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22 aprile 2025
Il Pontefice venuto “dalla fine del Mondo”, che non conosceva le mafie, è sicuramente quello che sulle mafie è intervenuto in modo più concreto e efficace. Con gesti e parole chiare e definitive, ma cominciando con la semplicità e l’umiltà di ci sa di non sapere e vuole imparare per poi intervenire. L'ha fatto stando dalla parte delle vittime, di chi ha sofferto e soffre, senza però chiudere mai la porta ai carnefici.
Addio a Papa Francesco, il messaggio di Luigi Ciotti: "Non deludiamo la sua speranza"
Il primo gesto, le prima parole arrivano appena un anno dopo la sua elezione. È il 2014, e in preparazione della 19sima edizione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che si terrà a Latina, don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, lo incontra privatamente. “Gli ho chiesto se se la sentiva di incontrare un migliaio di familiari di vittime delle mafie. Mi ha detto subito 'io vengo'. E poi la sua onestà, la sua umiltà, quando mi diceva che di mafia sapeva poco, 'mi mandi qualche appunto…'. Li ho preparati. E lui dirà poi delle parole meravigliose”. Bergoglio, cardinale argentino, conosce bene la corruzione purtroppo così di casa nel suo Paese. E nei suoi interventi ne parla spesso. Alcuni diventati famosi. A Scampia dice che “un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione 'spuzza'”, aggiungendo che “corruzione è una tentazione, uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza”. E che le tangenti sono il “pane sporco” portato “a casa a propri figli”.
Di mafia, come ammette con don Luigi, sa quasi poco ma impara subito, da quel 20 marzo 2014, quando nella chiesa romana di San Gregoro VII incontra i familiari delle vittime dei clan. Con due gesti che parlano da soli: entra in chiesa dando la mano a don Luigi, sacerdote per tanto tempo criticato anche nella Chiesa, tenuto ai margini. Lo ricorderà nove anni dopo incontrando le donne e i figli del progetto Liberi di scegliere, che tutela donne e minori che decidono di allontanarsi dalle famiglie criminali. “Una mia cugina mi scrisse 'Stai attento con le cattive compagnie. Non è grano pulito'. Ma non è vero”.
Lo sanno bene i familiari delle vittime delle mafie che lo vedono indossare la stola di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994, e ascoltare l’interminabile elenco di centinaia di nomi di vittime innocenti, col capo sempre più chino, come a volersi caricare di tutto quel dolore. Al termine ringrazia i familiari “per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi”.
"Ai grandi protagonisti assenti, agli uomini e alle donne mafiosi dico: per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! Noi preghiamo per voi"Papa Francesco
Poi la sorpresa, le parole che nessuno si aspetta. “Sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi”. Aggiungendo parole che a molti fanno venire in mente quelle di Paolo VI alle Brigate Rosse durante il rapimento di Aldo Moro: “Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. È quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi”.
Papa Francesco comincia così il suo dialogo coi mafiosi, un parlare diretto, fatto di chiarezza. Un dialogo che non si ferma. Appena tre mesi dopo, il 21 giugno, in Calabria, nella Piana di Sibari, l’omelia davanti a 200mila persone è un ulteriore passo avanti. Poche ore prima ha incontrato i familiari del piccolo Cocò Campolongo, appena tre anni, ucciso e poi bruciato il 16 gennaio a Cassano all’Jonio, con il nonno e la compagna dell’uomo. E ora pronuncia parole definitive: “La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”.
Parole che si concretizzano in fatti, in azione pastorale. Così Papa Francesco istituisce un gruppo di lavoro sulla corruzione, le mafie e la scomunica, costituito da magistrati, teologi, vescovi, sacerdoti in prima linea, per capire come tradurre in norma le sue parole, perché si accorge che queste norme non ci sono. Mentre alle mafie bisogna rispondere con fatti concreti. Nelle parole di Bergoglio, giustizia e misericordia si tengono per mano. Il 9 maggio 2021, in occasione della beatificazione del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla stidda il 21 settembre 1990, dice: “Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere”. Parla anche il 15 settembre 2018 a Palermo, in occasione dei 25 anni dalla morte di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso da Cosa nostra il 15 settembre 1993: “Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore”. E ancora si rivolge direttamente agli uomini e alle donne di mafia. “Ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”.
Li chiama “fratelli e sorelle”, non sbarra la porta, li invita, li attende. Ma indica anche come contrastare le mafie, denunciando sia l’antimafia da passerella, da opinionisti, che il perbenismo di facciata, che non si sporca le mani. “Don Pino lo insegna: non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è sempre perdente…Chi ama, invece, ritrova se stesso e scopre quanto è bello aiutare, quanto è bello servire; trova la gioia dentro e il sorriso fuori”.
"Voi siete nate e cresciute in contesti inquinati dalla criminalità mafiosa, e avete deciso di uscirne. Benedico questa vostra scelta, e vi incoraggio ad andare avanti. Non siete sole, continuate a lottare"Papa Francesco - alle donne del progetto Liberi di scegliere
È il sorriso con il quale Papa Francesco il 30 ottobre 2023 accoglie in Vaticano alcune decine di donne e bambini provenienti da famiglie mafiose. Sono le mamme che hanno scelto di cambiare e di “uscire dai contesti inquinati dalla criminalità mafiosa”, come le definisce il Papa. Protagoniste, coi loro figli, del progetto Liberi di scegliere, nato dalla collaborazione tra il Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria, Libera e la Conferenza episcopale italiana che lo sostiene economicamente. Un incontro chiesto ancora una volta da don Ciotti e a cui Francesco subito dice di “sì”. E le sue parole lo dimostrano. “Voi siete nate e cresciute in contesti inquinati dalla criminalità mafiosa, e avete deciso di uscirne. Benedico questa vostra scelta, e vi incoraggio ad andare avanti. Immagino che ci siano momenti di paura, di smarrimento, è normale. In questi momenti pensate al Signore Gesù che cammina al vostro fianco. Non siete sole, continuate a lottare”.
Con Liberi di scegliere un'altra via è possibile
C’è uno stretto legame con il suo primo incontro 9 anni prima coi familiari delle vittime di mafia. Allora si era rivolto agli uomini e alle donne mafiose. Oggi sono davanti a lui, quelle donne coi loro figli, come ad aver raccolto quel suo appello. “Voi sapete che tra i discepoli di Gesù c’erano anche alcune donne. Quelle donne – come del resto gli uomini – non erano persone perfette, non erano “angeliche”: erano donne provate dalla vita, a volte “contagiate” dal male. Erano donne che Gesù ha accolto con compassione con tenerezza e le ha guarite. Pensiamo alla Maddalena. Con Lui hanno fatto il cammino della liberazione. È così: si diventa liberi non per magia, ma camminando con il Signore, condividendo i suoi passi, la sua strada, che passa necessariamente attraverso la croce e porta alla risurrezione”.
Quella porta aperta verso una rinascita, come quelle che rappresentano i beni confiscati alle mafie e riutilizzati a fini sociali. Tema fondativo di Libera, che vede tante realtà impegnate sui territori. Papa Francesco le invita il 19 settembre 2024 in Vaticano. È la prima volta: magistrati, giuristi, vescovi, operatori del sociale riuniti in un convegno organizzato da Libera e dall’Accademia pontificia delle scienze sociali. Dal Papa vengono ancora parole di speranza e di incoraggiamento. “Recupero dei beni non dovrebbe limitarsi ad un obiettivo di politica sicuritaria, ma ispirarsi alla riparazione e ricostruzione del bene comune”.
Papa Francesco sui beni confiscati: "Il modello italiano è un buon esempio"
Così, di fronte a una criminalità organizzata che “nella sua brutalità, attenta al bene comune, attacca milioni di uomini e donne che hanno il diritto di vivere la propria vita e di crescere i propri figli con dignità e liberi dalla fame e dalla paura della violenza, dell’oppressione o dell’ingiustizia”, bisogna “prestare attenzione sull’urgenza di recuperare il bene di tutte le persone, uomini e donne, il bene comune, dove tutti contano e nessuno viene scartato, dove il progetto comune, al servizio della dignità umana, supera la somma individuale di ciascuno. Senza perdere di vista le vittime e la comunità, considerando il diritto e la giustizia come pratica la cui missione è costruire un mondo migliore”. Recuperare il bene di tutte le persone, parole che mi sono tornate in mente leggendo il messaggio di Francesco (non è il suo nome), collaboratore di giustizia. Mi ricorda, commosso, l’intervista che gli feci dopo le parole di Papa Francesco nell’incontro coi familiari delle vittime delle mafie. “Vado nelle scuole a raccontare la mia vita, a spiegare che anche noi possiamo cambiare, possiamo convertirci come ha chiesto Papa Francesco” mi disse allora. Parola di "ex boss”, mi scrive oggi, confermando i frutti di quel dialogo aperto undici anni fa.
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