Regali, forniture e nomine: così la 'ndrangheta controllava l'Asp di Reggio Calabria

Dall'operazione Chirone scattata stamane emergono i volti del sistema criminale – fatto di medici, politici, dirigenti ed esponenti delle cosche – che nel 2019 ha portato al commissariamento dell'Asp reggina

Francesco Donnici

Francesco DonniciGiornalista

23 marzo 2021

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Con l’operazione Chirone – scattata alle prime luci dell'alba a Reggio Calabria nei confronti di 14 persone – le indagini che a marzo 2019 hanno portato al commissariamento dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Reggio Calabria prendono un volto: medici, persone gravitanti nell’ambito politico, dirigenti sanitari ed esponenti delle cosche, tutti aggregati in un unico sistema finalizzato all’illecito profitto.

Imposizione di forniture di materiale medico, nomine di dirigenti orientate, fatture emesse in forma privilegiata a società controllate e un diffuso sistema corruttivo sono solo un frammento dello spaccato emergenziale della sanità calabrese. Questo frammento diventa oggetto di un’attività d’indagine della procura distrettuale di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, durata circa due anni e circoscritta allo scorso 2018.

Prima della pandemia

"Con l'arrivo di Covid-19 le cosche non hanno avuto difficoltà ad approfittare della situazione grazie a un sistema rodato da anni"Pasquale Angelosanto - comandante dei Ros

Quando i signori della Piana di Gioia Tauro, la potente cosca Piromalli “conosciuta sia in Italia che all’estero”, hanno deciso di estendere le proprie mire al settore sanitario, la pandemia non era nemmeno ipotizzabile. Ma quando è arrivata, anche a fronte del sopraggiunto commissariamento delle due principali Asp della regione (Reggio Calabria e Catanzaro), “le cosche non hanno avuto difficoltà a profittarne, grazie al sistema rodato negli anni”, ha spiegato il comandante dei Ros, Pasquale Angelosanto.

Già in quella fase, ricorda il procuratore aggiunto Gaetano Paci che ha coordinato le indagini, il commissariamento “aveva evidenziato ‘la presenza di organizzazioni criminali nelle pubbliche istituzioni favorita da soggetti che hanno messo a disposizione il loro ruolo professionale nell’ottica di un totale asservimento della funzione pubblica’”. Di fatto si dava come consolidata “l’infiltrazione [della ‘ndrangheta] nelle istituzioni pubbliche per orientare le scelte generali e particolari, per accaparrarsi risorse e finanziamenti sotto varie forme, imporre assunzioni di persone di fiducia”. Colpisce soprattutto come le criticità dell’azienda sanitaria “note da anni, non siano mai state affrontate dai responsabili che si sono succeduti alla guida”.

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Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia

La longa manus sull’Asp di Reggio Calabria è quella della cosca Piromalli, egemone nella Piana di Gioia Tauro. Gli interessi verso il comparto sanitario rappresentano una piccola parte degli illeciti affari del clan attivo anche e soprattutto nel settore degli appalti e dell’agroalimentare.

La proiezione sulla sanità è facilitata dalla famiglia Tripodi, organica ai Piromalli come già evidenziato nelle inchieste Provvidenza e Mammasantissima. Un punto di partenza che permette agli inquirenti di ricostruire un sistema complesso anche facendo perno sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Antonio Russo, Marcello Fondacaro, Mesiani Mazzacuva, Pasquale Labate, solo per citarne alcuni. Il loro dire converge sull’assunto che “a Gioia Tauro comandavano i Tripodi”, che erano interlocutori dei Piromalli anche oltre la provincia, come attestano i rapporti con i Mancuso di Limbadi, nella zona del Vibonese.

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Tra le voci dei pentiti, oggi spicca quella di Andrea Mantella, gestito dalla Dda di Catanzaro e tra i principali collaboratori alla base dell’attività che ha portato all’istruzione del maxiprocesso Rinascita-Scott. Mantella fa riferimento a “Franco” Tripodi quale aderente alla cosca Piromalli, richiamando il suo tentativo di accedere a certificazioni mediche false per ovviare al suo stato detentivo. I principali soggetti coinvolti sono Giuseppantonio e Francesco Michele detto “Franco” Tripodi, medici deceduti entrambi nel 2018. Il secondo ha sposato la figlia di “Don Mommo” Piromalli, classe 1918, lo storico boss della Piana. Suo figlio, Fabiano Tripodi (anche lui medico), tra gli odierni indagati, risulta quale “figura di riferimento degli assetti societari operanti nel settore sanitario della Minerva srl, Mct distribution&service srl e Lewis medical srl.

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La pax sanitaria delle famiglie del mandamento tirrenico

Dalla ricostruzione degli inquirenti emerge come le cosche avessero lavorato al fine di creare dei canali all’interno dei presìdi di Polistena, Gioia Tauro, Melito Porto Salvo e negli ultimi tempi anche Locri e Reggio Calabria, dove tentavano di infiltrarsi grazie ai contatti derivanti da Antonino Coco, noto ginecologo candidato con la Lega alle ultime elezioni regionali e già in quiescenza all’epoca dei fatti. Il fine era quello di forniture di dispositivi medici e sanitari da parte delle società oggetto di una “fatturazione privilegiata”.

L’organigramma societario svela qualcosa in più. “Emergono le cointeressenze, oltre che dei Piromalli, anche dei Molè”, sottolineano gli inquirenti. Ulteriore testimonianza del “processo di normalizzazione registrato nell’area” dopo lo spaccato creatosi tra le famiglie del mandamento tirrenico che ha portato all’omicidio di Rocco Molè, secondo il pentito Furfaro, ordinato proprio dai Piromalli.

“Per raggiungere gli scopi le cosche non dovevano più ricorrere alla violenza o alle minacce: bastava il blasone della famiglia di riferimento per imporre la loro volontà”Giovanni Bombardieri - procuratore capo Dda Reggio Calabria

Non solo. Una delle società coinvolte, la Lewis medical srl ha come rappresentante Giancarlo Arcieri, anche lui nella lista degli odierni indagati e già noto come attiguo alla cosca Pesce di Rosarno. Una convergenza di interessi in una struttura “che aveva tutte le fattezze della ‘holding criminale’” e che si è tradotta in un provvedimento di sequestro per un ammontare complessivo di otto milioni di euro. Quattrocentomila sono invece i capitali illecitamente attratti grazie al sistema delle forniture. “Per raggiungere gli scopi prefissatisi – evidenzia il procuratore capo Bombardieri – le cosche non dovevano più ricorrere alla violenza o alla minaccia, ma come nelle migliori organizzazioni di ‘ndrangheta, bastava il blasone della famiglia di riferimento per imporre la loro volontà”.

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Le forniture mediche e il libro contabile della corruzione

Le cosche avevano acquisito “una posizione dominante” arrivando ad “alterare o addirittura imporre” la nomina dei dirigenti, tra cui “l’attuale direttore del distretto Tirrenico, Salvatore Barillaro (accusato di concorso esterno e ora agli arresti domiciliari, ndr), nome imposto su precisa volontà dei Tripodi”. Grazie al dirigente, le cosche sarebbero riuscite a “controllare quel distretto sanitario, sia per le forniture di dispositivi medici, che per influenzare i trasferimenti del personale”.

In principio era la Minerva, società costituita negli anni Ottanta grazie a una cospicua dazione di "don Piromalli". Negli ultimi anni, invece, attraverso la Mct e la Lewis – che fungeva da schermo essendo aggiudicatrice di appalti di fornitura – la cosca è riuscita a ottenere gli ordinativi per la fornitura dei materiali medici. I proventi delle forniture venivano ripartiti tra le due società al 50 per cento per eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale. “Le predette aziende – si legge nella ricostruzione – riuscivano ad accaparrarsi le forniture di prodotti medicali negli ospedali e poliambulatori reggini, sia ricorrendo a procedure di affidamento diretto, sia attraverso un collaudato sistema di corruttela del personale medico e paramedico”.

In altri termini, per far funzionare il sistema, la premura era quella di inserire nelle aziende mediatori di riferimento o di intervenire con “regali consistenti in dazioni di denaro o altre utilità, come anche percentuali sulle transazioni, per acquistare il favore dei professionisti che avrebbero dovuto provvedere agli ordini dei prodotti e al pagamento in via preferenziale alle società”. I dirigenti dell’Azienda sanitaria venivano avvicinati da persone nell’orbita delle cosche, che di volta in volta elaboravano un canale finalizzato a ottenere un ordine preciso di prodotti. Un sistema di corruttela così diffuso che in una conversazione intercettata si fa riferimento a un soggetto che si sarebbe occupato della contabilità dei pagamenti e dei regali ai soggetti che favorivano le società oggi sequestrate.

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