Pio La Torre sul palco a Portella della Ginestra nel 1964, piolatorre.it
Pio La Torre sul palco a Portella della Ginestra nel 1964, piolatorre.it

Pio La Torre, un vero scassaminchia

Dirigente Pci, padre del 416 bis e della confisca dei beni ai mafiosi, La Torre era uno strenuo difensore dei diritti dei poveri. Incarcerato dopo uno scontro con la polizia che stava reprimendo un corteo di contadini, è stato consigliere comunale a Palermo e poi parlamentare. Della mafia diceva: "È un fenomeno di classi dirigenti"

Giuseppe Bascietto

Giuseppe BasciettoGiornalista freelance

Claudio Camarca

Claudio CamarcaGiornalista e scrittore

27 aprile 2022

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Pio La Torre è stato ucciso il 30 aprile del 1982 insieme a Rosario Di Salvo. Il suo nome è conosciuto soprattutto per la legge Rognoni - La Torre, pietra miliare della legislazione antimafia che introduce il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni. L'impegno antimafia del "compagno" Pio La Torre era anzittutto lotta di classe. Lo ricordiamo attraverso alcuni estratti del libro L'uomo che incastrò la mafia, di Giuseppe Bascietto e Claudio Camarca, Aliberti editore, che ringraziamo per la disponibilità.  

A marzo (del 1952, ndr) Pio entra in campagna elettorale. Gira i quartieri e i mercati rionali, come la Vucciria e il mercato di Ballarò. Parla con tutti, e fa i nomi dei mafiosi, degli imprenditori collusi con la mafia e la Democrazia Cristiana. La sua voce, nei comizi, non trema: è il cuore che parla. La gente lo capisce e per questo lo vota. La Torre ottiene 6.922 voti di preferenza; è uno dei primi degli eletti nella lista Garibaldi. [...] Dopo il giuramento di rito, Pio entra subito in azione per monitorare la situazione a Palermo. Studia il piano regolatore della città, si batte per la costruzione della diga dello Scanzano, per ridimensionare il potere mafioso nella gestione dell’acqua, studia le aree edificabili e cerca di trovare il modo per evitare il saccheggio. In aula inizia, fra lo stupore dei suoi compagni di partito e l’indignazione dei colleghi democristiani, a fare i nomi e cognomi di politici come Salvo Lima e Vito Ciancimino, accusandoli di essere collusi con la mafia. Elenca i proprietari dei terreni, quasi tutti mafiosi, che hanno ricevuto favori dall’Amministrazione comunale e dal Sindaco Scaduto e, quando chiede i resoconti stenografici dei suoi interventi, non riesce a trovarli. Appena insediato, riesce a mandare in fibrillazione tutti quei politici che fino ad allora avevano dormito sonni tranquilli.

Nel nome di Pio. Un ricordo di Vito Lo Monaco per il trentennale

"So quello che faccio. L’importante è che il partito mi sostenga"

Pio non guarda in faccia nessuno, non si ferma. Il 26 settembre del 1952, esattamente quattro mesi dopo la sua elezione, inizia ad attaccare la ditta del conte Romolo Vaselli, che gestiva la nettezza urbana nel comune di Palermo. Il suo intervento al consiglio comunale rimane memorabile. La mattina esce di casa dopo una notte insonne, passata a leggere e a rileggere tutte le carte, con accanto Giuseppina. L’indomani, si dirige al partito, dove si ferma tutta la mattina, e parte del pomeriggio. Continua a studiare le carte che ha sottomano, poi, verso le cinque del pomeriggio, si mette la cravatta, si infila la giacca, prende i documenti e si avvia verso la sede del Consiglio comunale. Quando arriva a Palazzo delle Aquile tutti iniziano a guardarlo con sospetto, soprattutto i democristiani che fanno parte della Giunta. Pio è calmo. Sa quello che deve dire. Fa il punto con i suoi compagni, non si scompone ; avvisa il capogruppo del PCI al consiglio comunale, Alessandro Ferretti, di quello che dirà appena prenderà la parola. "Pio, cerca di misurare le parole e di stare attento" gli ricorda Ferretti "Qui, tra i corridoi, girano troppi sgherri della mafia, politici. Non appena dici qualcosa, cinque minuti dopo lo sanno già i boss". "So quello che faccio. L’importante è che il partito mi sostenga". "Hai qualche dubbio al riguardo?" "No".

"Nei rapporti con il Comune i cittadini toccano con mano il regime di ingiustizie, di prepotenze, di arbitrii, l'incapacità e la corruzione della classe dirigente. Lo sanno tutti a Palermo che i voti che la Democrazia Cristiana prende nei rioni e nei quartieri sono voti di mafiosi, imprenditori corrotti, gente a cui è stato fatto un favore, cittadini che vengono minacciati se non votano per questo o quel candidato" Pio La Torre

Il Comune di Palermo, un regime di ingiustizie 

Dall’interno dell’aula consiliare annunciano che entro qualche minuto inizierà la seduta. Pio entra, si siede al suo posto e aspetta che inizi il dibattito. Dopo qualche minuto il Sindaco concede la parola ai gruppi dell’opposizione. Per il Partito Comunista prende la parola Pio. "Signor Sindaco, colleghi consiglieri, cercherò subito di andare al cuore del problema, senza troppi giri di parole. Il problema, in questo caso, è la ditta Vaselli e la gestione della nettezza urbana a Palermo". "La tradizionale sfiducia che i palermitani dimostrano verso gli amministratori del Comune1 è di gran lunga superiore a quella che mettono nei confronti degli altri organi della pubblica amministrazione, e del governo centrale. Questo accade perché nei rapporti con il Comune i cittadini toccano con mano il regime di ingiustizie, di prepotenze, di arbitrii, la incapacità e la corruzione della classe dirigente. Questo succede anche perché i gruppi che spadroneggiano al comune di Palermo hanno caratteristiche di grettezza, di immoralità e di inconcludenza tali da renderle ripugnanti agli occhi dei cittadini". Il Sindaco Scaduto va su tutte le furie e interrompe Pio. "Consigliere La Torre! Non le permetto di utilizzare questi toni! Le ricordo che lei sta parlando all’interno di una istituzione democraticamente eletta dai cittadini!" "Non dica scemenze, Sindaco" dice Pio con voce calma "lo sanno tutti a Palermo che i voti che la Democrazia Cristiana prende nei rioni e nei quartieri sono voti di mafiosi, imprenditori corrotti, gente a cui è stato fatto un favore, cittadini che vengono minacciati se non votano per questo o quel candidato". "Non le permetto di dire altro!" "Non mi interrompa e mi faccia continuare a parlare".

Palazzo delle Ostriche

"Spero di non essere più interrotto" dice Pio rivolgendosi al Sindaco e ai consiglieri democristiani. "Quando, alcuni anni or sono, nonostante l’indignazione dei cittadini per la gestione fallimentare, questi signori si rifiutavano di abbandonare Palazzo delle Aquile, ci fu chi li definì le ostriche, e Palazzo delle Aquile fu pittorescamente definito Palazzo delle Ostriche". "Possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che dal novembre 1946 si sono insediate al Comune le forze più retrive della nostra società". Dal fondo dell’aula un coro di grida si leva contro Pio, ma lui continua. "Prima sotto l’insegna del libero ascarismo monarchico-qualunquista e successivamente clerico-monarchico-missino, la struttura delle forze è rimasta pressoché immutata. Certo, vi è stata qualche operazione, che possiamo anche definire di disinfezione. In occasione delle ultime elezioni sono stati eliminati alcuni personaggi più compromettenti, espressione del sottopozzo politico palermitano legato al Partito Nazionale Monarchico. Il posto di questi figuri, invece, è stato occupato da alcuni avvocaticchi. Infine, è stato chiamato il professore Scaduto alla carica di Sindaco. Il funzionamento della Giunta e del Consiglio comunale non ha subito sostanziali modifiche. Negli assessorati e negli uffici comunali perdura quella tipica atmosfera di passività e di ingorgo: tutto il lavoro ristagna".

Letizia Battiglia e Leoluca Orlando "le stragi ci hanno reso migliori" 

Gli interessi del popolo venduti per un piatto di lenticchie

 "Gli amministratori rappresentano quelle cricche locali che sono alla base del blocco industriale agrario e che ne avallano tutte le malefatte. Vendono gli interessi del popolo per un piatto di lenticchie. A loro solo è consentito un regime di arbitrio in un ambito molto ristretto. Un esempio clamoroso di questo metodo è dato dal funzionamento dell’assessorato alla Pulizia Urbana. Palermo è oggi una delle città più sporche d’Italia. Siamo sotto il regime della ditta Vaselli. Esiste un capitolato d’appalto che il conte Romolo Vaselli calpesta sin dal 1949. Le inadempienze raggiunsero forme così scandalose da arrivare ad un lodo arbitrale. Ebbene, l’assessore alla Polizia Urbana del tempo, testimoniò, in seduta segreta davanti ai giudici, in favore della impresa consentendole così di vincere il lodo. Oggi l’impresa dorme sonni tranquilli. Essa sa di godere della massima immunità. Nemmeno il 30% dell’attrezzatura prevista dal capitolato d’appalto è in funzione. Il personale, poi, viene utilizzato a ranghi ridotti" .

"Questa amministrazione vorrebbe dare tutto in appalto pur di favorire i suoi amici imprenditori e mafiosi. Inoltre ha pure il coraggio di perseguitare il venditore ambulante, il cocchiere, il piccolo bottegaio, il povero diavolo e di mettere tasse odiose sui generi di prima necessità" Pio La Torre

"Ebbene, l’assessore alla Pulizia Urbana, onorevole Ardizzone, ha la sfrontatezza di chiedere che si modifichi il canone di appalto elevandone di ben 57 milioni l’ammontare a favore dell’impresa per consentirle di adibire un maggior numero di netturbini alla pulizia della città. Sono da rilevare alcune espressioni dell’assessore alla Polizia Urbana che suonano come un’offesa alla cittadinanza. L’onorevole Ardizzone, nel grossolano tentativo di scaricare l’impresa da ogni responsabilità per la sporcizia che regna sovrana a Palermo, fa ricadere la responsabilità sulla irriducibile indisciplina dei cittadini, affermando che la disciplina e il senso del dovere da parte dei cittadini scarseggiano nelle regioni meridionali".

In altre parole, questa amministrazione vorrebbe dare tutto in appalto pur di favorire i suoi amici imprenditori e mafiosi. Inoltre ha pure il coraggio di perseguitare il venditore ambulante, il cocchiere, il piccolo bottegaio, il povero diavolo e di mettere tasse odiose sui generi di prima necessità, ben sapendo che tasse di questo tipo colpiscono i ceti meno abbienti. No, così non va, caro signor Sindaco. Chiediamo di non aumentare il canone alla ditta Vaselli, ma di far rispettare quel capitolato che il Conte Vaselli non vuole minimamente rispettare. In sostanza sono due le strade: o si obbliga il Conte a rispettare le regole, oppure gli si revochi l’appalto".

Le mani sulla città

Per Pio l’impegno al Consiglio comunale rimane essenziale. In gioco ci sono l’espansione della città e la costruzione del Piano Regolatore. Pio non si ferma un attimo. Le sue prossime battaglie saranno proprio sulla speculazione edilizia. Cerca documenti, studia, si legge i bilanci delle aziende, per capire come si stia muovendo la mafia. È l’unico, tra i responsabili del PCI, a occuparsi di questioni del genere. Da tutti viene considerato un vero “scassaminchia”. Ma questo “scassaminchia” vede e capisce cose che altri non riescono a percepire. Per Pio non ci sono solo gli interventi al consiglio comunale. Lui parla della mafia e delle sue ramificazioni anche al bar, fra la gente, nei quartieri. Sulla speculazione edilizia inizia una vera e propria battaglia facendo nomi e cognomi degli speculatori. Pio solleva il problema anche all’interno del partito. La trasformazione della città ebbe inizio nei primi anni Cinquanta. Enormi distese di terreni agricoli divennero improvvisamente edificabili. Zone destinate al verde pubblico venivano concesse ai privati, per costruire. L’ufficio lavori pubblici del comune di Palermo viene trasformato in un enorme baraccone che ha il compito di portare avanti i piani della speculazione edilizia. Lì transitavano imprenditori corrotti, mafiosi e soldi. Nel giro di qualche mese i mafiosi di Palermo, Caltanissetta, Enna, Corleone, si erano impadroniti, tramite costruttori senza scrupoli, dei migliori terreni della città. A partire da quelli della Conca d’oro, una immensa distesa di agrumeti che, nel giro di una sola notte, grazie all’intervento del Sindaco Vito Ciancimino, viene rasa al suolo: in una sola notte vengono rilasciate migliaia di licenze. E giù colate di cemento. Ne vengono fuori il Villaggio Cardinale Ruffini, il rione delle Rose a Villa Florio e Villa Terrasi, il rione Villa Tasca, la circonvallazione, il risanamento del Rione Monti di Pietà. Pio indaga, cerca i nomi. E ci riesce. 

Le speculazioni sui fondi per la ricostruzione

A settembre riprende l’attività in Consiglio comunale. Erano passati quattro anni e quattro mesi dal suo insediamento. Pio aveva messo a soqquadro Palermo. Non c’era angolo della città che non conoscesse. Il Sindaco entrava in fibrillazione ogni volta che Pio doveva intervenire. Non sapeva mai quello che avrebbe detto. A volte avrebbe preferito non dargli la parola. Nella seduta di fine settembre Pio si scatena: "Il Comune non ha piani propri. Il piano regolatore non c’è. Noi affermiamo che il modo di procedere dell’Amministrazione Comunale è il migliore aiuto che si possa dare agli interessi privati. Per capire perché non avete fatto il piano regolatore, basta vedere la sorte toccata al piano di ricostruzione". Questo piano si è dovuto fare per forza, per non perdere i contributi statali per la ricostruzione. C’è da vedere, colleghi consiglieri, se questo piano è stato realizzato, oppure no. Per convincersi che non è stato realizzato basta andare nelle zone distrutte dalla guerra: la zona del Porto, di San Pietro Castello, di Borgo Nuovo, di Albergheria, di Capo e Gran Cancelliere, di Romagnolo, che sono tuttora in condizioni pietose. Finora non è stato fatto nulla; nemmeno nel rione del Tribunale. Dei quattro miliardi del mutuo non si è speso nulla. Il motivo è chiaro: nei rioni popolosi danneggiati, la proprietà delle aree è estremamente frazionata ed è già valorizzata, quindi non è conveniente per la grande speculazione impelagarsi in operazioni ricostruttive in questi rioni. Quello che si è fatto del piano di ricostruzione sono le varianti. E non so quante di queste siano state eseguite rispettando la legge. Il fatto è che esse sono state eseguite per favorire la speculazione di alcuni gruppi ben individuati. 

Penso a quella dell’avvocato Santi Cacopardo e dei suoi soci. Tra i quali il Presidente della Camera di Commercio Alfredo Terrasi. Per compiacere questi signori si elimina di fronte allo stadio uno slargo di 21 mila metri quadrati e invece di costruire una strada a tre corsie per complessivi 90 metri, se ne fa una di 22. Con il risultato che ogni domenica quando ci sono le partite assistiamo all’ingorgo del traffico davanti allo stadio. E tutto questo è accaduto per far piacere all’ingegnere Domenico La Cavera, presidente dell’A.I.R. e di Sicindustria. L’ingegnere non è nuovo a queste imprese. Infatti ha sempre costruito violando la legge e infischiandosene dei regolamenti edilizi. Ma questa società non è la sola ad avere avuto benefici da questa amministrazione. L’elenco è sterminato. Ma qualcuna vale la pena di citarla. La Simins, l’azienda del gruppo sicilcementi, controllata dalla Cassa di Risparmio, la società Pibigas, che ha costruito dei capannoni a Villa Airoldi che è vincolata a verde pubblico dal già citato piano di ricostruzione e l’impresa del costruttore Moncada, alla quale si è permesso di costruire un grande stabile, là dove doveva sorgere una piazza larga 90 metri". La sua è una denuncia chiara e appassionata. L’attività di consigliere la svolge con denunce di questo tipo. La mole di lavoro è enorme.

1. Domenico Rizzo, Pio La Torre. Una vita per la politica attraverso i documenti, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003.

2. Ibidem

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