Lo stabilimento Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza/www.pfas.land
Lo stabilimento Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza/www.pfas.land

Vicenza: Miteni smantellata, la sua contaminazione rimane

Lo stabilimento Miteni che ha contaminato 600 chilometri quadrati del Veneto doveva essere smantellato entro il 31 dicembre 2022. Ma è ancora lì. In attesa della bonifica, l'industria ha smesso di contaminare le acque?

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

4 gennaio 2023

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A Trissino, in provincia di Vicenza, alle 10 del mattino del 31 dicembre 2022, dentro quel che resta dell’azienda chimica Miteni c’erano quattro operai che andavano avanti e indietro a bordo di muletti gialli. Lo stabilimento, che ha contaminato con sostanze pericolose tre intere province del Veneto, è stato dismesso e rivenduto a seguito del fallimento per disastro ambientale da Pfas nel 2018. Nel luglio 2019, la Provincia di Vicenza ha sospeso la possibilità di produzione di sostanze, modificando le autorizzazioni ambientali per consentire il solo smantellamento degli impianti. 

I Pfas sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Sono prodotti creati dall’uomo, che tendono ad accumularsi negli organismi. Studi scientifici hanno provato che sono potenzialmente in grado di causare gravi danni alla salute, alterandone la normale funzionalità ormonale, nonché cancerogeni. Alti livelli di Pfas nel sangue possono provocare disturbi alla tiroide, ipertensione e problemi di fertilità.


Intanto la Miteni ha spedito in India l’impianto più inquinante. A giugno 2019, la cordata di società indiane Viva Life Sciences, nata nel 2013 e con una sede in Olanda, ha comprato gli impianti per la produzione di perfluorurati, banditi nel nostro continente, ma ancora autorizzati in altri paesi come l’India.

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Miteni, la mancata bonifica e il fallimento    

Quando il 9 novembre 2019 il curatore fallimentare, Domenico De Rosa, ha consegnato al tribunale di Vicenza i registri dell’azienda, sul piatto delle istituzioni regionali erano presenti diversi piani di bonifica del sito. Le indagini del nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Treviso, nel 2018, avevano indicato Miteni come la responsabile della contaminazione da Pfas delle reti idriche di tre province, per un territorio totale di quasi 600 chilometri quadrati. Ancora prima, nel 2017, il Comune di Trissino e la Provincia di Vicenza avevano già firmato un primo piano di bonifica per quel terreno, dopo un primo anno di indagini del Noe; piano che è abortito nonostante fosse stato invocato il principio di precauzione sanitaria.
E’ accaduto che nel frattempo le indagini hanno indicato alcuni responsabili dell’inquinamento e le istituzioni hanno quindi deciso di chiedere i danni e i costi della bonifica alle 14 persone indagate. Aspettando l’esito del processo però, la “bustina di thé intrisa di Pfas” su cui poggiavano circa 4 milioni di euro di impianti produttivi ha continuato a contaminare la falda dell’intero territorio. Dal 2018 al 31 dicembre 2022, senza nessuna messa in sicurezza né, tanto meno, bonifica. 
Intanto il fallimento è stato ottenuto a suon di esposti, indagini e sospensioni autorizzative da parte del comune di Trissino, dove l’azienda produceva, della provincia di Vicenza e di Regione Veneto. 

L’arrivo degli indiani e l'intermediario Nardone

Il 10 giugno 2019 Miteni è stata messa all’asta, online, sezionata in lotti. Il più problematico era quello con gli impianti dei perfluorurati, che dagli anni ’70 hanno dato all’azienda il primato europeo di produzione dei Pfas con incassi milionari e leadership nel settore militare e farmaceutico. Sul sito di aste della società specializzata It Auctions, il lotto che comprende macchinari, impianti, attrezzature e brevetti parte da una base di 4milioni 639mila euro. Aggiungendo un solo euro a quella base, nel giugno 2019 la cordata indiana Viva Life Science ha comprato tutto: ha 18 mesi per smontare e portare via. Ma come fare? La società indiana non ha sede in Italia, il tempo è poco e i carabinieri stanno ancora indagando su quegli impianti. 

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Allora, viene cercato e trovato un intermediario, qualcuno che conosca quelle strutture. Quell’intermediario è Anasco s.r.l., società fondata nel gennaio 2019 da due fratelli, Edward Giuseppe Nardone e Antonio Alfiero Nardone. Il secondo è stato anche l’ultimo amministratore delegato di Miteni Spa nonché, da febbraio 2019, imputato per disastro ambientale e inquinamento delle acque da Pfas. Anasco s.r.l., registrata a Milano, con sedi ad Alessandria e Vicenza, da giugno 2019 ha la commissione, da parte di Viva Life Science, di consulenza sugli impianti.

Smantellare in fretta, bisogna bonificare

Il countdown dato dalla Provincia di Vicenza è di 18 mesi a partire da giugno 2019. Ma nulla deve essere scaricato nel torrente Poscola, dentro cui Miteni aveva scaricato Pfas per 50 anni

Dopo aver stracciato il piano di bonifica, nel 2017, Provincia e Regione hanno scartato anche il progetto proposto dalla stessa Miteni, che sarebbe stato realizzato dalla società Copernico, consulente ambientale dell’azienda. Proprio i dati forniti da Copernico hanno però convinto la Provincia dell’urgenza della bonifica: bisognava smantellare in fretta, per poter procedere.  Il countdown dato dalla Provincia di Vicenza è di 18 mesi a partire da giugno 2019, e contiene un dettaglio rilevante: nulla deve essere scaricato nel torrente Poscola, dentro cui Miteni aveva scaricato Pfas per 50 anni.

Ma a marzo 2020 tutto si ferma, la pandemia blocca i visti degli operai indiani e polacchi che devono venire in Italia a caricare i 130 container di materiale. Il lavoro riparte dopo maggio 2021, data da cui si ricalcolano altri 18 mesi per il completamento dei lavori, con termine ultimo al 31 dicembre 2022. Questa scadenza è stata confermata anche in commissione Ecomafie dal dirigente di Arpa Vicenza Luca Marchesi.

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31 dicembre 2022

Ma l’impianto è ancora lì. In una nota di Arpa Vicenza del 30 dicembre 2022 il direttore Marchesi ha risposto alle domande de lavialibera sui ritardi nello smantellamento: “Abbiamo provveduto ad effettuare i controlli a metà dicembre e risulta attuato il decomissioning (termine tecnico per indicare la disattivazione, ndr) come da cronoprogramma. Invieremo agli enti una relazione tecnica. Lo scarico nel Poscola viene regolarmente campionato e non risultano scarichi”. Anche la Provincia di Vicenza ha confermato lo stato di ultimazione, con un’intervista su VicenzaToday a Matteo Macilotti, consigliere delegato all’ecologia.
Salendo lungo la collina che ha protetto Miteni da quando è nata si vede l’intero stabilimento, si vedono molti dei 41 pozzi di emungimento che la fabbrica ha costruito per ripulire l’acqua, si vede il torrente Poscola con lo scarico ancora attivo. E si vede bene il vuoto lasciato dagli impianti spediti in India. Stato che non ha firmato la convenzione di Stoccolma che, dal 2001 ha inserito i Pfas tra le sostanze pericolose, ed è stata ratificata in Italia solo il 19 luglio 2022.

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I prossimi passi per fermare la contaminazione da Pfas più grande d’Europa saranno, quindi, il piano di caratterizzazione del nuovo sito, necessario per capire dove sono i punti del terreno con massima contaminazione, e il primo passaggio per la bonifica. Tutto a spese, per ora, della Icig (la multinazionale ultima proprietaria dell'impianto) e delle istituzioni, in attesa di un possibile risarcimento da parte degli imputati in caso di condanna nel processo in corso. Tra questi Antonio Alfiero Nardone, che il 14 dicembre 2022 ha messo in liquidazione la sua Anasco s.r.l., dopo aver fatturato per 3 anni 650 mila euro. Liquidazione avvenuta 15 giorni prima del termine ultimo per Viva Life Science per liberare Miteni dagli impianti inquinanti.

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