La cittadinanza italiana, ancora questione di sangue

A chi chiede ius scholae e ius soli, Meloni e Salvini rispondono che si concedono già troppe cittadinanze. In realtà il grosso è assegnato per ius sanguinis a discendenti degli emigrati in America, che spesso non hanno alcun interesse a venire in Italia. Come accaduto per il presidente argentino, Javier Milei

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

Davide Romanelli

Davide RomanelliGrafico

2 gennaio 2025

Concedere ai figli di stranieri nati e cresciuti in Italia la cittadinanza in base al percorso scolastico (ius scholae) è il proposito del vicepremier Antonio Tajani, mentre una campagna referendaria vuole ridurre da dieci a cinque anni di residenza il tempo necessario per diventare italiani. A raffreddare gli spiriti ci pensano Giorgia Meloni e Matteo Salvini: "Siamo tra le nazioni europee quella che concede ogni anno il maggior numero di cittadinanze agli stranieri", ha detto la presidente del Consiglio commentando la campagna per il referendum. "Siamo i primi, più della Francia, della Germania, della Spagna", ha aggiunto il vicepremier. Entrambi non si sono fatti però problemi a concedere la cittadinanza al presidente argentino Javier Milei e alla sorella Karina, in nome del nonno calabrese.

Una verità parziale

In effetti, stando ai dati di Eurostat, tra gli Stati membri dell’Ue l’Italia è quella che, dal 2015, ha concesso in assoluto il maggior numero di cittadinanze, superando Spagna e Germania. Pure considerando la media degli anni dal 2013 al 2022, l’Italia resta prima. Nel 2022, il 22 per cento dei circa 990mila nuovi europei aveva ottenuto un passaporto italiano (213.700), il 18 per cento un passaporto spagnolo (181.600), il 17 per cento quello tedesco (166.600), il 14 per cento francese (114.500) e il 9 per cento svedese (92.200). Sono soprattutto persone provenienti dal Marocco (112.700), seguite da siriani (90.400), albanesi (50.300), turchi (29.700) e ucraini (29.300).

Tuttavia, se si mette il dato in rapporto alla popolazione, la situazione cambia: la Svezia primeggia perché dà 8,82 cittadinanze ogni mille residenti, seguita da Lussemburgo (8,29), Belgio (4,17), Spagna (3,83) e – al quinto posto – Italia, con 3,62 cittadinanze ogni mille abitanti.

Anche se si guarda al tasso di naturalizzazione, cioè alla concessione di cittadinanza ogni cento residenti di origine straniera, svetta la Svezia (che ne dà 10,62 ogni cento stranieri), seguita dai Paesi bassi (4,36) e – in terza posizione – l’Italia, che dà il suo passaporto a 4,25 stranieri ogni cento.

Non quanti, ma chi

In Italia, l’aumento di concessioni è cominciato intorno al 2012, toccando un picco nel 2016, periodo a cui è seguito un saliscendi. Ora siamo arrivati a una nuova vetta, 213.567 nel 2023, di poco superiore ai 213.716 del 2022, ma "molto più numerose rispetto a quelle del 2021 (121.457)", afferma l’Istat, che imputa l’aumento anche alla ripresa post-pandemica del lavoro degli uffici pubblici.

I principali paesi di origine sono Albania e Marocco, seguiti da Romania, Argentina e Brasile. La maggior parte sono state assegnate per residenza (quasi 78mila) e sono 59mila i minori che la ottengono "per trasmissione", dopo che un genitore ha giurato fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi. Insieme valgono quasi il 70 per cento del totale, ma "l’incremento relativo maggiore riguarda tuttavia i procedimenti iure sanguinis, che nel 2023 continuano a crescere sia rispetto al 2021 (+241 per cento) che al 2022 (+31 per cento)", annota l’Istat.

Lo conferma una recente ricerca dell’istituto di statistica e dell’Associazione nazionale degli ufficiali di stato civile e d’anagrafe (Anusca), che hanno verificato "i segnali di un’importante crescita del fenomeno delle acquisizioni di cittadinanza iure sanguinis". Nei 5.019 comuni che hanno partecipato all’indagine (sui 7.901 totali interpellati) nel 2023 sono state concesse 61.328 cittadinanze sulla base dello ius sanguinis sulle 176.121 totali. La stragrande maggioranza è andata a cittadini brasiliani (41.962, pari al 68,5 per cento), seguiti da argentini (12.225, cioè il 19,9 per cento) e statunitensi (886, pari all’1,4 per cento). "Nel breve e medio periodo molto probabilmente il grosso delle acquisizioni iure sanguinis avranno ancora origine dalle forti emigrazioni storiche italiane tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900", si legge nello studio.

Questo dato, però, è "fortemente sottostimato" perché non tiene conto degli atti elaborati dai consolati.

Un altro rapporto dell’Istat, su dati dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), ci dà un’idea: nel 2022 nel resto del mondo "si registrano 85mila acquisizioni di cittadinanza italiana", di cui la metà in base allo ius sanguinis, il 13 per matrimonio e il 38 per trasmissione al minore. Del totale, circa 65mila è stato registrato in America Latina, soprattutto Brasile (oltre 27mila, di cui quasi 10mila a San Paolo) e Argentina (circa 26mila, di cui oltre 13mila a Buenos Aires).

A proposito di argentini... nel rapporto dell’ottobre 2024, basato sui dati delle anagrafi italiane, l’Istat sottolinea che sono quadruplicate le concessioni di cittadinanza dal 2021 al 2023, passando da meno di 4mila a oltre 16mila, "nell’88,9% dei casi in base al principio dello ius sanguinis".

Chi resta ai margini?

E i giovani nati in Italia da genitori stranieri, a cui si pensa di solito quando si parla di riformare le leggi? Le acquisizioni "per elezione" al compimento del 18esimo anno di età sono la fetta minore, seppure in crescita: meno di 8mila nel 2021, quasi 11mila nel 2023 (+35,5 per cento).

Da lavialibera n° 30, Nessuno mi può giudicare

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