10 dicembre 2021
Sorgenia ha inviato una lettera di richiesta di rettifica all'articolo: si può leggere qui, a conclusione del pezzo. Le posizioni di Sorgenia sul caso della centrale Mercure, contenute nella rettifica, erano state in massima parte già raccolte e puntualmente riportate dagli autori nell'articolo.
Nel cuore del Parco nazionale del Pollino, 192mila ettari tra Calabria e Basilicata, sorge la seconda centrale a biomasse più grande d’Italia. Un colosso in grado di produrre ogni anno 280mila megawattora grazie alla combustione di 350mila tonnellate di legno. "Una preziosa fonte di energia rinnovabile", recita il sito della centrale. "Una falsa energia pulita che distrugge l’ambiente e mette a rischio la salute delle persone", ribatte Ferdinando Laghi, presidente dell’associazione internazionale dei medici per l’ambiente (Isde) e neoconsigliere di minoranza in Calabria.
In funzione dagli anni Sessanta, dismessa nel 1997 e infine riaperta nel 2016 (lo stesso anno in cui il Parco è stato dichiarato patrimonio dell’Unesco), da almeno 40 anni la centrale è teatro di scontri tra chi vuole rilanciarla e chi ne chiede l’immediata chiusura. Sulla sua attività un groviglio di punti oscuri: dagli interessi criminali per il settore, alle accuse di sovrapposizione tra controllato e controllore nel monitoraggio dell’inquinamento ambientale, fino ai possibili nessi con gli incendi dolosi nei boschi calabresi.
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In un territorio povero, depauperato da un’emigrazione di massa, negli anni Sessanta la costruzione di una centrale a lignite (un carbone fossile) era sembrata un volano di sviluppo e occupazione. "Ci lavoravano 400 persone, ma ben presto ci siamo accorti dell’entità del danno: se stendevi fuori un lenzuolo ad asciugare, in pochi minuti diventava nero", raccontano gli attivisti dell’associazione Radar, memoria storica della zona, da sempre in prima linea per la chiusura. Dopo un tentativo di riconversione a olio combustibile e la dismissione nel 1997, nel 2002 Enel ha presentato un progetto per riconvertire l’impianto a biomasse. Un tentativo di sfruttare la struttura esistente e beneficiare dei finanziamenti previsti dall’Ue per questo tipo di energia considerata rinnovabile.
Anche in quell’occasione l’opposizione delle associazioni locali è stata dura. Tra le principali contestazioni: le emissioni di anidride carbonica e polveri sottili, il continuo via vai di camion nel bel mezzo del Parco, la mancanza di uno studio microclimatico ad hoc per la valle del Mercure (effettuato basandosi sulla valle di Latronico, distante 15 chilometri) e di una valutazione di impatto sanitario, la prossimità al fiume Mercure-Lao. Tutto a fronte del surplus energetico di cui la Calabria gode e che non giustificherebbe l’attività dell’impianto. Per giunta, "centrali come questa valorizzano al massimo il 30 per cento dell’energia prodotta, il restante viene disperso in atmosfera come energia termica – aggiunge Davide Pettenella, direttore del gruppo di lavoro ministeriale per la Strategia forestale nazionale –. La centrale del Mercure è una pecora nera: l’esempio di come non si dovrebbe gestire il patrimonio forestale".
Per quasi 15 anni si sono susseguiti i ricorsi a Tar e Consiglio di Stato, pareri favorevoli e contrari. Tra questi ultimi anche l’iniziale dissenso dell’ente Parco del Pollino. Fino all’intervento del governo Renzi che nel 2015 ha sbloccato la situazione dando parere favorevole alla riapertura. "La politica locale ha svenduto questo territorio", commenta Enzo Bonafine, presidente dell’associazione Radar e legale dei comuni di Vigianello e Rotonda, contrari alla Centrale. "All’inizio tutti i comuni del Parco, tranne uno, erano contrari alla riapertura – spiega –. Poi nel 2014 Enel ha proposto degli accordi di compensazione versando somme di denaro a sette comuni, all’ente Parco e alle Regioni Calabria e Basilicata e si è trovato un accordo. I due comuni che avevano fatto ricorso sono stati tagliati fuori". Dopo la riapertura, a marzo 2019 il gruppo Enel ha deciso di cedere la gestione della centrale al fondo F2i.
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"Impianti così grandi non riescono ad approvvigionarsi solo sul territorio circostante (...). Così si finisce col tagliare legna da ardereDavide Pettenella
Alle critiche delle associazioni si aggiunge l’incognita sulla provenienza del legname. Secondo quanto dichiarato, "la centrale del Mercure è alimentata solo da biomasse vergini non trattate provenienti da silvicoltura, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio forestale" Ovvero: il taglio diretto degli alberi e la biomassa ricavata dalla manutenzione ordinaria dei boschi. Ma nonostante le innumerevoli richieste presentate da associazioni e comitati locali e un’interrogazione parlamentare, non si è riusciti a ottenere la lista dei fornitori e la provenienza geografica del legname. Alla nostra richiesta l’azienda si è limitata a precisare che "tutta la biomassa utilizzata dall’impianto è italiana e oltre il 60 per cento di questa proviene dalla Calabria e dalla Basilicata", aggiungendo che l’impianto usa "solo biomassa certificata" e che "tutti i fornitori devono sottostare ai nostri protocolli di legalità".
Per il professor Pettenella le criticità di un impianto che richiede ogni anno 350mila tonnellate di legna sono lampanti: "Gli incentivi pubblici per le biomasse prevedono che il taglio avvenga entro 70 chilometri, ma impianti così grandi non riescono ad approvvigionarsi solo sul territorio circostante premiando le filiere locali a favore della sostenibilità. Così si finisce col tagliare legna da ardere anche quando quel legname andrebbe utilizzato diversamente o non andrebbe proprio tagliato".
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"Tutti gli incendi estivi in Calabria si sviluppano da anni in prossimità delle centrali a biomassa"Mauro Francesco Minervino - Autore de La Calabria brucia
"La fornitura di biomasse per le centrali è una fonte di guadagno per la criminalità organizzata", afferma il neoconsigliere Laghi. Nel 2018 l’operazione Stige ha mostrato come le ’ndrine controllassero gli appalti per i lavori boschivi, dal taglio delle piante alla vendita del legname. Un settore monopolizzato con minacce ed estorsioni e controllato grazie a una serie di imprese e cooperative. Tra cui quella dei fratelli Spadafora, condannati lo scorso 25 febbraio in primo grado, all’epoca il secondo fornitore della centrale.
Nonostante l’operazione, secondo Laghi la situazione non è cambiata: "In Calabria quest’anno c’è stata una recrudescenza degli incendi. Uno degli obiettivi è rifornire di materiale le centrali a biomasse: al momento della pulizia si tagliano anche alberi solo anneriti o addirittura sani". Prima del 2021, in Calabria il 2017 era stato considerato l’annus horribilis per i suoi oltre novemila incendi. In quell’occasione l’allora responsabile della protezione civile regionale Carlo Tansi parlò di una "strana coincidenza" tra i territori interessati dai roghi e la posizione delle centrali a biomasse, tra cui quella del Mercure.
Secondo un report in via di pubblicazione, anticipato a lavialibera da Calabria Verde, azienda che si occupa dello spegnimento dei roghi e della bonifica delle aree per conto della Regione, da gennaio 2021 allo scorso 30 agosto nei Comuni del versante calabrese del parco del Pollino si sono verificati 391 incendi. "Per il 98 per cento di origine antropica", dice l’ingegner Raffaele Mangiardi addetto al servizio anti-incendio boschivo (Aib). Nel solo mese di agosto, restringendo il raggio a 50 chilometri intorno alla centrale, sono stati colpiti otto comuni per un totale di 15 roghi, di cui due a Laino Borgo (il Comune della Centrale), il 10 e il 24 agosto. "Tutti gli incendi estivi in Calabria si sviluppano da anni in prossimità delle centrali a biomassa – commenta Mauro Francesco Minervino, autore de La Calabria brucia (Ediesse, 2008) –. In situazioni normali non è possibile tagliare nemmeno un ramo all’interno dei Parchi, mentre in caso di incendi si ottiene un permesso speciale per la potatura degli alberi. E in questi casi parliamo di alberi carichi di resina, facilmente infiammabili". In risposta, l’azienda ci fa sapere che "la centrale del Mercure non utilizza biomassa proveniente dai boschi percorsi da fuoco nelle regioni Calabria e Basilicata".
Infine, la questione dei controlli sulla centrale. Innanzitutto, presidente dell’ente Parco del Pollino è Domenico Pappaterra, al contempo direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpacal), che controlla l’ente Parco proprio in merito alla tutela ambientale. "Controllato e controllore sono la stessa persona – afferma Laghi –. Su questo sono state presentate anche interrogazioni parlamentari ma non se n’è cavato un ragno dal buco". "La questione del presunto conflitto di interesse è stata chiarita direttamente dal ministero della Transizione ecologica – fa sapere a lavialibera Pappaterra –: 'L’incarico di presidente di ente parco non si qualifica come organo di gestione amministrativa, ma piuttosto quale organo di rappresentanza e di indirizzo dell’Ente'" e quindi, secondo il ministero, "non si ravvisa alcun profilo di incompatibilità".
Secondo, i dati forniti dall’Ente, che Arpacal acquisisce per i controlli, sono validati dall’Osservatorio ambientale della valle del Mercure il cui presidente, prima di passare ad Arpacal, era sempre Pappaterra. Osservatorio peraltro finanziato per 100mila euro annui dalla Centrale. Sul punto, l’azienda ribatte affermando che si tratta di "un onere stabilito dall’accordo di compensazione del 2014 previsto nell’autorizzazione unica all’esercizio dell’impianto (accordo stabilito quando in gioco c’era il gruppo Enel, ndr). È quindi evidente che la società non può influire sulle decisioni dell’osservatorio non avendo alcun potere di revocare o sospendere il finanziamento". Pappaterra fa invece sapere che "a fine 2020 nel rapporto presentato si è evidenziato che l’impianto rispetta tutti i parametri previsti dalle norme vigenti e che ad oggi nella valle del Mercure si respira una delle arie più salubri d’Europa". "Il 23 dicembre 2018 è stato effettuato un monitoraggio indipendente dei valori del particolato fine (Pm10 e Pm2,5, ndr): i valori risultavano tutti sforati – replica l’avvocato Bonafine –. Gli apparecchi di rilevamento utilizzati ufficialmente sono perlopiù abbandonati o non funzionanti, coperti di vegetazione o posizionati in punti dove non passa quasi nessuno, come sulla vecchia statale 19. Siamo in una situazione tragica da questo punto di vista".
Cara Direttrice, caro Vicedirettore,
mi spiace dover constatare che il vostro giornale, così attento ai temi della legalità e della sostenibilità, abbia pubblicato un articolo sulla centrale del Mercure contenente molte informazioni non vere e in grado di formare nei vostri lettori un’opinione assai distante dalla realtà dei fatti. Sono perciò costretto a intervenire per ricostruire i fatti e chiedervi di dare pubblicazione a questa mia lettera.
Smentiamo innanzitutto qualsiasi relazione tra gli incendi e le biomasse utilizzate in centrale; non usiamo nulla che provenga da luoghi percorsi dal fuoco.
Sono false le affermazioni secondo cui in centrale arrivano biomasse tagliate appositamente per farne combustibile. L’impianto utilizza esclusivamente scarti boschivi e delle attività agroindustriali. Senza la centrale, migliaia di tonnellate di biomasse diventerebbero rifiuto o rimarrebbero sul terreno, con maggiori incendi ed emissioni di CO2.
Tutta la biomassa utilizzata è tracciata e certificata. Abbiamo sottoscritto un protocollo di intesa con l’ente parco del Pollino, i comuni della Valle del Mercure e i sindacati per uno sviluppo sostenibile della biomassa locale, nel rispetto dei requisiti di tracciabilità previsti e da noi applicati. In questi giorni abbiamo dato il via, insieme a Confapi Calabria, a un sistema di controllo sull’origine e la movimentazione delle biomasse vegetali.
Non c’è poi nessun mistero sull’elenco dei fornitori: come prescrivono le norme è depositato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Abbiamo implementato e revisionato tutte le centraline di rilevamento della qualità dell’aria posizionate sul territorio, in accordo alle prescrizioni ambientali. È in essere un contratto di manutenzione con una ditta qualificata e i dati sono validati con una procedura certificata e trasferiti in tempo reale direttamente all’Agenzia regionale per l’ambiente della Calabria.
I dati ambientali del territorio, tracciati dalle le fonti ufficiali, sono eccellenti. Abbiamo inoltre già messo a disposizione delle Istituzioni locali le risorse per svolgere una nuova indagine ambientale che partirà nei primi mesi del 2022.
Va poi detto in modo chiaro che “l’operazione Stige” non ha nulla a che vedere con l’attuale proprietà della centrale.
Non c’è alcuna competizione tra centrale a biomasse e le altre rinnovabili ma una oggettiva sinergia. Centrali come la nostra garantiscono la continuità del sistema elettrico anche quando non c’è vento e non c’è sole, una continuità che altrimenti dovrebbe essere affidata al gas o al carbone. Il rapporto tra biomasse e le altre rinnovabili è dunque totalmente virtuoso. La centrale non produce CO2 aggiuntiva ma rimette in circolo una parte di quella già in ambiente, catturata dalla vegetazione con un bilancio ambientale pari a zero.
Mi auguro che, a partire da questi fatti oggettivi e facilmente riscontrabili, anche i vostri lettori potranno conoscere il contributo positivo che la centrale del Mercure porta ogni giorno al territorio attraverso l’impegno responsabile ed appassionato delle tante persone che quotidianamente lavorano con noi.
Cordialmente,
Alberto Vaccarella
AD Sorgenia Bioenergie
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