8 marzo 2024
Nel mese di febbraio, la redazione de lavialibera è stata coinvolta nel progetto "La parola libera - libera la parola", pensato per le classi terze dell'istituto superiore Niccolini Palli di Livorno. Nella prima ora di attività, alcuni membri della redazione hanno stimolato la riflessione dei ragazzi e delle ragazze attorno a una parola, partendo dall'etimologia e collegandola ad alcuni dei temi trattati dal giornale. È seguito poi un dibattito, durante il quale gli studenti hanno potuto esprimere liberamente le proprie opinioni e mettere in relazione la parola con l'esperienza personale e di classe. L'attività si è conclusa con la fase di scrittura autobiografica, durante la quale ognuno ha rielaborato l'esperienza in brevi testi scritti.
Alle due classi del liceo di scienze umane è stata proposta la parola cura, che significa “preoccupazione, sollecitudine per qualcuno”. Cura evoca fragilità, relazione, attenzione premurosa per l’altro da se stessi, ed è quindi in contrapposizione con l'ossessione per la competizione, la performance e il successo che prevale oggi. Ma la cura non vive solo in una dimensione privata. Esiste una dimensione pubblica, rivolta alla società, alla natura, alle generazioni che verranno. Sono forme di cura, per sempio, la sensibilità ambientalista ed ecologica, il giornalismo quando è ben fatto, l’antimafia, che è l'opposto del "me ne frego": è cura per la libertà, per i diritti, per i valori democratici, per la memoria di chi è morto innocente, ucciso perché di ostacolo agli interessi di questa forma di potere criminale. Ma non sempre interessarsi e impegnarsi porta a risultati immediati, e questo può generare un senso di impotenza. Ai ragazzi e alle ragazze abbiamo quindi chiesto: vale la pena prendersi cura della società e del mondo in cui viviamo, manifestare, informarsi, fare volontariato, provarci in tutti i modi anche a rischio di fallimento? Abbiamo poi portato l'esempio delle proteste ambientaliste: sono forme efficaci e sensate per prendersi cura della terra, degli altri e del proprio futuro?
Ddl eco-vandali, ipocrisia contro gli attivisti del clima
La classe del liceo coreutico ha invece riflettuto sulla parola equilibrio, che evoca stabilità, proporzione, obiettività. L’equilibrio è certamente una parola chiave nella danza, ma non solo: ognuno di noi cerca il proprio tra mille impegni e difficoltà quotidiane, ma non sempre il percorso è quello giusto. Su lavialibera, ad esempio, abbiamo parlato di chi cerca l’equilibrio attraverso un’alimentazione sana, a volte degenerando in comportamenti rischiosi. Esiste un disturbo alimentare chiamato otoressia, ovvero l'eccessiva rigidità nel seguire una dieta salutare o presunta tale. Le conseguenze fisiche non sono forse gravi come quelle dell’anoressia o della bulimia, ma quelle sociali a lungo andare possono rivelarsi pesanti: gli ortoressici si isolano, tendono a mangiare da soli, perché anche una serata in pizzeria può diventare motivo di imbarazzo. Sul giornale abbiamo anche parlato di società della performance, viviamo in un mondo che ci chiede tutto e subito fin da giovanissimi. Bisogna rendere a scuola, nello sport, nel lavoro, tra amici, nella danza, senza tentennamenti. La discussione con i ragazzi e le ragazze è ruotata attorno a questa domanda: come si fa trovare il giusto equilibrio tra passione e performance, tra salute e ambizione, nell'alimentazione e nella danza?
Ortoressia: l'ossessione del cibo "sano" per forza
Agli studenti dell'indirizzo economico-sociale è stata proposta la parola responsabilità, che significa rispondere delle proprie azioni. I politici, ad esempio, hanno una grande responsabilità nei confronti dei cittadini che li hanno votati e che si aspettano una gestione della cosa pubblica onesta. Ma responsabili dovrebbero essere anche le multinazionali che fabbricano prodotti utilizzati da milioni di persone, e che quindi dovrebbero essere sicuri e non pericolosi. Invece vediamo come molti politici approfittano del loro ruolo per seguire i propri interessi e anche le aziende, in nome di maggiori profitti, mettono sul mercato prodotti tossici, che possono anche uccidere. È il caso dell'eternit, di cui abbiamo scritto su lavialibera. Politici disonesti, aziende senza scrupoli: chi commette questi crimini non ha la pistola, ma indossa un’elegante giacca e sotto una camicia. Per questo li chiamiamo colletti bianchi. Ai ragazzi e alle ragazze abbiamo chiesto di mettersi nei panni di queste persone: cosa fareste? Perché gli interessi personali hanno spesso la meglio su quelli di tutti?
Il crimine dei colletti bianchi, anche i ricchi delinquono
Per la classe del liceo classico è stata scelta la parola consapevolezza. L'etimologia deriva dal verbo consapere, formato da sapere e dal prefisso con. Non è quindi una semplice nozione da inculcare, ma è una costruzione del proprio modo di rapportarsi con il mondo. Chi è consapevole non subisce, ma può affrontare e rielaborare. Ci sono contesti in cui questo processo di presa di coscienza è molto difficile da iniziare. Proviamo a immaginare luoghi dove per anni sono stati sotterrati quintali di materiali pericolosi in discariche abusive e le persone hanno iniziato ad ammalarsi, senza sapere il motivo. Abbiamo portato l'esempio dell’inquinamento da pfas, la molecola che permette a tantissimi materiali di essere impermeabili e antiaderenti e che provoca malattie nei soggetti più esposti, aumentando la probabilità di sviluppare tumori. Le conseguenze di queste particelle piccolissime sono quanto mai visibili, ma è servito un percorso lungo e battaglie legali, oltre che alla nascita di vari comitati locali, per iniziare a lottare per il diritto alla salute e chiedere conto alle aziende che avevano sversato questi composti. La discussione è ruotata attorno a queste domande: quali sono gli strumenti utili per diventare consapevoli? Quali conseguenze può comportare? È faticoso? Quale ruolo giocano rispettivamente il singolo e la comunità?
L'attività con la classe dell'indirizzo musicale è ruotata attorno alla parola armonia. Deriva dal verbo greco armozein, che significa collegare, unire, e infatti vuol dire mettere in relazione elementi diversi per creare qualcosa di “altro”, che è più del semplice accostamento tra gli elementi. In musica, per esempio, l'armonia indica la combinazione piacevole di suoni diversi. In una comunità come quella della classe, c'è armonia se c'è collaborazione e accettazione della differenza altrui. Dalla riflessione sulla parola abbiamo capito che l’armonia non è lo “stato di natura”, non si fa da sola, ma va cercata, pensata, costruita con impegno e (spesso) fatica. Abbiamo anche capito che l'ingrediente fondamentale è la diversità: se l'orchestra fosse formata soltanto da violini che suonano tutti la stessa nota, non potremmo parlare di armonia. Su lavialibera abbiamo raccontato tentativi di costruire armonia in condizioni difficili, in cui guerre o crimini rendono complicato mettere in relazione le persone: per esempio, iniziative di riconciliazione tra israeliani e palestinesi o percorsi di giustizia riparativa tra vittime e autori di reato. È nata poi una discussione sulle dinamiche interne alla classe: c'è armonia? Vale la pena provare a costruirla? Cosa serve?
Israele e Palestina: prove di riconciliazione tra familiari delle vittime
Il lavoro è continuato in aula, con educatori e docenti. “Non esiste libertà più grande di essere se stessi e sentirsi accolti”. Queste le parole scritte da uno studente durante le sessioni di scrittura autobiografica del progetto e scelte dall'educatore come inizio del racconto di quanto emerso nella seconda fase del progetto. Queste parole, scrive l'educatore Fabio Artigiani, "nella loro semplicità, sintetizzano bene la seconda parte del percorso, dove i ragazzi hanno cercato gradi di libertà maggiori attraverso un pensare sulle parole, un dare parole alle loro emozioni, dare voce alle loro aspirazioni, ai loro punti di vista, qualsiasi fossero, nel massimo rispetto, nella massima cura che ognuno di loro è riuscito ad avere nei confronti delle parole 'altre da noi'. Un orecchio che ascolta, collegato al cuore, apre strade di parole, libera le parole e permette alle parole di liberarci sempre di più. E leggendo i loro scritti sono emerse altre parole, oltre a quelle assegnate, come fil rouge trasversali: se stessi, gli “altri”, famiglia, momenti di instabilità, sentirsi capiti. Allora ho rimescolato alcuni estratti, intrecciandoli fra loro secondo questi fili". Ciò che segue è la sintesi di quanto emerso, selezionato e sintetizzato dall'educatore.
"La sera quando torno a casa e vado a letto con la pioggia che sbatte sui vetri della finestra e tutti dormono, è il momento in cui percepisco armonia"
“Inizierò a prendermi cura di me quando inizierò a volermi bene”. I ragazzi hanno rivelato quanto sappiano usare strumenti di interrogazione su se stessi e quanto siano consapevoli dell’importanza di farlo per il proprio benessere (e quindi della propria libertà), sia sul piano pratico “Avrei voluto essere consapevole delle cose a cui andavo incontro quando sono stato interrogato a greco all’inizio dell’anno, se avessi studiato di più ora non avrei la materia da recuperare” sia per il proprio mondo interiore “L’armonia per me è l’equilibrio interiore delle diverse personalità e volontà che ci sono dentro di noi”. La sfera personale poi si inserisce anche nel contesto sociale “Consapevolezza di scelta, che dobbiamo saperla avere per non andare dietro alle masse e non fare cose di cui ci si pentirebbe”, “Per me la responsabilità significa essere autonomi nella vita”. La riflessione autobiografica in qualche caso è stata espressa attraverso modalità che puntano al racconto “La mia vita spesso è molto monotona e faticosa a livello di impegni. La sera quando torno a casa e vado a letto con la pioggia che sbatte sui vetri della finestra e tutti dormono, è il momento in cui percepisco armonia”, oppure a frasi prese in prestito dalla psicologia positiva “Non bisogna mettersi all’ultimo posto”.
"La responsabilità è quella consapevolezza che ci rende delle persone che sono tenute a mettere la propria faccia davanti ad una situazione"
“Consapevolezza è conoscere il peso delle parole che pronunciamoe delle azioni che compiamo e rendersi conto dei potenziali effetti che possono avere sugli altri”, “L’armonia si manifesta quando ci mostriamo senza filtri e consci di quello che siamo o che vorremmo essere”. In questa età si porta a maturazione la consapevolezza dell’”altro diverso da noi”, sperimentata prima nel contesto familiare in precedenti tappe evolutive, poi portata avanti fra le amicizie. Il gruppo dei pari diventa fondamentale per imparare a selezionare le persone affini “Associo la parola armonia a quando riesco a concentrare i miei pensieri su quello che sto facendo e a quando sto con quelle poche persone con le quali mi sento libera di esprimermi come voglio”, “Armonia l’associo all’amore. Penso che l’armonia sia un collegamento magico e che quando avviene fluttua nell’aria. L’armonia l’associo all’empatia, alla voglia distare insieme ad una persona, ai colori del tramonto, alla voce di una persona ma anche alla voglia di risolvere una discussione per tornare a stare bene”, quindi anche a gestire le relazioni uscendo dall’immediatezza a favore di riflessività, della pazienza, della cura. Aumenta anche la consapevolezza circa il proprio ruolo sociale “La responsabilità è quella consapevolezza che ci rende delle persone che sono tenute a mettere la propria faccia davanti ad una situazione” e la saggezza basata sulle esperienze passate “Basta un abbraccio per far star meglio una persona o se stessi”.
La famiglia continua ad avere un’importanza centrale nella vita dei ragazzi, anche perché iniziano o si consolidano ruoli sempre più da “adulti” che vengono richiesti dagli altri componenti e dalle necessità contingenti “Crescendo ho dovuto avere la responsabilità di tenere la mia sorellina più piccola in casa da sole perché i miei lavoravano”, trovando in questo una forma di maturazione e di benessere “Cura per me significa “prendersi cura” e lo provo soprattutto nei confronti dei miei fratelli, cerco di farli stare sempre meglio perché vederli felici fa stare bene anche me, in qualche modo”. Ruolo centrale, quello della famiglia, dove esperire in nuce le dinamiche che caratterizzeranno le relazioni del mondo adulto di cui i ragazzi faranno parte di lì a poco “Penso che mia madre debba avere più equilibrio quando urla o quando dice o fa delle cose e poi si contraddice da sola in tutto e per tutto”: qui la libertà si conquista attraverso sempre più autonomia, partendo da una fase di analisi (anche impietosa) per poi elaborarla e farne augurabilmente tesoro.
"Vorrei solo reimparare a fare cose che mi fanno stare bene, perché alla fine penso che questo sia il segreto dell’armonia con se stessi"
I cambiamenti in atto nel cervello adolescente da un punto di vista neurologico contribuiscono a creare quei turbamenti esistenziali e relazionali così indispensabili alla crescita, all’individuazione, alla conquista di un senso di autoefficacia. “Perdo l’equilibrio quando le persone scoprono i miei punti deboli” racconta proprio questo processo, così come “Nella mia vita avrei avuto bisogno di più equilibrio nel periodo in cui mi sono lasciata andare a scuola; non avevo più un equilibrio nello studio e nemmeno mentale” evidenzia una riflessione in tal senso. Ma l’incertezza e l’instabilità portano a sofferenza, a momenti di ansia, talvolta al buio, allo smarrimento della rotta. “Appena penso alla parola “armonia” penso a me. Non mi sono mai piaciuta, mi sono sempre odiata e dentro di me purtroppo ha vissuto sempre il caos, mi sono sempre sentita in disarmonia con me stessa. Vorrei solo reimparare a fare cose che mi fanno stare bene, perché alla fine penso che questo sia il segreto dell’armonia con se stessi: reimparare, perché quando ero piccola avevo letteralmente la luce in quei miei occhioni marroni. Purtroppo col crescere alcune cose cambiano e ti cambiano”. La speranza tenta di aggrapparsi al passato in un presente in divenire che fa fatica a raccontarsi un futuro. E diventare adulti significa anche realizzare che “Quando diventi consapevole di qualcosa, quel qualcosa diventa reale, diventa un peso”, a volte.
“Credo che curare qualcuno non sia solo accudirlo o preoccuparsi di lui, bensì cercare di capirlo, sforzarsi a comprendere chi si ha davanti, cercare di provare le stesse cose per un attimo e non rimanendo in superficie”. Sentirsi capiti è forse la necessità che più è emersa, esplicitamente o tra le righe, in famiglia, come nelle amicizie. E quando manca provoca una sofferenza che in quell’età si fa più marcata “Con alcune persone ero in buoni rapporti ma poi a volte venivo rifiutato e questo mi ha provocato così tanto dolore che dopo quel giorno nulla sarebbe stato come prima”. Sentire che c’è un movimento empatico in essere che viene verso di te è una boccata di serenità “Associo la parola armonia a quando riesco a concentrare i miei pensieri su quello che sto facendo e a quando sto con quelle poche persone con le quali mi sento libera di esprimermi come voglio”, a tal punto che “Sono grata della mia vita e mi sento molto fortunata perché ho accanto tante persone come i miei genitori e amici e il mio fidanzato che mi fanno sentire curata, apprezzata e amata ogni giorno”.
Ecco, il sentirsi capiti fa il paio con il sentirsi accolti della frase all’inizio di questo scritto: allora è vero, i gradi di libertà è più facile conquistarli se ci sente accolti, ascoltati, valorizzati, guidati, amati.
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