Issa (interpretato da Ibrahima Sambou) in una scena del film "Anytime Anywhere" di Milad Tangshir
Issa (interpretato da Ibrahima Sambou) in una scena del film "Anytime Anywhere" di Milad Tangshir

Con "Anywhere anytime", Milad Tangshir porta i rider sul grande schermo

Film di esordio per il regista iraniano Milad Tangshir e del protagonista Ibrahima Sambou, racconta la lotta del rider Issa per sopravvivere ai margini della città di Torino. La pellicola ha vinto il premio come miglior produzione indipendente alla Mostra del Cinema di Venezia

Andrea Zummo

Andrea ZummoGiornalista, cinefilo e attivista di Libera

18 settembre 2024

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A Torino vive Issa, giovane migrante africano, che lavora in nero al mercato di Porta Palazzo e dorme in un campo della Croce Rossa. Quando viene cacciato dal suo capo, per paura dei controlli dei vigili, è molto scoraggiato. Il suo amico e connazionale Mario, che fa il cuoco in un ristorante, gli consiglia di fare il rider per le consegne di cibo. Così inizia Anywhere anytime, film del regista Milad Tangshir, in concorso alla settimana internazionale della critica, premiato come miglior produzione indipendente alla mostra del cinema di Venezia.

Nel film, alla proposta di lavorare come rider Issa si mostra titubante, non ha nemmeno i soldi per comprarsi una bici, ma l’amico non sente ragioni e compra una bicicletta per lui. Così comincia un lavoro fatto di corse in mezzo al traffico, per consegnare le ordinazioni a casa delle persone, in tutti i quartieri torinesi. Tutto fila liscio, fino a quando nel cortile di un palazzo un tizio non ruba la bici di Issa scappando via. Per il ragazzo comincia un’odissea cittadina, per cercare di recuperare l’unico mezzo di locomozione, indispensabile per il lavoro. La rabbia e la frustrazione sono enormi, capaci di spingere Issa nei guai. 

Leggi un'estratto dal libro Vite da rider 

Una film sullo sfruttamento lavorativo, una foto di Torino

Milad Tangshir dirige un film tesissimo, scrivendo la sceneggiatura insieme a Daniele Gaglianone e Giaime Alonge. Ne esce un ritratto del nostro tempo, dove i migranti sono i protagonisti, in quanto ultimi, continuamente in cerca di riscatto e sopravvivenza, anche se molto spesso in lotta contro tutti e tutto. Infatti l’egoismo può prevalere sulla solidarietà, la violenza rischia di contagiare tutti, la fratellanza tra immigrati diventa una pia illusione.

Il titolo fa riferimento allo slogan sullo zaino termico del rider, ma forse allude anche al nostro tempo, alla nostra società, alla condizione in cui si trovano in tanti, migranti e non, dove spesso non c’è scelta e accettare impieghi ai limiti dello sfruttamento è la norma quotidiana. 

Nel suo vagare per Torino, soprattutto nel quartiere Barriera di Milano, la storia di Issa è anche una fotografia della città: multietnica e disordinata, a tratti sporca, dove la povertà si manifesta plasticamente in una mensa per disperati e i visi, italiani e non, sono quelli di chi non ce la fa.

Permesso di soggiorno negato ai rider

Come Ladri di biciclette

Rari momenti di tenerezza, nell’incontro con un’anziana donna piemontese, che ha bisogno di qualcuno che l’aiuti a portare la spesa in casa. Inevitabile non pensare a Ladri di biciclette, capolavoro di Vittorio De Sica del 1948: ma quella era l’Italia del dopoguerra, speranzosa di rialzarsi come i suoi protagonisti. Qui c’è il ritratto dei giorni nostri, in cui arrangiarsi per vivere è la norma e scomparire (agli occhi degli altri, ma anche letteralmente), può avvenire nell’indifferenza generale.

Il regista, Milad Tangshir, è nato a Teheran nel 1983 e ha pubblicato alcuni album con un gruppo rock; dal 2011 vive in Italia dove ha realizzato alcuni cortometraggi e documentari. Anywhere anytime è il suo esordio nel lungometraggio.

Ibrahima Sambou invece è nato in Senegal, si è spostato in Gambia e poi in Libia, per giungere in Italia nel 2015, facendo richiesta di asilo. Ha vissuto a Vercelli e si è spostato a Torino, dove ha fatto il cuoco, prima di debuttare in un film che ha molte assonanze con la sua vita reale.

Per tante ragioni questa pellicola merita uno sguardo: dura meno di un’ora e mezza, ma coinvolge, appassiona, frustra i nostri sentimenti di privilegiati e lascia la sensazione di amaro in bocca.

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