In un podcast, i giovani latinos in Italia prendono la parola

Si intitola "Aves, pasaporte a la vida" ed è un podcast realizzato dal progetto Paradero di Torino. Teenager arrivati dall'America meridionale raccontano le loro esperienze, le difficoltà linguistiche e il senso di solitudine. Ma insieme scoprono che integrarsi è possibile

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

21 dicembre 2023

"Appena arrivata in Italia, a scuola non potevo integrarmi e parlare italiano. C’erano alcuni professori che non sono stati pazienti con me e non sapevano ascoltarmi", ricorda una giovane. "Quando sono arrivato mi sentivo a disagio per strada nei primi mesi. Non sapevo come comportarmi, dove andare", è il senso di spaesamento descritto da un ragazzo. Sono due teenager arrivati a Torino soprattutto da Perù, ma anche El Salvador, Argentina, Ecuador e altri paesi dell’America Latina, ricongiunti dopo anni alle loro madri, che li hanno preceduti lasciandoli a lungo senza la loro presenza, oppure atterrati insieme alle famiglie, seguendo i progetti degli adulti. Questi teenager spaesati e sperduti, abbandonati un po’ a se stessi in una città che non è la loro, hanno raccontato le loro esperienze migratorie nel podcast Aves, pasaporte a la vida, realizzato dal progetto Paradero della cooperativa Esserci.

"Figlia di migranti, nego me stessa per essere accolta"

Il podcast del progetto Paradero

“I figli subiscono il progetto migratorio dei genitori. I percorsi educativi si bloccano se non sono regolari”Bruno Alvarez Silva - Mediatore culturale

"È un progetto partito nel 2012 destinato ai figli che venivano in Italia per ricongiungersi coi genitori dopo un periodo di separazione", spiega Jessica Munzi della cooperativa. Il progetto propone a questi adolescenti momenti di socializzazione, laboratori, uscite: "Cerchiamo di attrarli e creare un rapporto di fiducia per poi poter orientarli meglio", aggiunge la sua collega, Luisa Gallego.

Tra le attività proposte, nella scorsa primavera alle ragazze e ai ragazzi che hanno aderito al progetto, tutti giovani tra i 14 e i 23 anni, è stato proposto un gioco: raccontare se stessi e le proprie esperienze, anche in maniera anonima. "Sono emerse le storie legate ai documenti e al permesso di soggiorno. Quasi tutti i partecipanti sono irregolari", dice Bruno Alvarez Silva, mediatore culturale. Arrivano con un visto turistico e, alla scadenza dei tre mesi, diventano “clandestini”. "Le famiglie non conoscono i paletti legali – prosegue –. I genitori si arrangiano con il lavoro in nero e i figli subiscono il progetto migratorio. I percorsi educativi si bloccano se non si è raggiunta la regolarità. Questo significa poter andare a scuola, ma non poter ottenere un diploma o un attestato, ma anche non poter ottenere certificati medici e quindi partecipare ad attività sportive o di volontariato".

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