Tor Bella Monaca, per sognare un futuro diverso

Questa periferia romana non è soltanto violenza ed emarginazione. Con il doposcuola abbiamo conosciuto giovani che hanno smesso di sperare

Alice Luongo

Alice LuongoScout e volontaria a Tor Bella Monaca

Federica Michis

Federica MichisScout e volontaria

6 novembre 2023

Ascoltare una storia raccontata sempre e solo attraverso lo stesso tipo di narrazione, oltre a rendere il discorso piatto e ripetitivo, non rende giustizia alla realtà. Conosciamo bene ciò che si dice di Tor Bella Monaca e sappiamo anche che c’è molto altro. Se si mettono insieme tutte le voci si forma un coro, il dipinto si colora e prende vita. Noi vorremmo aggiungere una nostra pennellata, per contribuire ad arricchire il quadro.

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Un’alternativa esiste

Come scout da qualche anno facciamo servizio in questo quartiere. Ormai cinque anni fa, i nostri capi ci hanno indirizzato verso un doposcuola in cui proviamo ad aiutare i ragazzi nello studio dell’italiano e della matematica. Quello che in realtà ci hanno invitato a fare è di provare a immaginare con loro e per loro un’alternativa a quello che appare un destino già segnato per il contesto in cui vivono, ma che invece non lo è affatto. Abbiamo conosciuto ragazzi che hanno smesso di sognare perché spesso manca qualcuno che insegni loro la capacità di progettare e proiettarsi nel futuro, giocando a puntare in alto e non al ribasso.

Il vero problema a Tor Bella Monaca non sono le imponenti Torri che dominano il paesaggio, ma le dinamiche di violenza ed emarginazione che le impregnano e sporcano. Sono dinamiche e questioni molto radicate, che arrivano ovunque e colpiscono soprattutto i giovani. Le scuole tentano di mettere un argine a tutto questo attraverso l’istruzione, mostrando che si può fare diversamente, che il mondo non deve essere necessariamente un luogo di primi e ultimi, semmai un posto dove ognuno può sviluppare le proprie potenzialità. Certo il contesto e le difficoltà materiali e culturali non aiutano, anzi rendono complicato tenere dentro tutti. E così chi si sente ultimo, ultimo rimane. Non si partecipa a una competizione se si sa già di perdere.

A fianco di associazioni che lavorano nel quartiere da tempo e con dedizione, ce la mettiamo tutta a comunicare che Tor Bella Monaca può essere bella davvero, e che non è tutto da buttare via. Non lo facciamo solo per senso civico o dovere morale, ma perché la pienezza che sentiamo nelle due ore in cui stiamo insieme ai ragazzi o quando giochiamo in piazza e i bambini ci riconoscono, è un’esperienza che non viviamo da nessuna altra parte. È l’incontro con l’altro, le relazioni che si creano che ci fanno rimanere ancorate a quella realtà certamente difficile.

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