Le torri del comparto M9 e il centro di settore, sede del Municipio Vi di Roma. Foto di Francesco Rossi
Le torri del comparto M9 e il centro di settore, sede del Municipio Vi di Roma. Foto di Francesco Rossi

A rischio il Pnrr per Tor Bella Monaca, che intanto sopravvive grazie alle associazioni

Un omicidio in strada in pieno giorno ha riacceso i riflettori su Tor Bella Monaca, periferia di Roma, e sul controllo che la criminalità organizzata vi esercita. Ennesimo déjà-vu per un quartiere che da sempre lamenta l'assenza dello Stato, solo in parte colmata dall'impegno di numerose associazioni, e a cui il governo Meloni vorrebbe togliere anche i soldi del Pnrr

Francesco Rossi

Francesco RossiGiornalista e consulente lavialibera

18 settembre 2023

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Quattro colpi di pistola esplosi nel bel mezzo del pomeriggio, di fronte a un bar tabacchi e a pochi passi da un parco giochi. Un’esecuzione in piena regola, che ha lasciato sull’asfalto il cadavere di un uomo di 38 anni e ferito gravemente a una gamba una donna, la sua compagna. Teatro dell’omicidio: via Quaglia, una delle strade principali di Tor Bella Monaca, periferia est di Roma. Un ampio viale dalla doppia anima: frequentata strada commerciale e fiorente piazza di spaccio. Ma non sembra esserci la droga dietro il delitto (nonostante la vittima avesse precedenti penali), quanto piuttosto una vendetta passionale. Il movente, però, poco importa ai cittadini che hanno assistito loro malgrado alla scena e ne sono rimasti raggelati.

Anche perché il tragico episodio arriva dopo giorni di esposizione mediatica e un’estate molto calda per Tor Bella Monaca, non solo climaticamente, tra notizie di aggressioni e pestaggi e due massicci blitz delle forze dell’ordine (il primo condotto in simultanea con quello di Caivano, a Napoli). Una scia di tensione a cui va sommata anche la notizia, arrivata prima della pausa estiva, che tra i fondi stralciati dal governo Meloni nella proposta di revisione del Pnrr inviata all’Unione Europea ci sono anche quelli destinati alla riqualificazione dell’R5, gigantesco edificio popolare di via dell’Archeologia (altro luogo simbolo del quartiere) in cui vivono circa cinquemila persone. Collegare direttamente tra loro tutti questi elementi non è possibile né corretto. Quello che però si può (e forse di deve) provare a fare è imbastire una riflessione unitaria, che tenga insieme tutti i pezzi di un quartiere complesso ed emblematico

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Abitare Tor Bella Monaca

La complessità di Tor Bella Monaca è probabilmente scritta nel suo dna, gli appartiene fin dalla sua progettazione. Il quartiere, infatti, nasce tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, sulla spinta di un dovere che le amministrazioni di Roma sentono come ormai come ineludibile: dare casa a migliaia di famiglie che vivono sotto sfratto, in occupazioni o addirittura dentro fatiscenti baracche. Il risultato è il disegno di una città dentro (o forse sarebbe meglio dire accanto) alla città, pronta ad accogliere quasi trentamila persone in palazzoni che già dall’aspetto sembrano non avere nulla a che fare con Roma, tanto sono alti, massicci e grigi. Non a caso, ancora oggi Tor Bella Monaca può essere considerato il quartiere più pubblico d’Italia, perché composto quasi totalmente da varie forme di edilizia residenziale popolare.

Quella che dovrebbe essere una terra promessa, però, si rivela molto presto poco più di una landa desolata, senza negozi e senza servizi. Un ghetto dimenticato, con una concentrazione altissima di disagio socioeconomico, in cui gli abitanti devono lottare per decenni per ottenere farmacie, autobus, ambulatori, scuole e tutto ciò che serve per vivere dignitosamente. Un impegno che non è riuscito comunque ad evitare che Tor bella Monaca rimanesse intrappolata in una rappresentazione monodimensionale, fino a diventare emblema “della periferia degradata e quindi anche dello stigma e della ghettizzazione”, come scrivono l’urbanista Carlo Cellamare e l’ingegnere Francesco Montillo, dell’Università La Sapienza di Roma, nel loro libro “Abitare Tor Bella Monaca”

È quindi una congenita fragilità, unita al lungo disinteresse della politica, ad aver reso il quartiere facile preda della criminalità organizzata, fino ad ergerlo tra i principali luoghi di spaccio d’Italia, in una città che ormai non può più esimersi dalla necessità di fare i conti con le mafie. “Non si può analizzare ciò che avviene a Tor Bella Monaca se non lo si inserisce nel contesto più ampio della città”, spiega Marco Genovese, attivo a Tor Bella Monaca con l'associazione Libera. “A Roma la questione mafia è reale e centrale”, prosegue, “il mercato degli stupefacenti è gigantesco e ci sono pezzi di economia che si trasformano e vanno in mano alle organizzazioni criminali; l’impatto di tutto ciò è molto visibile soprattutto nei quartieri poveri, dove c’è lo spaccio h24 e un sistema di welfare mafioso che risponde alle necessità delle persone”.

“La presenza della mafia è visibile soprattutto nei quartieri poveri, dove c'è spaccio h24 e un sistema di welfare criminale che risponde alle necessità delle persone”Marco Genovese - Libera Roma

Tor Bella Monaca, con il suo record di disoccupati e di percettori di reddito di cittadinanza, rientra in pieno in questo quadro, che spiega (purtroppo) facilmente anche la violenza registrata nei giorni scorsi. "Quello che sta accadendo in questi giorni è un exploit di narrazione su tutta la parte criminale e tossica del quartiere, che però non è nuova e non è emergenziale di questo momento nel territorio". A sostenerlo è Claudia Bernabucci, dell'associazione Cubo Libro, da oltre 15 anni attiva con progetti culturali ed educativi a largo Mengaroni, a poche centinaia di metri dal luogo del recente omicidio. Un osservatorio da cui è possobili avere il polso della situazione. "Negli ultimi anni, qui abbiamo visto crescere il disagio sociale", sottoliena l'attivista, "a causa di difficoltà economiche, abitative e lavorative che si ripercuotono sui minori e sugli adolescenti, costretti a vivere in condizioni precarie e in famiglie che non sono in grado di garantirgli nemmeno il diritto all'istruzione o a una casa sicura". Una porta spalancata per la criminalità organizzata "che affonda le radici sulla parte fragile del territorio, agganciando ragazzi che molto presto si ritrovano a confrontarsi con dinamiche criminali, non solo come spettatori ma anche come attori".

Un quartiere dimenticato che si auto-organizza

Ma se il problema è radicato e sistemico servono soluzioni altrettanto articolate, sia sul fronte della repressione che su quello delle politiche sociali. Dal primo punto di vista, ”serve un lavoro di indagine serio, vero, profondo”, sottolinea ancora Genovese, “che vada ad inquadrare questi fenomeni per quello che sono, anche riconoscendo l’accusa di mafia, cosa che nelle regioni del centronord è sempre più difficile”. Ancora più complicata, invece, è la situazione sul versante degli interventi socioeconomici. Da sempre, infatti, i cittadini di Tor Bella Monaca si sentono abbandonati dallo Stato. Una solitudine che ha portato molti di loro ad auto-organizzarsi, per supplire alle mancanze pubbliche.

Così, negli anni, Tor Bella Monaca si è popolata di piccole e grandi associazioni, tra cui la stessa Libera, che svolgono un meritorio lavoro di supporto alle fasce della popolazione più a rischio, con un occhio di riguardo per i più giovani, visto l’altissimo tasso di dispersione scolastica che si registra in questa fetta di Roma. L’elenco potrebbe essere lungo e mai esaustivo, anche perché molti, data la delicatezza del contesto, scelgono di lavorare sottotraccia, senza ricercare la luce dei riflettori. Si va dallo storico Chentro Sociale, aperto agli inizi degli anni Novanta e collettore di diverse esperienze, alla già citata Cubo libro, biblioteca popolare e spazio educativo per bambini e adolescenti; da Eutopia, impegnata in un profondo e discreto lavoro sul diritto all’istruzione, a Tor Più Bella, che ha sede nella cosiddetta Torre della legalità; dalla Cooperativa 21 luglio, che opera all’interno del Polo Ex-Fienile, alla Comunità di Sant’Egidio. Per non parlare poi dei progetti che uniscono sotto un’unica insegna diverse realtà, come Cresco, il cantiere di rigenerazione educativa promosso dalla Fondazione Paolo Bulgari, e Tornasole, progetto di rafforzamento della comunità educante, finanziato dalla stessa fondazione e dall’impresa sociale Con i Bambini.

Esperienze che funzionano perché si nutrono di un legame reale con il quartiere. "La strategia su cui si muove Cubo Libro", spiega Claudia Bernabucci, "è stare nel territorio, diventare luogo di riferimento e di incontro, oltre che spazio promotore di attività culturali; nel tempo; abbiamo instaurato un rapporto di scambio e reciprocità con Tor bella Monaca, e questo ci ha permesso di arrivare a valutare quali sono i bisogni di chi ci vive, per provare a dargli risposta". Un attivismo che fa sorgere nell'esponente di Libera una domanda provocatoria: “Possibile che nessuna istituzione si senta responsabilizzata da queste azioni e che non ci si renda conto che manca qualcosa?”. Il nocciolo della questione è chiaro: l’impegno “dal basso” non può sostituire quello delle istituzioni, che hanno il dovere di implementare interventi strutturali, diffusi e continuativi. Solo così a Tor Bella Monaca potrà davvero cambiare qualcosa. 

Tor Bella Monaca, il bar senza slot che fa comunità

Anche il Pnrr potrebbe abbandonare Tor Bella Monaca

Tra i progetti che il governo Meloni vuole stralciare dal Pnrr c'è anche la rigenerazione del comparto R5 di Tor Bella Monaca e la riqualificazione dello spazio pubblico circostante

Cioè che invece non fa sicuramente bene al quartiere e alla fiducia nelle istituzioni di chi lo vive sono vicende come quella dei fondi del Pnrr. Qualche settimana fa, infatti, il governo Meloni ha inoltrato all’Unione Europea la richiesta di poter rimodulare il piano, stralciando alcuni progetti (che, stando alle promesse, dovrebbero essere poi di finanziarli con altri soldi, non meglio precisati).

Tra i progetti che rischiano di morire c’è anche quello che riguarda Tor Bella Monaca, cioè la rigenerazione del comparto R5 e la riqualificazione dello spazio pubblico circostante. Un progetto ambizioso, del valore di oltre 121 milioni di euro (il più importante nella capitale). Soprattutto, un progetto destinato a incidere in maniera profonda su un luogo che condensa in sé gran parte dei mali di Tor Bella Monaca. L’R5, infatti, è un imponente edificio “a serpente”, che si snoda lungo via dell’Archeologia (la più problematica delle strade della zona). Con i suoi 1200 appartamenti è abitato da quasi 5000 persone. Un alveare umano ad altissima concentrazione di disagio, tra case prive di elettricità o invase dalla muffa, ascensori perennemente bloccati che intrappolano disabili e anziani ai piani alti, numerose occupazioni, garage inaccessibili perché diventati alloggi di fortuna o nicchie di spaccio e, su tutto, la presenza pervasiva della criminalità organizzata. 

Il piano del comune prevede la riqualificazione e l’efficientamento energetico di tutti gli appartamenti, la ristrutturazione degli spazi comuni, la trasformazione degli alloggi al piano terra in locali per attività professionali o servizi (con conseguente spostamento degli attuali residenti in una torre di nuova costruzione). Un’iniziativa salutata con favore misto a scetticismo dai diretti interessati. “La gente è contenta che si intervenga e ha partecipato agli incontri di presentazione e discussione”, afferma Maria Vittoria Molinari del sindacato Asia–Usb, che ha la sua sede proprio di fronte all’R5. “Questo è un progetto importante – prosegue – , che apre anche una strada su come poter intervenire sull’edilizia pubblica di questa portata”. 

Al Parco verde di Caivano lo Stato fallisce e la società è debole

Nonostante le regole del Pnrr abbiano imposto tempi velocissimi, il Comune di Roma ha provato a costruire un seppure imperfetto percorso di partecipazione, fatto di assemblee aperte alla cittadinanza e incontri con le singole scale condominiali coinvolte. Appuntamenti non semplici, durante i quali i delegati del Comune di Roma si sono trovati ad affrontare contestazioni anche dure, spesso motivate dalla comprensibile sfiducia di chi per trent’anni si è sentito dimenticato, o dalla paura di chi, costretto ad occupare per necessità e disperazione, teme di rimanere senza casa.

Su questo clima faticoso ma produttivo si è abbattuto l’annuncio di marcia indietro del governo che potrebbe far saltare tutto. Per ora, in attesa della pronuncia dell’Europa, il cammino prosegue con i passaggi previsti: rilievi, scavi archeologici e predisposizione delle gare di appalto. Ma l’incertezza pesa ed è già un pericolo. L’eventuale cancellazione del progetto, infatti, sarebbe l’ennesima promessa non mantenuta per gli abitanti di Tor Bella Monaca. Una ferita difficilmente sanabile, come spiega ancora Marco Genovese di Libera: “Aprire un percorso di confronto e partecipazione dicendo che farai delle cose è poi richiuderlo è devastante per questo territorio che viene da 30 anni in cui nessuno se ne è interessato”.

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