Marrakech, 14 settembre 2023. I volontari della ong Ataayouch Association raccolgono donazioni per le vittime del terremoto fuori da un centro commerciale (Jerome Favre/Epa/Ansa)
Marrakech, 14 settembre 2023. I volontari della ong Ataayouch Association raccolgono donazioni per le vittime del terremoto fuori da un centro commerciale (Jerome Favre/Epa/Ansa)

Terremoto in Marocco, la partita geopolitica dietro gli aiuti rifiutati

La crisi tra il Marocco e la Francia dura da tempo. Da mesi Parigi non ha un ambasciatore nel paese arabo e lo stesso vale al contrario. A ciò si aggiunge la cosiddetta crisi dei visti: dalla fine del 2022, la Francia ha dimezzato i visti di lavoro concessi ai cittadini marocchini ed il paese arabo, per ripicca, non riprende i suoi cittadini espulsi da Parigi

Matteo Giusti

Matteo GiustiGiornalista

15 settembre 2023

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Di fronte al devastante terremoto che nella notte tra il 9 e il 10 settembre a colpito la zona intorno a Marrakech, per cui si contano ancora scosse e migliaia di morti, Il regno del Marocco ha inizialmente deciso di essere indipendente rispetto agli aiuti immediati, puntando soprattutto sulle sue forze e sulla solidarietà dei suoi cittadini. La devastazione che ha colpito il Paese arabo ha però raggiunto vette altissime e un aiuto internazionale è apparso presto irrinunciabile. Per fronteggiare la catastrofe, Rabat ha quindi deciso di accettare aiuti soltanto da quattro stati: Spagna, Gran Bretagna, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Escludendo così anche la Francia, che con il Marocco ha rapporti storici seppure ultimamente si erano molto raffreddati.

Perché il Marocco ha rifiutato gli aiuti dalla Francia

Uno dei primi motivi di crisi tra i due Paese riguarda la sovranità del Sahara occidentale, su cui Parigi, nel tentativo di riavvicinarsi all’Algeria, non ha preso una posizione decisa. In un primo momento la Francia sembrava vicina alle posizioni del Marocco, ma ciò aveva avuto pesanti conseguenze sulle relazioni con Algeri, che invece appoggia gli indipendentisti del Fronte Polisario (cioè Fronte di Liberazione Popolare di Saguia el Hamra e del Río de Oro).

La questione del Sahara occidentale nasce con il colonialismo, ai tempi in cui la Francia controllava il Marocco, mentre la Spagna si assicurava la zona a sud del paese come sponda per le isole Canarie. Proprio nella zona amministrata da Madrid venne scoperto un enorme giacimento di fosfati che rese quest’area ancora più interessante. Sotto l’amministrazione spagnola gli abitanti della regione, chiamati saharawi, abbero la possibilità di gestirsi con una certa autonomia, dato che la Spagna era interessata soltanto all’area costiera.

Saharawi, profughi per sempre

L'antico popolo di origine yemenita è frutto di contaminazioni fra gli invasori dalla penisola arabica e le tribù berbere locali. Sono i veri abitanti del deserto. A metà degli Sessanta, in piena decolonizzazione, le Nazioni Unite sancirono il diritto del popolo del deserto a scegliere il proprio futuro attraverso un referendum, ma di fatto sono circa cento anni che i saharawi reclamano la loro indipendenza dal Marocco senza risultati. All’inizio degli anni Settanta fu fondato il Fronte Polisario, soggetto politico e militare e vero interlocutore per chi voglia parlare con il popolo saharawi. Il braccio di ferro con Rabat, nel 1975, assunse apertamente la forma dello scontro armato, con l'invasione del Sahara occidentale da parte del Marocco e, di contro, la nascita, nel 1976, della Repubblica democratica araba dei saharawi (Rads), a poche ore dal definitivo ritiro dell’ultimo contingente spagnolo. Da quel momento lo scontro frontale con le forze marocchine è andato avanti per anni, fino all'armimstizio del 1991 e allo stallo attuale. 

Telquel, uno dei più importanti settimanali del Maghreb, ha definito gelidi i rapporti  fra Rabat e Parigi

Da quella data non si è mai tenuto un referendum e ad oggi la Rads controlla a malapena un quarto dell’intero territorio del Sahara occidentale. Un’ottantina di stati appartenenti alle Nazioni Unite ha riconosciuto la Repubblica democratica araba dei saharawi, ma sono sempre di più i paesi che cambiano la propria posizione per rafforzare i rapporti con il Marocco. Rapporti tesi, o meglio gelidi, quelli fra Rabat e Parigi, secondo Telquel, uno dei più importanti settimanali del paese del Maghreb, dovuti non solo alla questione saharawi ma a una vera e propria crisi diplomatica che si manifesta in diversi modi. La Francia non ha ormai da mesi un ambasciatore in Marocco, e lo stesso vale per il paese arabo a Parigi. Il viaggio previsto del presidente Emmanuel Macron in Marocco è stato ripetutamente rinviato. A questo si aggiunge la cosiddetta crisi dei visti: dalla fine del 2022 la Francia ha dimezzato i visti di lavoro concessi ai cittadini marocchini ed il paese arabo, per ripicca, non riprende i suoi cittadini espulsi da Parigi.

Una situazione molto complessa, aggravata dal fatto che alla corte del re del Marocco vivono ancora oltre cinquantamila cittadini francesi. La posizione di Rabat sugli aiuti potrebbe peraltro essere rivista nei prossimi giorni, vista l’estrema necessità. Tuttavia il rifiuto ad oggi è una mossa tesa a indicare la possibilità di Rabat di fare anche a meno di Parigi. Catherine Colonna, ministra degli Esteri di Emmanuel Macron, ha minimizzato l’incidente diplomatico dichiarando il Marocco uno stato sovrano e quindi libero di agire come meglio crede per il bene dei suoi cittadini. Nel classico gioco delle parti, il ministro francese ha dichiarato che non c’è stato nessun rifiuto ufficiale da parte del Marocco degli aiuti di Parigi e che sicuramente ci sarà la possibilità di aiutare il Paese. Colonna ha dichiarato inoltre che è in costante contatto con l’omologo marocchino e che Macron ha parlato direttamente con il re Mohammed VI, che si trovava proprio in Francia al momento dell’arrivo del sisma. Ma la scaltra diplomazia francese sta già percorrendo strade alternative per non perdere definitivamente posizioni.

Africa, questione di interessi

Al Marocco aiuti ufficiosi e ufficiali

Sono già partiti 5 milioni di euro per la Organizzazioni non governative francesi presenti in Marocco, un canale ufficioso per aiutare comunque il Paese e non rimanere del tutto escluso dalla partita. Il Maghreb interessa a molti, soprattutto per l'idrogeno verde di cui il Paese è primo produttore continentale. Anche la posizione a cavallo fra Oceano Atlantico e Mediterraneo fa gola, e Rabat resta una potenza regionale sulla quale gli Stati Uniti hanno già messo una seria ipoteca. Il Marocco è conteso fortemente anche dalla Turchia, che sta insistendo molto per un intervento in forze dopo il terremoto, ma il momentaneo no ai turchi ha motivazioni geopolitiche legate al possibile cambio degli equilibri nella regione.

Tra i paesi di cui sono stati accettati gli aiuti, la Spagna parte in posizione di forte vantaggio, per il riconoscimento della piena sovranità marocchina sulla terra del popolo saharawi. Una mossa di opportunismo politico, dato che Madrid ha ancora due exclave in Marocco, difese con forza dalla polizia di Rabat quando lo richiede il governo spagnolo. Gli altri due, Emirati Arabi Uniti e Qatar sono invece molto legati al Marocco per una serie di rapporti commerciali e strategic, oltreché votare insieme nelle risoluzioni della Lega Araba. Il Qatar ha una politica internazionale antitetica rispetto all’Arabia Saudita e cerca uno spazio geopolitico per affermare il suo ruolo elargendo enormi quantità di denaro a chiunque voglia aprire un canale preferenziale con Doha. Gli Emirati Arabi Uniti invece sono legati alla casa reale saudita, e sebbene in Yemen e nel Corno d’Africa si sono sempre accodati alle mosse di Riyadh, agiscono anche a livello personale. Infine la Gran Bretagna, che ha da sempre forti rapporti con il Marocco e mantiene la base di Gibilterra davanti alle coste marocchine dove non mancano esercitazioni militari congiunte fra le due marine.

Nel colpo di Stato del Gabon, il malessere delle nuove generazioni africane

Spicca l’assenza degli Stati Uniti che, nel 2020, sotto l’amministrazione di Donand Trump, avevano ufficialmente riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale, mantenedo la linea anche con la gestione Biden. Rabat accetterà invece contributi economici dalla Tunisia e dall’Egitto, ma il primo no categorico insieme a quello alla Francia è stato rivolto all’Algeria. Il Paese confinante ha una lunga storia di scontri e guerra a bassa intensità sul confine, quella che veniva chiamata “guerra delle sabbie”, e che è ormai chiuso da quasi due anni.

Nessun aiuto verrà dall’Unione africana, dove i sahrawi hanno un seggio, che ha preso una posizione chiara nel riconoscimento dell’indipendenza dell’ex Sahara spagnolo e che il Marocco ha duramente contestato.
Una serie di decisioni mantenute però nell’ufficiosità, perché Rabat ha dichiarato che la scelta di soli 4 paesi è dovuta al coordinamento e al tentativo di evitare confusione in un momento particolarmente delicato, non escludendo di aumentare a breve la platea degli stati che possono concorrere alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. La geopolitica, come sempre, ha invece un peso determinante e non smette di averlo nemmeno di fronte a tragedie come quella che ha appena sconvolto il Marocco. 

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