Uno dei dispositivi usati dai cittadini di Genova per misurare l'inquinamento dell'aria, accanto alle fotografie che documentano le fumate nere delle navi. Foto di Paolo Valenti
Uno dei dispositivi usati dai cittadini di Genova per misurare l'inquinamento dell'aria, accanto alle fotografie che documentano le fumate nere delle navi. Foto di Paolo Valenti

Misurare per respirare: la battaglia dei cittadini contro i fumi tossici nei porti d'Europa

Da Genova al mare del Nord passando per le coste albanesi, i residenti delle aree portuali in Europa sono esposti ad alti livelli di sostanze dannose per la salute, rilasciate dalle grandi navi o dalle industrie. Dove l'azione delle autorità è carente, gruppi spontanei si organizzano per monitorare autonomamente l'inquinamento e chiedere risposte

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

24 settembre 2025

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"Vedi? Questo è ciò che respiriamo ogni giorno". Mauro, residente del quartiere San Teodoro di Genova, indica il fumo nero che esce dalla ciminiera di una grande nave da crociera in partenza dal porto. Nonostante il molo disti un chilometro in linea d'aria, l’odore dei gas e il rumore incessante dei motori fanno parte della vita quotidiana del quartiere, così come la malattia: “Su 120 famiglie, abbiamo avuto 33 morti per cancro in 35 anni”. Da un anno, però, la rassegnazione si è trasformata in azione: Mauro e sua moglie Gabriella, insieme ad altri cittadini e associazioni locali, hanno iniziato a documentare i fumi con fotografie su Facebook e a misurare le emissioni con piccoli dispositivi appesi ai balconi. “Non dovremmo lottare per respirare – dice l’avvocatessa Anna Gerometta, presidente dell'associazione Cittadini per l’aria –. Dovrebbe essere compito delle amministrazioni garantire il diritto alla salute”.

"Non dovremmo lottare per respirare, dovrebbe essere compito delle amministrazioni garantire il diritto alla salute"Anna Gerometta - Cittadini per l'aria

Genova condivide il destino di molte altre città portuali europee, dove il traffico marittimo e le industrie concentrate in quelle aree, spesso essenziali per l’economia locale, provocano alti livelli di inquinamento dell'aria, con gravi rischi per la salute dei cittadini. L'esposizione agli ossidi di azoto e di zolfo derivanti dalla combustione dei carburanti fossili favorisce l'insorgere di malattie respiratorie e cardiovascolari, mentre le polveri sottili possono penetrare nel flusso sanguigno e danneggiare gli organi, come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

I processi contro i crimini ambientali finiscono spesso nel vuoto

Le leggi in materia non mancano: lo scorso dicembre è entrata in vigore la nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria, che abbassa i valori limite per gli inquinanti e richiede agli Stati membri di adeguarsi entro il 2030. “I livelli autorizzati sono comunque ancora troppo alti rispetto alle raccomandazioni dell’Oms e il testo prevede che le ‘zone in cui le condizioni sono particolarmente difficili’ possano posticipare il rispetto dei limiti”, dice Sönke Diesener, policy officer di Nabu, la più grande ong ambientale tedesca, che monitora l’inquinamento portuale da più di dieci anni. “L'adeguamento rappresenta comunque un obiettivo ambizioso per le città portuali, visto il punto di partenza. Il problema è che non si fa abbastanza per controllare e far rispettare i limiti”.

Per colmare questo vuoto, cittadine e cittadini di diverse località hanno iniziato a monitorare autonomamente l'inquinamento in un'ottica di citizen science, utilizzando poi i risultati per spingere le autorità a fare meglio. Questo reportage, frutto della collaborazione tra tre redazioni, esplora diverse iniziative di questo tipo tra Paesi Bassi, Italia e Albania

Genova, gli occhi sulle grandi navi

È il 9 giugno del 1999 quando Marina Bellinazzo, cittadina di Genova, scrive all’Ufficio della tutela dell’ambiente e alla Capitaneria di porto: “Intendo segnalare l’inquinamento atmosferico provocato per parecchie ore e quasi ogni giorno dalle emissioni ei fumo da parte di navi passeggeri e porta containers attraccate ai diversi moli del porto e alla Calata Sanità”. Fa l’elenco delle navi, ricorda le normative a cui le navi dovrebbero sottostare e chiude: “Tutto questo a difesa della salute della cittadinanza”. 25 anni dopo, con la stessa determinazione, 17 associazioni della città, in particolare nel quartiere di San Teodoro, hanno formato una rete per continuare a chiedere conto della qualità dell’aria. Dai balconi delle loro case si vedono il mare, le imbarcazioni da crociera e i traghetti. Insoddisfatti del lavoro delle istituzioni che si dovrebbero occupare di monitorare e abbassare i livelli di inquinamento, un gruppo di loro è diventato “Sentinella dell’aria” e ogni giorno si affaccia alla finestra o si avvicina al porto e scatta le foto alle navi mentre il fumo nero esce mentre sono in porto. 

Genova, vista del porto dal quartiere di San Teodoro. Foto di P. Valenti
Genova, vista del porto dal quartiere di San Teodoro. Foto di P. Valenti

Sentinelle dell'aria

Oltre a questo tipo di attività, il gruppo è impegnato nel portare dati all’amministrazione locale e all’agenzia per la protezione dell’ambiente. Così, mettendo insieme le professionalità dei membri delle associazioni, ognuno ha portato le proprie competenze. Quando incontriamo alcuni rappresentanti delle associazioni nel quartiere di San Teodoro, ci mostrano alcuni studi che, negli anni, hanno sottolineato i rischi di un’esposizione così intensa ai fumi delle navi ormeggiate. “Il porto si legge in una delle pubblicazioni su una rivista per medici e odontoiatri del 2018 – rappresenta, dopo la sanità, il campo che offre maggior quota di occupazione a Genova, ovviamente considerando tutto l’indotto. Ma è assolutamente urgente che questa attività si svolga nel rispetto dell’ambiente e della salute di tutti i cittdini genovesi”. Il trade-off lavoro-salute in città è ancora un tema che si fa sentire. “È un po’ difficile parlarne con chi vive i nostri stessi spazi, la nostra città – commenta Eliana Pastorino, referente della rete –. Ma noi vogliamo mettere le persone nelle condizioni di sapere che l’aria che stanno respirando non è sempre buona”. 

Per riuscire a confrontare i dati con quelli ufficiali e per implementare il sistema di monitoraggio, gli attivisti hanno comprato dei Radielli, dispositivi professionali per monitorare la qualità dell’aria. Queste apparecchiature sono talmente leggere che si potrebbero appendere anche agli indumenti. In questo caso, sono stati appesi sui balconi, in modo tale da essere esposti all’inquinamento del porto. “Il lavoro che abbiamo fatto integra quello delle istituzioni – commenta Federico Valerio, altro esponente della rete –. Abbiamo mappato l’inquinamento e le zone più esposte. Facciamo poi un lavoro di condivisione di un bollettino giornaliero della qualità dell’aria: vento, pioggia, concentrazioni di biossido di azoto e anidride solforosa e poi il traffico veicolare navale”. Un aggiornamento che viene postato su Facebook. 

A Genova, cittadini e associazioni hanno instaurato un dialogo costruttivo con la Capitaneria di porto, che ha aumentato i controlli sulle navi

Dialogo costruttivo

I traguardi raggiunti in questi anni sono molti: con la Capitaneria di porto si è instaurato un dialogo costruttivo che ha portato ad aumentare i controlli sulle navi, anche su diretta segnalazione delle Sentinelle, mentre al loro fianco si è attivato il Difesore civico della regione e garante della salute. Anche la giunta comunale, insediata da alcuni mesi, ha partecipato ad alcune riunioni dei comitati. Rimangono alcuni limiti. Innanzitutto, il lavoro volontario dei cittadini non può sopperire alle mancanze degli attori pubblici che si occupano di salute pubblica; poi c’è l’interlocuzione più difficile con l’amministrazione regionale, con il presidente Marco Bucci, che prima era sindaco di Genova

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C’è infine un nodo importante per quanto riguarda l’innovazione del porto: con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, si sta elettrificando una parte del porto di Genova: la data per l’ultimazione dei lavori è il 31 dicembre 2025. Poi si dovrà capire chi fornirà l'elettricità e a che prezzo. In questo modo, le navi da crociera potranno alimentarsi senza dover tenere i motori accesi per tutto il tempo dello stazionamento in porto. Una svolta per la salute dei cittadini di Genova. 

Durazzo, giovani contro l'inquinamento del porto

A Durazzo, uno dei principali hub commerciali dell'Albania, a farsi carico di questa battaglia sono i residenti più giovani. Il porto della città è un importante snodo per il trasporto marittimo e stradale, oltre che per le attività industriali, con un forte impatto sulla qualità dell'aria e la salute dei cittadini. In assenza di misurazioni regolari da parte delle istituzioni statali, un gruppo di giovani attivisti locali ha iniziato a misurare il livello di inquinanti portando dispositivi portatili in alcuni dei punti più critici del porto, condividendo poi i risultati su Facebook. Denisa Kasa, 25 anni, ricorda con nostalgia i pomeriggi della sua infanzia lungo il vecchio lungomare Volga: “Soffiava sempre una forte brezza di mare. Ora bisogna allontanarsi dalla città per respirarla”, racconta. Eppure i dati ufficiali sull'inquinamento sono carenti. “Ecco perché abbiamo deciso di monitorare da soli”, spiega.

Dispositivo di misurazione dell'inquinamento utilizzato dai giovani attivisti a Durazzo (Albania). Foto di Erida Shani
Dispositivo di misurazione dell'inquinamento utilizzato dai giovani attivisti a Durazzo (Albania). Foto di Erida Shani

Il dispositivo utilizzato registra cinque principali inquinanti: monossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO₂), polveri sottili (PM₂.₅ e PM₁₀) e biossido di azoto (NO₂). Le rilevazioni sono state effettuate in cinque punti strategici intorno al porto, dove la concentrazione di veicoli e attività industriali è più alta. Secondo l’esperto ambientale Imeldi Sokoli, la metodologia utilizzata si basa su pratiche di monitoraggio precedenti di organizzazioni della società civile, con l’obiettivo non solo di fornire una panoramica della situazione, ma anche di sensibilizzare il pubblico. “Le istituzioni spesso non dispongono di fondi per questi studi, ecco perché il coinvolgimento dei giovani e della comunità è essenziale”, sottolinea.

Un quadro preoccupante

I risultati dipingono un quadro preoccupante: PM₂.₅ e PM₁₀ hanno superato i limiti legali rispettivamente fino a due e 3,5 volte, confermandoli come la principale minaccia per la salute, e anche i livelli di CO₂ sono risultati di molto superiori agli standard, risultato della combinazione tra traffico urbano e attività industriali. Il biossido d'azoto è rimasto invece entro i limiti consentiti, probabilmente grazie alla dispersione del vento e alle condizioni metereologiche, così come il monossido di carbonio. Per l’esperta ambientale Greta Shehu, i rischi più gravi per la salute derivano dalle polveri sottili come le PM₂.₅: “A causa delle loro dimensioni ridotte, penetrano in profondità nel sistema respiratorio e sono legate a malattie cardiovascolari e polmonari croniche, soprattutto nei bambini e negli anziani”.

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"La situazione è allarmante, ma non senza soluzioni. Serve agire subito"

Per giovani come Denisa, il fatto che le misurazioni siano state effettuate dai cittadini stessi rappresenta un passo importante verso consapevolezza e azione. “Dobbiamo parlare apertamente di questi problemi, richiedere un sistema urbano migliore, sostituire le auto con le biciclette e creare spazi in cui i giovani possano essere coinvolti”, afferma. Gli esperti evidenziano alcune soluzioni concrete: gestione del traffico e maggiore utilizzo di trasporto pubblico più pulito (standard Euro 6); limitare le operazioni di carico e scarico del porto nelle ore di punta; incrementare le aree verdi e piantare vegetazione che assorbe CO₂; rafforzare i piani comunali e intensificare i controlli sulle fonti di inquinamento. “La situazione è allarmante, ma non senza soluzioni. Serve agire subito”, conclude Sokoli.

IJmuiden, il costo nascosto dell'acciaio olandese

A Wijk aan Zee, vicino al porto olandese di IJmuiden, tra la spiaggia e dalle dune che danno sul Mare del Nord, si trova lo stabilimento siderurgico Tata Steel. Si tratta della maggior fonte di inquinamento dei Paesi Bassi in termini di CO₂, ossidi di azoto e metalli pesanti come piombo e mercurio, sostanze che comportano gravi rischi per la salute degli abitanti della zona. Le malattie cardiovascolari e i tumori sono significativamente più comuni qui, e i medici della zona si trovano di fronte a sintomi acuti più frequentemente rispetto ad altre aree industriali residenziali nei Paesi Bassi. Di conseguenza, gli abitanti della regione spendono quasi 200 euro in più ogni anno per la sanità rispetto agli altri cittadini olandesi. La speranza di vita è in media 2,5 mesi più corta rispetto al resto del Paese, e il cancro ai polmoni si manifesta fino al 50% più frequentemente tra chi vive vicino a Tata Steel rispetto alla media nazionale.

Tata Steel IJmuiden (Paesi Bassi), foto di Esmée Koleman
Tata Steel IJmuiden (Paesi Bassi), foto di Esmée Koleman

Quando Sanne Walvisch, suo marito e due bambini piccoli hanno avuto l’opportunità di trasferirsi a Wijk aan Zee, erano felicissimi. Si sono innamorati del posto e si sono sentiti subito accolti dalla comunità. Poco dopo, hanno ricevuto una telefonata da un responsabile di Tata Steel: “Ci ha detto che, come nuovi residenti con due bambini piccoli, potevamo richiedere voucher per la pulizia in caso di disturbo da polvere proveniente dalla fabbrica. All’epoca l’ho apprezzato molto”. Sanne e la sua famiglia sperimentavano di tanto in tanto problemi di polvere, ma non li consideravano gravi, anzi amavano vivere vicino alla spiaggia. 

L'esposizione prolungata alle piogge di grafite provenienti dall'industria può provocare danni neurologici ai bambini. "Mia figlia le chiamava piogge di unicorno, sembravano glitter"

"Pioggia di unicorno"

Qualche anno dopo, però, hanno avuto una sorpresa: le cosiddette “piogge di grafite”. “Mia figlia, che aveva cinque o sei anni, le chiamava piogge di unicorno, perché sembrava che tutte le strade fossero coperte da un piccolo strato di glitter. Come se qualcuno avesse sparso glitter per il villaggio”, spiega Walvisch. Ma questo glitter “magico” era tutt’altro che innocuo. La pioggia di grafite consiste in nuvole di polvere rilasciate quando gli scarti della produzione dell’acciaio, sotto forma liquida, vengono versati dai forni. La grafite di Tata Steel contiene così tanti metalli che un’esposizione prolungata può causare disturbi neurologici nello sviluppo, soprattutto nei bambini, il cui cervello è ancora in fase di sviluppo. Gli abitanti della zona devono chiudere porte e finestre quotidianamente e pulire spesso le finestre a causa della polvere proveniente dall’industria.

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Tata Steel ha organizzato un incontro informativo dopo le prime piogge di grafite, in cui il direttore ha parlato ai residenti locali. “Ha ammesso che non ne avevano il controllo, ma ha risposto alle domande dei residenti preoccupati in maniera molto presuntuosa”, ricorda Walvisch. “Ero scioccata. Il fatto che una fabbrica potesse inquinare con sostanze così pericolose e la mancanza di risposte non combaciavano con l’immagine dei Paesi Bassi come Paese ben organizzato, con regolamenti e leggi rigorose”. Poco dopo, l’Istituto nazionale per la salute pubblica e l’ambiente ha pubblicato studi che collegano le piogge di grafite a disturbi neurologici nello sviluppo, seguiti da un altro rapporto che mostra un aumento significativo delle sostanze cancerogene, quadruplicate in un solo anno.

I risultati del monitoraggio

Per Walvisch e altri residenti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: era ormai chiaro che la legislazione, la regolamentazione e la vigilanza non erano adeguate a proteggere i cittadini. Così è nata l’iniziativa civica Frisse Wind (“Aria fresca”), che da oltre cinque anni combatte contro le emissioni nocive di Tata Steel. Frisse Wind ha promosso varie cause legali, come quella in cui 1100 residenti hanno denunciato i danni subiti a causa della fabbrica. All’interno di questa lotta, la citizen science è stata una svolta, secondo i fondatori. La casa di uno di loro offre un'ampia visuale sulla fabbrica. Hanno così deciso di sfruttarla installando telecamere per monitorare l’inquinamento. Il colore delle nuvole emesse dai camini indica quali sostanze potrebbero essere presenti: nero, giallo, arancione e marrone segnalano spesso sostanze tossiche e persino illegali.

Frisse Wind ha spinto l'agenzia preposta a migliorare l'attività di monitoraggio. Tata Steel è stata multata più volte e ha iniziato a segnalare autonomamente le emissioni nocive

All’inizio i cittadini individuavano queste nuvole manualmente, analizzando le registrazioni sui computer e sui telefoni. In due anni, hanno individuato 2.500 nuvole tossiche, tra cui decine contenenti sostanze illegali. Le segnalazioni sono state inviate all’agenzia governativa locale responsabile del monitoraggio, che ha multato Tata Steel più volte. Tuttavia, individuare tutte queste nuvole manualmente richiedeva troppo tempo. Per questo, alcuni specialisti di intelligenza artificiale interessati alla missione di Frisse Wind hanno sviluppato uno strumento in grado di rilevarle automaticamente. Questo sistema funziona da un anno e fa risparmiare molto tempo. Solo lo scorso anno, Tata Steel è stata multata per la settima volta dall’inizio della sorveglianza dei cittadini, per un totale di 100mila euro di sanzioni.

Prima che Frisse Wind iniziasse il monitoraggio con telecamere, l’agenzia governativa osservava Tata Steel solo sporadicamente. Come hanno dimostrato i cittadini con i loro report, l’agenzia non era in grado di monitorare adeguatamente la fabbrica. Un anno dopo l’installazione delle telecamere dei residenti, anche l'ente ha installato i propri sistemi di sorveglianza e ha iniziato a sviluppare un sistema di inetelligenza artificiale simile. Non solo: anche l'azienda stessa ha iniziato a segnalare autonomamente alle autorità fino a quattro volte più spesso le emissioni illegali. Nel luglio 2024, il Parlamento olandese ha approvato una mozione per sottoporre Tata Steel a una revisione indipendente. Secondo i promotori della mozione, i residenti hanno dimostrato che l’agenzia locale “non ha mai avuto la capacità di controllare un’azienda così grande”.

Lezioni dal campo

Dai balconi di Genova alle strade di Durazzo passando per le spiagge di Wijk aan Zee, le esperienze di attivismo in difesa della qualità dell'aria mostrano come la citizen science possa contribuire a documentare ciò che spesso sfugge ai controlli ufficiali e a riportarlo all’attenzione pubblica. Non solo: in molti casi diventa occasione per creare alleanze nuove tra cittadini, associazioni e talvolta istituzioni. Non mancano i limiti: il monitoraggio volontario "dal basso" non può sostituire sistemi strutturati né far rispettare le normative, raccogliere dati solidi comporta competenze e strumenti costosi e la sostenibilità sul lungo periodo di queste iniziative dipende dalla disponibilità di tempo e risorse da parte dei volontari. Inoltre, la partita sull’aria pulita si gioca in territori segnati da forti interessi economici, che spesso rallentano le decisioni politiche. Se l’attivismo civico è indispensabile per rendere visibile l’invisibile, non è sufficiente: la tutela della salute richiede scelte politiche chiare e controlli realmente efficaci.

Questo reportage è stato realizzato grazie al sostegno di Journalismfund Europe, con tutoraggio e il sostegno di Transitions, alla collaborazione con Pozitivi (Albania) e Momus (Paesi Bassi). Hanno contribuito anche Andrea Giambartolomei, Karolina Rista, Erida Shani, Esmeralda Keta, Tim de Jong ed Esmée Koeleman.

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