"Figlia di migranti, nego me stessa per essere accolta"

Figlia di migranti, quando due anni fa ho iniziato a chiedermi chi fossi, il senso di smarrimento e dolore è stato forte. Appartengo a una generazione ponte caricata di responsabilità

Soukaina Bouallala

Soukaina Bouallala

12 settembre 2023

Venticinque anni appena compiuti, origini marocchine, arrivata in Italia all’età di tre mesi, l’ultima di sei figli. Ho sempre vissuto a Torino, dove mi sono laureata in Scienze infermieristiche. Sono le informazioni necessarie alle persone che incontro la prima volta per definirmi una "marocchina buona", "oramai italiana", una "marocchina di seconda generazione". Trovata l’etichetta, credono di aver risolto il problema di dove inscatolarmi, ma non si rendono conto di riproporre un modello che è alla base delle discriminazioni vissute ogni giorno, sotto varie forme, da figlie e figli dell’immigrazione. 

Generazione Z. La nostra rubrica dedicata agli under 25

Buffo, perché ho iniziato a chiedermi chi sono solo due anni fa, quando non vivevo più con i miei. Le domande che mi affollavano la testa riguardavano le mie origini, l’idea di non essere rientrata in Marocco per anni, la necessità di usare un nome che non è il mio, il continuo senso di colpa sui luoghi di lavoro, la sensazione di fatica nell’essere sempre iper prestante e iper disponibile. Il senso di smarrimento e dolore è stato talmente forte da trascinarmi in momenti di grandissima tristezza. Non avevo risposte e non sapevo dove cercarle. Mi chiedevo se ci fossero associazioni o luoghi dove chi ha un background migratorio si incontrasse per confrontarsi sulle questioni quotidiane. Nulla. 

Sono cresciuta in un ambiente a prevalenza bianca, reprimendo differenze culturali per essere accettata

La rivista

2023 - numero 22

Economia 'ndranghetista. Altro che locale

Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka

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