere all'invasione di Putin senza le armi
Quella mattina Katya è stata svegliata alle cinque da un gran trambusto, i suoi genitori che correvano da una parte all’altra di casa, nervosi come non li aveva mai visti. In quel momento ha capito che la guerra era iniziata. Le avvisaglie non erano mancate: la concentrazione di truppe russe alle frontiere, la crisi orchestrata al confine tra Bielorussia e Polonia come diversivo, e poi quel saggio pubblicato dal capo del Cremlino Vladimir Putin a luglio 2021. Il documento che nega all’Ucraina di "avere una tradizione stabile come nazione a sé stante", anticipando già tutto. Eppure nessuno l’aveva creduto possibile fino in fondo. Non i genitori di Katya, non i loro amici, né la diplomazia europea che, a differenza di Stati Uniti, Inghilterra e Canada, si è rifiutata di abbandonare il Paese in anticipo ignorando i suggerimenti dei colleghi d’oltreoceano. Un’opera di rimozione collettiva, fino alle prime esplosioni, alle strade intasate, alla notizia che Katya ha ascoltato in un’auto in coda insieme a centinaia di altre auto in fuga: l’esercito russo aveva quasi raggiunto Irpin, diceva il bollettino radio. Era il 25 febbraio 2022.
Katya è tornata nella sua casa da poco e basterebbero il suo volto lentigginoso, il suo orgoglio e le sue margherite per raccontare l’Ucraina di oggi. Invece no. A Irpin è una città intera che apre le proprie porte. E dall’altra parte c’è l’orrore.
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