Votare a 16 anni?

La proposta del voto ai sedicenni vuole dar voce e potere ai più giovani. Il rischio è scaricare su questo diritto l'incapacità degli adulti di assumersi le proprie responsabilità educative

Rosy Bindi

Rosy BindiEx ministra della Salute, presidente Commissione antimafia nella XVII legislatura

21 luglio 2021

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L’adolescenza è senza dubbio una delle età più complicate della vita. Non conosco molte persone disponibili a riattraversare quella terra di nessuno che sta tra la spensieratezza di quando eravamo fanciulli e l’età delle scelte di vita. Una fase della vita che è diventata nel tempo sempre più lunga. Si diventa adolescenti troppo presto e si diventa giovani adulti sempre più tardi. Si allunga il periodo nel quale viviamo noi stessi come la preoccupazione più grande e tutto il resto ci sembra estraneo, ingombrante. Gli altri, o hanno un ruolo nella nostra dimensione individuale o non esistono (se e quando non sono considerati addirittura un ostacolo). Si è allungato il tempo in cui non sempre abbiamo la reale libertà di scegliere chi e che cosa, l’altro da noi, può entrare a far parte del nostro mondo.

Mai come oggi sono venuti meno i riferimenti educativi che hanno accompagnato le generazioni precedenti

Può fare molta differenza se irrompe nel percorso di crescita l’amico del cuore o la passione per una persona famosa, uno sport, una missione; se maturano le condizioni per un orientamento di vita o se, al contrario, non si hanno i mezzi per difendersi dall’apatia o dal conformismo, per svincolarsi da un destino che toglie spazio alla possibilità di trovare un senso alla propria esistenza e di immaginare un futuro non scritto. È sempre stato così, ma mai come oggi  sono venuti meno i riferimenti educativi che hanno accompagnato le generazioni precedenti. II modello competitivo e individualistico in cui siamo immersi accresce la frustrazione per mete irraggiungibili, provoca sentimenti di smarrimento, abbandono e impotenza e, in ultima analisi, lascia spazio a chi offre chiavi di successo apparente e facile, come fanno mafie e criminalità comune in alcuni contesti particolarmente marginali e problematici.

Ragazze*, a che serve la scuola?
 
Allora quale senso ha, in questo momento storico, proporre il voto ai sedicenni, investendoli di un diritto e un dovere civico tanto importante? La questione è troppo complessa per risolversi con una dichiarazione di favore o contrarietà. 
Già da tempo la famiglia è stata ridimensionata nel suo ruolo educativo da altre agenzie: la “compagnia”, la scuola, la parrocchia, le associazioni, il movimento culturale o politico, la televisione, la rete, l’avventura occasionale, positiva o negativa che sia. Oggi, però, tutto questo è stato annacquato, senza essere sostituito da nulla di altrettanto solido. Essere adolescenti oggi sembra una condanna a crescere troppo in fretta e, paradossalmente, a maturare troppo lentamente. 

Se la scuola esclude, le mafie avanzano

II modello competitivo e individualistico in cui siamo immersi accresce la frustrazione per mete irraggiungibili, provoca sentimenti di smarrimento, abbandono e impotenza

Se questo non è un Paese per giovani, ancor meno è un Paese per adolescenti. Ritengo che tra le priorità di quella che chiamiamo resilienza dovrebbe stare proprio l’offerta formativa alle nuove generazioni, proposta in modo democratico attraverso la scuola, soprattutto, ma non solo. L’esperienza insegna che tanta solitudine è stata ed è riscattata da esperienze associative sorte anche solo intorno a progetti mirati. È una prospettiva decisamente impegnativa, che richiede la fatica di accompagnare all’esercizio responsabile della libertà e all’autonomia delle scelte di vita, al sentirsi parte di una comunità più grande del noi elettivo tanto caro in quella fase della vita. 
L’educazione civica dovrebbe entrare a far parte a pieno titolo del curriculum formativo di qualunque grado della nostra scuola. E non mi si dica che è già così. Le famiglie, i genitori andrebbero aiutati e accompagnati nell’esercizio della loro insostituibile responsabilità educativa alla dimensione sociale. Le varie realtà associative potrebbero porsi l’obiettivo di farsi trovare dalle ragazze e dai ragazzi, andando loro incontro dove si ritrovano. Le parrocchie, le istituzioni locali, i Comuni, le municipalità potrebbero riattivare i progetti di politiche giovanili che tanta storia hanno fatto in anni passati. Si potrebbe incentivare e finanziare il servizio civile come esperienza universale per il passaggio all’età adulta. 

La proposta del voto ai sedicenni è certamente formulata con l’intento di responsabilizzare i nostri ragazzi e di dar loro voce e potere in una società sempre più vecchia


La proposta del voto ai sedicenni è certamente formulata con l’intento di responsabilizzare i nostri ragazzi e di dar loro voce e potere in una società sempre più vecchia, che tende a escluderli. Ma se non accompagnata da una rinnovata assunzione di responsabilità educativa, questa proposta sembra tradire un’idea di democrazia sterile, ridotta al solo momento elettorale e, come tale, non certo accogliente delle istanze, dei problemi e delle possibilità dei nostri ragazzi. 

La tutela del diritto all'istruzione, dal mondo all'Italia


Insomma, gli adulti non sono in grado di rappresentare le attese degli adolescenti, non vogliono fare questa fatica, non intendono riconvertire le risorse a loro favore e scaricano sul loro diritto al voto la fatica di esercitare le responsabilità che non hanno saputo assumersi. Riflettiamoci.

Dal lavialibera n° 9 - Picchio, dunque sono

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