26 aprile 2023
Il caso di Alfredo Cospito ha riaperto la discussione intorno al regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41-bis, secondo comma, dell’ordinamento penitenziario. Una misura introdotta in forma emergenziale nel periodo delle stragi di mafia del 1992 e, come spiegava Antigone in un dossier, divenuto nel tempo un punto fermo del trattamento penitenziario, al fine di prevenire le comunicazioni con l’esterno di coloro che ricoprono ruoli di primo piano all’interno di organizzazioni mafiose, terroristiche o eversive.
Il dibattito degli ultimi mesi, vista anche la preoccupazione sulle condizioni di salute di Cospito, si è presto fortemente polarizzato e non ha permesso di affrontare molti degli aspetti specifici che oggi caratterizzano questo regime speciale. Il 41-bis si è dimostrato utile nel contrasto alla criminalità organizzata e questo dovrebbe essere il suo utilizzo specifico, senza cadere nella possibilità che sia trasformato in uno strumento di afflizione.
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A fotografare la situazione è il garante nazionale per le persone private della libertà personale in un report (il secondo su questo tema) pubblicato a inizio aprile. Il presidente Mauro Palma e il collegio del garante, si sono soffermati innanzitutto sull’applicazione del regime e sul fatto che, una volta applicato, i rinnovi della misura diventano quasi automatici. Di conseguenza, la valutazione periodica che la legge prevede serve, in molti casi, solamente a confermare il 41-bis. Spesso – scrive il garante – si registra un rinnovo anche per decenni della misura, le cui motivazioni sono di frequente rintracciabili nel reato “iniziale” per cui la persona è stata condannata e la persistente esistenza sul territorio dell’organizzazione criminale all’interno del quale il reato è stato realizzato.
“Si registra un rinnovo anche per decenni della misura, le cui motivazioni sono spesso rintracciabili nel reato “iniziale” per cui la persona è stata condannata”, scrive il garante
Un fatto che oltre a non riconoscere i richiami della Corte costituzionale, metterebbe anche in dubbio l’efficacia del sistema preventivo qualora, dopo 20 anni di carcerazione in tale regime, il collegamento con il gruppo criminale sia ancora esistente. Viceversa, la misura può essere vista come una forma di afflizione per determinate categorie di condannati, che potrebbero scontare la pena nel regime dell’Alta sicurezza 1 che, a sua volta, garantisce esigenze di sicurezza che si richiedono.
Forma di afflizione ulteriore e non necessaria, che può essere rintracciata anche per quei detenuti – 28 scarcerati solo nel 2022 – che sono passati dal 41-bis, e quindi da una separazione totale con il mondo esterno, alla libertà di poter incontrare e parlare con chiunque liberamente. Una situazione ritenuta particolarmente critica e che – sottolinea il garante – non solo rischia di essere foriera di grosse problematiche dal punto di vista del reinserimento all’esterno dell’ex detenuto, ma mette in dubbio la ratio dell’applicazione della misura. Per questo il garante, nelle sue raccomandazioni, ha chiesto «che non si protragga il regime speciale previsto dall’articolo 41-bis fino al termine dell’esecuzione di una pena temporanea».
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Una raccomandazione che interessa molti dei detenuti attualmente reclusi al 41-bis. Infatti, su 740 persone sottoposte a questo regime – tra cui 12 donne – 250 scontano una condanna a pena temporanea. Individui che, proprio per il loro ritorno in libertà, avrebbero bisogno di attività e percorsi di reinserimento sociale, pur con tutte le attenzioni che il particolare regime richiede.
Al tema dell’esecuzione della pena si aggiunge poi quello del trattamento delle persone recluse in regime di 41-bis. Esistono, infatti, disposizioni che originano da circolari interne dall’amministrazione penitenziaria e non da norme o regolamenti che – sottolinea ancora il garante – risultano eccessivamente specifiche e inutilmente afflittive, senza avere nulla a che fare con l’interruzione dei legami con l’organizzazione criminale.
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La circolare attualmente in vigore prevede un diametro massimo di pentole e pentolini; della disponibilità oraria, con consegna al mattino e ritiro alla sera, di oggetti per l’igiene personale; del numero di matite o colori ad acquarello detenibili nella sala pittura che non possono essere più di 12; del numero di libri che ogni detenuto può avere, massimo quattro; il limite delle fotografie da tenere nella camera (di dimensioni non superiori a 20x30 cm e in numero non superiore a 30) e del conseguente divieto di affissione alle pareti e alle altre superfici di fogli e fotografie, salvo «una singola fotografia di un familiare».
Nelle visite ai 60 reparti 41-bis all’interno dei 12 istituti che li ospitano, il garante ha riscontrato condizioni materiali e scelte edilizie che per la loro configurazione possono comportare, secondo l’organismo indipendente di monitoraggio, una ricaduta sulle capacità psicofisiche delle persone ristrette, rischiando di assumere di fatto una connotazione di "pena corporale", non consentita dall’ordinamento italiano.
Le strutture dei reparti 41-bis possono avere una ricaduta sulle capacità psicofisiche delle persone ristrette, rischiando di assumere una connotazione di "pena corporale" non consentita dall’ordinamento italiano
Secondo il garante, «la miseria di molti cortili, la presenza ossessiva di grate e coperture degli stessi e le mancate soluzioni, anche di facile adozione, per dare maggiore aria naturale alle stanze riscontrate in taluni istituti, lasciano realmente perplessi e stridono con analoghe situazioni riscontrate in altri, pur sempre nelle sezioni a regime speciale».
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Per questo, nelle sue raccomandazioni il garante ha chiesto «che tutti gli ambienti siano scrupolosamente riconfigurati in modo tale da permettere un sufficiente passaggio di aria fresca e di luce naturale, a partire dalla rimozione delle schermature delle finestre, salvi i casi limitatissimi in cui siano indispensabili a impedire il contatto con altri detenuti o con personale esterno».
Per concludere, il report del garante nazionale delle persone private della libertà personale è uno strumento utile per potere conoscere a fondo il 41-bis e capire quali possono essere gli interventi necessari per far convivere lotta alla criminalità organizzata e rispetto dei diritti umani.
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