25 ottobre 2023
Il modello detentivo non funziona: lo afferma, numeri alla mano, il centro studi e ricerche Idos nel Dossier statistico sull'immigrazione 2023 realizzato in collaborazione con il centro studi Confronti e l'istituto di studi politici San Pio V e presentato oggi a Roma e, in contemporanea, in ogni regione italiana. Il rapporto mette in evidenza l'inefficacia dell'approccio "emergenziale e securitario" con cui le autorità italiane affrontano la questione migratoria, non da oggi, ma su cui il governo Meloni sta investendo più di tutti: "Nell'ultimo anno abbiamo visto la dichiarazione dello stato d'emergenza, la nomina di un commissario straordinario, il varo di sei decreti legge, la conferma del memorandum con la Libia, la firma di quello nuovo con la Tunisia, l'istituzione di una cabina di regia e la convocazione di una conferenza internazionale a Roma – ha affermato durante la presentazione Luca Di Sciullo, presidente di Idos –. Eppure, questo attivismo ha prodotto un avanzamento solo apparente, come quei passi di break dance in cui il ballerino sembra camminare in avanti ma in realtà va indietro".
Il dossier restituisce una fotografia che per molti aspetti contraddice la percezione che domina il dibattito mediatico e politico. Mostra, per esempio, che il numero di stranieri residenti in Italia, che si attesta a poco più di 5 milioni, non ha subito grosse variazioni negli ultimi anni, "una stabilità che ridimensiona la retorica dell'invasione". Di questi, un decimo (circa 500mila persone) si trova in situazione irregolare. Proprio su questi si sono concentrati gli ultimi provvedimenti del governo, che lo scorso settembre ha approvato un "piano straordinario" per la costruzione di nuovi centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr, dove i migranti in situazione irregolare sono trattenuti in attesa dell'espulsione) e ha esteso da 6 a 18 mesi la durata massima del trattenimento.
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Contrariamente alla retorica dell'invasione, la popolazione straniera in Italia è stabile da anni. Solo la metà dei migranti in situazione irregolare transitati per i Cpr viene effettivamente rimpatriata
Eppure, i numeri smentiscono l'efficacia di questo modello, che oltre a essere lesivo dei diritti dei migranti, come sostengono da anni il garante dei detenuti e le organizzazioni non governative e come ha recentemente confermato anche la Corte di Cassazione, che lo scorso settembre ha accertato le condizioni "inumane e degradanti" del Cpr di Bari, è anche estremamente dispendioso. Secondo i dati del dossier relativi al 2022, su 500mila stranieri in condizione irregolare in Italia, solo per poco meno di 37mila è stato emesso un decreto di espulsione, inclusi 5mila tra siriani e afghani che in patria sono sottoposti a guerre e violenze. Di questi, 6.383 sono stati trattenuti nei Cpr, il 68,7% in più rispetto al 2021, ma solo la metà è stata effettivamente rimpatriata, un’incidenza in linea con quella degli anni precedenti, a dimostrazione che "la scarsa efficacia non è contingente, ma intrinseca al sistema". Il tutto a fronte di una spesa che Idos stima a 56 milioni di euro nell'ultimo triennio, e che nei prossimi anni è destinata ad aumentare: il decreto di settembre, infatti, prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro per il 2023 per la realizzazione del "piano straordinario" sui nuovi Cpr e un milione di euro all'anno dal 2024 per la loro gestione.
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I dati mostrano anche che il prolungamento dei tempi di trattenimento, che dall'inaugurazione del modello detentivo nel 1998 hanno oscillato tra i 30 giorni e gli attuali 18 mesi, limite massimo consentito dalle normtive europee, non comporta un numero maggiore di espulsioni. Lo stesso vale per la moltiplicazione delle strutture: ad oggi, secondo il ministero dell'Interno, esistono dieci Cpr, con una disponibilità teorica di 1.338 posti, che scende però a 619 effettivi vista l'inagibilità della struttura di Torino e danni a quasi tutte le altre. Tra il 2016 e il 2017 si era arrivati ad averne 14, con una capienza complessiva di 1.400 persone, ma questo, sostiene Idos, non ha portato a risultati significativi in termini di espulsioni e riduzione della popolazione migrante in situazione irregolare. Il piano del governo prevede di averne almeno uno per regione, costruendone nove nuovi e ristrutturando due strutture già esistenti.
"L'integrazione nel nostro paese è normativamente assente, concettualmente fraintesa e operativamente disattesa"Luca Di Sciullo, presidente Idos
Parallelamente al rafforzamento del modello detentivo, Idos constata lo smantellamento di quello inclusivo, già fragile. "Il decreto Cutro ha spezzato in due il sistema di accoglienza – ha commentato Di Sciullo –. I richiedenti asilo finiscono nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) senza accesso a servizi fondamentali come corsi di lingua, supporto psicologico e assistenza legale, mentre il Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), esempio positivo di accoglienza diffusa, viene smantellato". I dati mostrano come, nonostante l'aumento della capienza, nel 2022 i Cas si siano progressivamente saturati con l'aumento degli sbarchi, "un andamento che rivela una gestione ancora per molti versi disordinata e da razionalizzare". "L'integrazione nel nostro paese è normativamente assente, concettualmente fraintesa e operativamente disattesa", ha commentato Di Sciullo.
Emerge inoltre l'insufficienza dei canali regolari, compresi quelli per i lavoratori stranieri: "In mancanza di una riforma strutturale dei restrittivi meccanismi di ingresso e permanenza – si legge nel rapporto –, l'ampliamento delle quote previsto dall'ultimo decreto flussi finirà per tradursi nell'emersione di lavoratori in nero già irregolarmente presenti". Per chi cerca protezione internazionale, invece, esistono meccanismi efficaci, ma sono insufficienti e non accessibili a tutti. Il dossier cita i corridoi umanitari e la protezione temporanea per i rifugiati ucraini, che nel 2022 ha permesso a quasi 150mila persone in fuga dalla guerra di entrare legalmente in Italia e ricevere accoglienza, "un’esperienza che ha mostrato gli ampi margini di semplificazione delle procedure e dissipato l’alibi dell’ingestibilità di numeri di richiedenti asilo ritenuti eccessivi".
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"Le politiche europee attuali non sono in grado di annullare la pressione migratoria. Una gestione più realistica e funzionale resta ancora lontana dagli orientamenti comunitari"
Allargando lo sguardo al continente, il dossier mette in evidenza come "le generali politiche di chiusura dei canali di ingresso regolari e di respingimento/espulsione dei migranti non sono in grado, come tali, di annullare la pressione migratoria": l'anno scorso, nell'Unione Europea sono stati registrati oltre 331mila ingressi irregolari, mentre i permessi di soggiorno rilasciati dagli stati membri sono stati dieci volte tanto. La dimostrazione, si legge nel rapporto, che "una gestione delle migrazioni più realistica e funzionale resti ancora lontana dagli orientamenti comunitari".
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I dati a livello internazionale, infine, restituiscono la fotografia di un'umanità sempre più in movimento: a fine 2022, i migranti, intesi come coloro che vivono in un paese diverso da quello di nascita, hanno sfiorato quota 300 milioni, quasi un abitante della Terra su 30. A questi si aggiungono i 62,5 milioni di sfollati interni, che insieme ai 35 milioni di rifugiati e richiedenti asilo portano a 108,4 milioni i migranti forzati. "Questi dati dicono quanto guerre, migrazioni, cambiamenti climatici e squilibri alimentari siano interconnessi – ha commentato Alessandra Trotta, presidente della Tavola Valdese – e mostrano come politiche di chiusura che provano semplicemente a togliere la questione dalla vista senza investire in integrazione di qualità sono più costose e totalmente inefficaci".
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