5 luglio 2024
Dopo 22 anni, la Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione della Repubblica democratica del Congo (Monusco) è stata ritirata (dopo 25 anni, se si considera anche la fase iniziale in cui si chiamava Monuc). Si tratta di una delle missioni più longeve della storia delle Nazione Unite. Prevedeva un contingente di circa 15mila uomini e un costo annuale intorno al miliardo di dollari.
Il bilancio di questa operazione è totalmente negativo e i caschi blu sono sostanzialmente stati cacciati dalla popolazione congolese. Schierati nelle province orientali di Nord Kivu,Sud Kivu ed Ituri in questo lunghissimo periodo non sono riusciti ad evitare le sofferenze dalla popolazione locale che ha subito omicidi, stupri, saccheggi ed ha dovuto abbandonare le proprie case per sfuggire alle milizie, che continuano ad agire indisturbate.
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“La partenza dei caschi blu non cambierà la nostra situazione – racconta a lavialibera il giornalista locale Baraka Hertier – perché non hanno mai impedito alle milizie di diventare i veri padroni di questa parte di Congo. La popolazione era stanca di veder scorrazzare le auto delle Nazioni Unite senza che intervenissero a difendere città e villaggi. Le M23, la milizia più forte e pericolosa, è avanzata senza trovare nessuna resistenza da parte delle truppe delle Nazioni Unite e nei mesi scorsi ha preso il controllo di tutte le cittadine al confine con il vicino Ruanda. Anche una base dell’esercito congolese con tutto il suo arsenale è caduta nelle mani dei ribelli che hanno bruciato un serie di villaggi per dimostrare la loro forza.”
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“La loro partenza è un bene, vederli inerti e disinteressati al nostro destino ci ha sempre riempito di rabbia. Qui l’Onu ha clamorosamente fallito"
Nei mesi scorsi si erano moltiplicate le manifestazioni che avevano chiesto al contingente delle Nazioni Unite di andarsene, proteste che avevano dimostrato quanta rabbia e frustrazione ci fosse nella popolazione congolese che vive in un autentico inferno. Questo ritiro è la logica conclusione di una missione che non aveva mai agito in maniera efficace. Le tre province sono state teatro di una guerra continua che ha distrutto il tessuto sociale congolese e ha minato in profondità la fiducia nelle organizzazioni internazionali. Kevin Kitumba è un attivista della società civile di Butembo, una cittadina del Kivu settentrionale e non fa sconti al lavoro delle Nazioni Unite. “La loro partenza è un bene, vederli inerti e disinteressati al nostro destino ci ha sempre riempito di rabbia. In tanti anni hanno avuto l’occasione di riscattarsi e non l’hanno mai sfruttata. Qui l’Onu ha clamorosamente fallito e non è il primo fallimento in Africa. Adesso spetta alle Fardc (Forze armate delle Repubblica democratica del Congo) a difendere i propri cittadini, ma non sono fiducioso perché troppe volte in passato non si sono dimostrati all’altezza della situazione. Il Movimento M23, pagato, organizzato ed armato dal Ruanda è il vero padrone di queste regioni e senza un aiuto internazionale serio e motivato le truppe governative congolesi non saranno in grado di sconfiggerli. La gente ha perso ogni speranza. Forse dovremmo cominciare ad abituarci a vivere sotto questi criminali delle milizie che amministrano già ampie fasce di territorio congolese”.
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Il capo della Monusco, Bintou Keita ha invece elogiato il lavoro portato avanti in questi 22 anni snocciolando una serie di numeri e dati che in realtà sono fortemente deficitari e lontani dai risultati per i quali la missione era stata creata. Il capo missione ha anche ufficialmente consegnato al ministro della Difesa di Kinshasa armi, mezzi e basi che erano gestiti dai caschi blu per un valore di circa 10 milioni di euro, compresi due elicotteri appena arrivati. I ministri congolesi presenti alla cerimonia di passaggio delle consegne hanno annunciato in maniera roboante un rinnovato impegno delle forze armate per sconfiggere definitivamente le milizie che terrorizzano la popolazione, ma nel nell’est del Congo queste promesse da decenni non hanno più nessun valore.
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