9 agosto 2023
Per comprendere cosa sta succedendo in Niger è utile partire dalla fine, o meglio da come sembra siano andate a finire le cose. La minaccia di un intervento militare dell’Ecowas – la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale – a seguito del golpe organizzato dalla Guardia presidenziale, non si è concretizzata e la credibilità di questa organizzazione regionale è crollata. Dal 26 luglio, il presidente nigerino Mohamed Bazoum è prigioniero della giunta militare che ha preso il potere.
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Un colpo di stato anomalo, che ha demolito l’unica democrazia di una regione particolarmente complessa. Bazoum aveva vinto le elezioni nel 2021 e, vista la sua affidabilità, è diventato il principale partner di tutti i paesi occidentali. L’ormai ex presidente era già scampato a un tentativo di golpe e, solo tre mesi fa, aveva lanciato un allarme sulle influenze russe in Niger, dove sono stati eseguiti una serie di arresti per evitare guai peggiori.
Dietro al colpo di stato messo in atto dalla Guardia presidenziale non c’è alcuna regia straniera. Tutto nasce dal tentativo di rimozione, da parte di Bazoum, del generale Abdourahmane Tchiani e per alcuni mancati pagamenti e benefit proprio ai “pretoriani” del presidente nigerino. Un semplice ammutinamento, che ha preso corpo ora dopo ora. Se in un primo momento le forze armate del Niger hanno minacciato la Guardia presidenziale di liberare Bazoum, è stato sufficiente un giorno perché il capo di stato maggiore schierasse l’esercito di Niamey dalla parte dei golpisti, con la motivazione di evitare un sanguinoso scontro tra militari.
Bazoum aveva vinto le elezioni nel 2021 e, vista la sua affidabilità, è diventato il principale partner di tutti i paesi occidentali
In realtà, dopo la presentazione alla televisione di stato della composizione della giunta, è apparso chiaro che tutte le branche delle Fan (Forze armate del Niger) avevano già scelto di appoggiare il colpo di stato. È nato così il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria, che ha scelto come capo proprio il generale Tchiani, ex comandante della Guardia presidenziale.
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Intanto, in piazza si è imposto il movimento M62 Moutountchi- Bourtchintarey, un ombrello che raccoglie sotto di sé realtà della società civile e alcuni sindacati. Questa organizzazione si batte da anni per cacciare i francesi e tutti gli stranieri dal Niger e lo fa con imponenti manifestazioni. Sceso in strada per appoggiare la nuova giunta militare, l’M62 ha scatenato i suoi fedelissimi contro l’ambasciata francese: i manifestanti hanno cercato di scavalcare la cancellata esterna, dando anche fuoco a un portone.
Il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria ha scelto come capo il generale Tchiani, ex comandante della Guardia presidenziale
L’intervento dei soldati francesi, presenti in Niger con 1500 uomini, ha messo in salvo la sede diplomatica di Parigi, ma dopo questo episodio il presidente transalpino Emmanuel Macron ha minacciato azioni immediate verso chi mette a repentaglio i residenti francesi e le loro proprietà. Per il Niger, stato chiave per il controllo delle vie carovaniere, è iniziato un periodo di isolamento internazionale: uno dopo l’altro, gli stati europei hanno abbandonato i progetti di assistenza e cooperazione con Niamey che, vista la sua estrema povertà, dipende per circa il 60 per cento dagli aiuti esteri.
Il capo del Wagner Group, Evgeny Prigozhin, si è congratulato con i golpisti per essersi liberati dal giogo imperialista e ha messo a disposizione un migliaio dei suoi miliziani. Anche Mali e Burkina Faso si sono schierati dalla parte della giunta militare nigerina, offrendo il proprio appoggio e aiuto. Nei giorni scorsi il generale Salifou Mody, numero due del nuovo regime nigerino, si è recato in visita ufficiale a Bamako, in Mali, per chiedere ai miliziani del Wagner Group di raggiungere il Niger. Una mossa strategica per rafforzare la propria posizione, soprattutto in vista di un possibile intervento militare contro la giunta.
Dopo l’attacco all’ambasciata francese, il presidente Macron ha minacciato azioni immediate verso chi mette a repentaglio i residenti connazionali e le loro proprietà
Sul fronte opposto, Bazoum è rimasto in contatto con il presidente francese e il segretario di stato americano Anthony Blinken, arrivando anche a pubblicare un articolo sul Washington Post, dal titolo eloquente “Il mio paese è sotto attacco e sono stato preso in ostaggio”, dove Bazoum spiega che “la situazione della sicurezza del Niger è significativamente migliore di quella dei nostri vicini Mali e Burkina Faso, i cui governi, entrambi insediati da acquisizioni militari, sostengono il colpo di stato illegale. Piuttosto che affrontare i problemi di sicurezza rafforzando le proprie capacità, impiegano mercenari russi criminali come il gruppo Wagner a scapito dei diritti e della dignità del loro popolo”.
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Attraverso l’articolo, il presidente ha chiesto agli Stati Uniti e alla comunità internazionale “di aiutarci a ripristinare il nostro ordine costituzionale. Lottare per i nostri valori condivisi, tra cui il pluralismo democratico e il rispetto dello stato di diritto, è l'unico modo per compiere progressi sostenibili contro la povertà e il terrorismo. Il popolo nigeriano non dimenticherà mai il vostro sostegno in questo momento cruciale della nostra storia”.
Il presidente del Niger è tuttora prigioniero con la famiglia in un luogo senza elettricità e completamente isolato dal mondo.
Il 30 luglio, l’Ecowas ha dato un ultimatum di sette giorni a Tchiani per liberare Bazoum e ripristinare le garanzie costituzionali, imponendo sanzioni economiche durissime per un’economia fragile come quella nigerina. All’alba di lunedì 7 agosto, il contingente africano guidato dalla Nigeria avrebbe dovuto invadere il territorio nigerino e conquistare la capitale Niamey. Tra i 15 stati aderenti all’Ecowas – quattro sospesi per colpi di stato militari in atto – soltanto Nigeria, Benin, Costa d’Avorio e Senegal hanno assicurato l’invio di truppe. Gli altri stati africani hanno problemi maggiori, tra tentati golpe quello avvenuto in Sierra Leone o economie in ginocchio come in Ghana. In realtà neppure i quattro stati aderenti hanno davvero creduto nel progetto, a parte la Nigeria fortemente spinta e influenzata da Francia e Stati Uniti. E così, alla scadenza dell’ultimatum, nessuno ha diramato un ordine di servizio e coordinamento fra le truppe. Come ha dichiarato un alto ufficiale beninese, ci vorrà molto tempo per riuscire a organizzarsi.
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Il mancato intervento militare ha rafforzato la giunta golpista di Niamey, destinata a finire inesorabilmente fra le braccia del Wagner Group. Una guerra in Africa occidentale sarebbe comunque deflagrante per i fragili equilibri regionali e causerebbe migliaia di vittime innocenti. La sensazione, però, è che a prescindere da ragioni più o meno economiche e di potere in sé, il paternalismo sfruttatore di francesi e occidentali non sia più sopportabile per le nuove generazioni.
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