Pfas alla Solvay, il sindaco di Alessandria promette lo studio, ma la città non può pagarlo

Durante la campagna elettorale, il sindaco di Alessandria Giorgio Abonante aveva promesso di concludere lo studio epidemiologico sui Pfas nella popolazione che abita vicino alla Solvay di Spinetta Marengo, ma ora si accorge che il Comune non ha i fondi necessari. Intanto a Vicenza il funzionario Iss afferma che la politica ha fermato la ricerca sulla contaminazione in Veneto

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

5 luglio 2023

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Chi vive vicino al polo chimico di Solvay Solexis di Alessandria è esposta a un rischio sanitario provocato dai Pfas, ma l’amministrazione comunale non può permettersi di pagare uno studio sulla correlazione tra le sostanze prodotte dall’azienda chimica e le malattie. Il 18 maggio 2023 il consiglio comunale di Alessandria ha approvato un atto di indirizzo che spinge la giunta, guidata dal sindaco Giorgio Abonante, a esortare la Regione Piemonte e gli enti regionali a realizzare uno studio sulla possibile correlazione tra sostanze prodotte da Solvay e malattie presenti nel territorio circostante. L’ atto di indirizzo è arrivato dopo un percorso della commissione Ambiente del consiglio comunale insieme ai 300 firmatari di una petizione popolare. Il cammino partiva dai dati prodotti dall’Azienda sanitaria locale e dall’Agenzia regionale per l’ambiente tra il 2017 e il 2019 sulle percentuali di patologie presenti nel comune e nel sobborgo di Spinetta Marengo, sede del polo chimico. Nel 2017 la giunta della sindaca Rita Rossa (Pd), spronata dall’assessore all’Ambiente Claudio Lombardi, finanziò con 30mila euro – trovati proprio da Giorgio Abonante, aell’epoca assessore al Bilancio – due studi su mortalità e morbilità. I dati emersi risultarono allarmanti per i residenti. Il lavoro però avrebbe dovuto essere completato da una terza fase, necessaria per capire se quelle morti in più fossero provocateda certe sostanze chimiche. Nel corso della consiliatura successiva, però, il nuovo sindaco Gianfranco Cuttica di Revigliasco (Lega) fece terminare il lavoro e rimase in attesa delle scelte di Regione Piemonte. Da qui lo stallo politico, malgrado la popolazione chiedesse chiarezza e, soprattutto, prevenzione.

I Pfas sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Sono prodotti creati dall'uomo, che tendono ad accumularsi negli organismi. Studi scientifici hanno provato che sono potenzialmente in grado di causare gravi danni alla salute, alterandone la normale funzionalità ormonale, nonché cancerogeni. Alti livelli di Pfas nel sangue possono provocare disturbi alla tiroide, ipertensione e problemi di fertilità.



 

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“Non posso caricare di questo onere finanziario il Comune, non è compito nostro fare uno studio epidemiologico”Giorgio Abonante - Sindaco di Alessandria

Certo, a guardarlo adesso sembra cambiato l’atteggiamento del sindaco Abonante. In campagna elettorale prometteva chiarezza sull’inquinamento della Solvay: “Claudio Lombardi è stato in una giunta di centro-sinistra, ha lottato con me per avere l’indagine epidemiologica e l’ha anche finanziata, ma poi qualcuno ha tolto i fondi per la fase successiva. Io mi prendo l’impegno che farò la seconda parte dello studio epidemiologico”, aveva proclamato Abonante l’8 giugno 2022 sul finire della campagna elettorale terminata con la sua elezione a primo cittadino con le deleghe all’ambiente. Ma ai proclami non sono seguiti, finora, le azioni. Fino al 18 maggio 2023, quando il consiglio comunale ha approvato un testo che vuole “esortare gli enti regionali come Asl e Arpa a disporre una valutazione dell’impatto su ambiente e salute umana delle numerose sostanze tossiche, cancerogene e mutagene per le quali la Corte di Cassazione ha sancito il reato di disastro ambientale sostenendoli sul piano istituzionale nel reperimento delle necessarie risorse strumentali e finanziarie anche presso fondazioni bancarie del territorio locale e regionale”. L’assemblea cittadina ha approvato all’unanimità la richiesta dei familiari delle vittime di Spinetta Marengo, che da luglio 2022 avevano raccolto 300 firme per capire – dopo aver perso i propri cari – a che punto fosse la loro salute.

Uno dei fiori consegnati dai parenti delle vittime dell'inquinamento da pfas ai consiglieri comunali di Alessandria il 18 maggio 2023
Uno dei fiori consegnati dai parenti delle vittime dell'inquinamento da pfas ai consiglieri comunali di Alessandria il 18 maggio 2023

L’atto di indirizzo, tuttavia, non prevede nessun finanziamento diretto da parte della città o degli enti citati, ma solo il loro “sostegno nel reperimento delle necessarie risorse”. Due consiglieri hanno tentato di spingere la città a reperire i finanziamenti per lo studio. Il 12 giugno nel consiglio in cui si discute il documento unico di programmazione (Dup) per il bilancio comunale, Emanuele Locci (Fratelli d’Italia) ha presentato un emendamento a tal proposito, ma la maggioranza lo ha bocciato: “Non posso caricare di questo onere finanziario il Comune, non è compito nostro fare uno studio epidemiologico”, ha affermato il sindaco. Se da un lato questa presa di posizione è coerente con la lettera dell’atto di indirizzo (che prevedeva che il Comune non sborsasse di tasca propria, ma aiutasse gli enti preposti a reperire le risorse), dall’altro lato sembra una frenata sulla strada della terza fase dell’indagine. “Il Comune di Alessandria non ha né capacità né competenza per fare la terza fase, i soggetti che devono realizzare questi lavori sono Asl ed enti regionali. Noi facciamo opera di moral suasion – ha aggiunto il sindaco rispondendo a una nostra domanda –. Ho sentito il direttore Asl, Luigi Vercellino, che mi ha consigliato di istituire una voce di bilancio a zero in attesa del loro input”.

Vercellino, audito il 23 settembre dalla commissione Ambiente aveva spiegato che “non è un lavoro così semplice e scontato, occorre incrociare dati e sostanze. La nostra linea è quella di offrire tutta l’attività necessaria in termini di rilevazione e prevenzione. Serve la forte regia centralizzata di Regione Piemonte, che già ha finanziato con 341 mila euro il progetto di biomonitoraggio che partirà ad ottobre. Al momento non ci sono altre risorse attribuite. La situazione è complessa ma, ripeto, tocca alla Regione assegnare compiti e risorse”. 

C'è però una differenza. Quello della Regione è un biomonitoraggio e serve a trovare nel sangue e nelle urine tracce delle sostanze prodotte dal polo chimico. La richiesta della realizzazione della terza fase invece, promossa dalla commissione Ambiente del comune di Alessandria, è uno studio per trovare correlazione tra patologie presenti tra la popolazione residente vicino al polo chimico e le sostanze prodotte. È uno studio che si basa su altri lavori scientifici precedenti e sugli studi tossicologici delle sostanze prodotte da Solvay. Il biomonitoraggio e la terza fase dello studio epidemiologico sono due lavori diversi, uno pratico sulla gente l'altro di ricerca sui dati già prodotti.

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In attesa del biomonitoraggio della Regione Piemonte

Il Dipartimento regionale ha raccomandato di non mangiare il pesce pescato nel Bormida, il fiume dove scarica il polo chimico

Il Dipartimento di prevenzione dell’Assessorato alla Sanità di Regione Piemonte – che abbiamo sentito –  si smarca dalla promozione della terza fase, ma conferma il biomonitoraggio umano nei prossimi mesi (doveva partire nell’ottobre 2022, poi nel febbraio 2023 ma per ora è senza data): “Finalmente abbiamo firmato il protocollo di intesa con il Dipartimento di medicina del lavoro dell’Università di Torino che farà le analisi di sangue e urine, cercando tutti gli standard dati da Solvay per quanto riguarda i Pfas”. Verranno sottoposti al biomonitoraggio, su base volontaria, i cittadini i cui ortaggi sono risultati positivi al secondo campionamento alimentare realizzato a inizio anno. Il costo sarà di 600 euro a persona (il doppio che in Veneto, dove per altro la Regione si era accollata il finanziamento dell’operazione). Le analisi mirate dovrebbero partire, finalmente, a breve, con l’obiettivo di capire se i Pfas lavorati da Solvay Solexis (cC6O4, Adv e Pfoa) siano passati dall’aria agli ortaggi, per arrivare infine nel sangue degli abitanti di Spinetta Marengo.

La Regione Piemonte sta inoltre ultimando la stesura di un vademecum destinato ai medici di base per aiutarli a prendere in carico i pazienti esposti ai Pfas, perché, come afferma ancora il Dipartimento di prevenzione, bisogna “pensare ai fragili e tutelarli con visite specialistiche di secondo livello”. Il Dipartimento regionale ha anche diramato, a mezzo stampa, la raccomandazione di non mangiare il pesce pescato nel Bormida, il fiume dentro il quale scarica il polo chimico. Ma, nonostante la sorveglianza sanitaria ai residenti nei primi tre chilometri dal polo chimico per capire il rischio sanitario, “per ora non possiamo emettere nessun divieto di coltivazione”, affermano dal Dipartimento.

La Regione Piemonte conferma, quindi, il prossimo monitoraggio nel sangue e urine. Ma della terza fase non si sa ancora nulla.

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Intanto, nel processo a Vicenza

A proposito di studi e monitoraggio, questo tema è stato al centro dell'udienza del giovedì 29 giugno nel processo alla Miteni, in corso al tribunale di Vicenza, quando davanti ai giudici ha testimoniato l’epidemiologo Pietro Comba, dirigente dell’Istituto superiore di sanità che ha lavorato sull’esposizione ai Pfas della popolazione delle tre province venete contaminate. Dal 2016 al 2018 Comba ha studiato i dati già raccolti, le percentuali di tumori nella zona colpita e gli studi sulla mortalità. Questa attività doveva portare a uno degli studi epidemiologici più complessi in Italia, voluto dal ministero della Salute dopo un incontro europeo con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e coordinato insieme ai tecnici del ministero e Regione Veneto. “Dopo una prima fase sui dati – riferisce Comba – noi tecnici eravamo pronti a passare alla pratica, ma non si è fatto più nulla. Il livello politico non ci ha mai risposto e il protocollo già pronto non è stato firmato”.

“Alla luce della contaminazione da Pfas nelle acque potabili e della presenza di Pfas nel sangue della popolazione ritiene che ci sia stato un pericolo sanitario per la popolazione esposta, rispetto alle cinque patologie correlate ai Pfas?”, ha chiesto l’avvocato Matteo Ceruti, legale delle Mamme No Pfas. 
“Si”, ha risposto l’epidemiologo in maniera lapidaria.

L’assenza della volontà politica di andare fino in fondo con lo studio epidemiologico ha dunque lasciato 350 mila persone esposte a un pericolo sanitario reale.

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