11 febbraio 2022
L'introduzione in Costituzione della salvaguardia dell'ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità è sicuramente un passo avanti. Ma siamo ancora nell'ambito di una visione antropocentrica, legata alla giustizia ambientale. Il nostro punto di arrivo (e di svolta) deve essere la giustizia ecologica, che prevede il riconoscimento dei Diritti della Natura in Costituzione. Riconoscere i Diritti della Natura significa riconoscere tutela e titolarità giuridica a entità viventi che sino al momento precedente continuavamo, erroneamente, a essere considerati oggetti e non soggetti. Significa riconoscere che oceani, ecosistemi, animali, montagne, laghi, fiumi, e così via, sono tutti interconnessi. Che siamo legati indissolubilmente a tutte le altre entità viventi. E che il nostro destino dipende da quello di tutte le altre specie. Dalle capacità di autorigenerazione e autorganizzazione dei cicli vitali della Terra dipende la nostra stessa vita ed il nostro futuro. Aver considerato invece la Terra come inerme e non come un organismo autopoietico in continua trasformazione è all'origine dei nostri problemi e della profonda crisi di civiltà che oggi viviamo.
L'ambiente nella Costituzione: alcuni "pro" e qualche dubbio
Negli ultimi anni la Terra ci ha fatto capire in tanti modi che non abbiamo capito. Ad esempio, i processi di alterazione di nuove patologie come il Covid19 sono una delle tante conseguenze dirette del collasso climatico e della riduzione della biodiversità. Sono queste le più grandi minacce per la razza umana. Non intervenire con politiche adeguate su clima e biodiversità genera ingiustizie sociali e ambientali che paghiamo come umani a prezzo carissimo e che pagheranno ancora di più le future generazioni. La giustizia ecologica ci consente invece di avere un approccio integrale all'ecologia, facendo finalmente giustizia alla Terra.
"La terra senza di noi", di Telmo Pievani
Nel 2008 la Costituzione dell'Ecuador è stata la prima al mondo a riconoscere i diritti della Natura. Nell'articolo 71 afferma che "la natura, o Pachamama, dove si riproduce e si realizza la vita ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, delle sue strutture, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi. Ogni persona, comunità, popolo o nazionalità potrà pretendere dall'autorità pubblica l'osservanza dei diritti della natura". È questo quello a cui dobbiamo ambire ed è quello per cui dobbiamo batterci. Solo così cambiamo il modello di sviluppo, attuando allo stesso tempo quella conversione (non transizione) culturale di cui abbiamo bisogno, passando da una visione antropocentrica radicale ad una fondata sul riconoscimento del diritto alla vita di tutte le entità viventi. Oggi più che mai in un momento di profonde difficoltà per il nostro paese è importante dire la verità, accettare la complessità, rifiutare le semplificazioni della politica e chiedere invece coerenza e responsabilità. Ed è quella che chiediamo a quegli stessi parlamentari che hanno introdotto in Costituzione l'ambiente, gli stessi che votano ed accettano un Pnrr che investe su fossile, nucleare, grandi opere, senza ascoltare il punto di vista di comunità, reti sociali e associazioni impegnate sul territorio. Un Pnrr che se non viene modificato nel merito e soprattutto nel metodo avrà come conseguenza l'aumento delle disuguaglianze e del debito pubblico, dopo aver fatto arricchire le lobby della dark economy.
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