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6 novembre 2023
Ascoltare una storia raccontata sempre e solo attraverso lo stesso tipo di narrazione, oltre a rendere il discorso piatto e ripetitivo, non rende giustizia alla realtà. Conosciamo bene ciò che si dice di Tor Bella Monaca e sappiamo anche che c’è molto altro. Se si mettono insieme tutte le voci si forma un coro, il dipinto si colora e prende vita. Noi vorremmo aggiungere una nostra pennellata, per contribuire ad arricchire il quadro.
Tor Bella Monaca, lo spaccio come welfare
Come scout da qualche anno facciamo servizio in questo quartiere. Ormai cinque anni fa, i nostri capi ci hanno indirizzato verso un doposcuola in cui proviamo ad aiutare i ragazzi nello studio dell’italiano e della matematica. Quello che in realtà ci hanno invitato a fare è di provare a immaginare con loro e per loro un’alternativa a quello che appare un destino già segnato per il contesto in cui vivono, ma che invece non lo è affatto. Abbiamo conosciuto ragazzi che hanno smesso di sognare perché spesso manca qualcuno che insegni loro la capacità di progettare e proiettarsi nel futuro, giocando a puntare in alto e non al ribasso.
Il vero problema a Tor Bella Monaca non sono le imponenti Torri che dominano il paesaggio, ma le dinamiche di violenza ed emarginazione che le impregnano e sporcano. Sono dinamiche e questioni molto radicate, che arrivano ovunque e colpiscono soprattutto i giovani. Le scuole tentano di mettere un argine a tutto questo attraverso l’istruzione, mostrando che si può fare diversamente, che il mondo non deve essere necessariamente un luogo di primi e ultimi, semmai un posto dove ognuno può sviluppare le proprie potenzialità. Certo il contesto e le difficoltà materiali e culturali non aiutano, anzi rendono complicato tenere dentro tutti. E così chi si sente ultimo, ultimo rimane. Non si partecipa a una competizione se si sa già di perdere.
A fianco di associazioni che lavorano nel quartiere da tempo e con dedizione, ce la mettiamo tutta a comunicare che Tor Bella Monaca può essere bella davvero, e che non è tutto da buttare via. Non lo facciamo solo per senso civico o dovere morale, ma perché la pienezza che sentiamo nelle due ore in cui stiamo insieme ai ragazzi o quando giochiamo in piazza e i bambini ci riconoscono, è un’esperienza che non viviamo da nessuna altra parte. È l’incontro con l’altro, le relazioni che si creano che ci fanno rimanere ancorate a quella realtà certamente difficile.
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"Cos'è la felicità?" Difficile rispondere a questa domanda mentre intorno a noi aumentano guerre e tragedie. Eppure chiedersi cos'è, imparare a riconoscerla e a non smettere di cercarla può essere un atto rivoluzionario.