3 novembre 2023
Il 27 ottobre, a Milano, Greenpeace Italia ha presentato la situazione delle acque potabili in Lombardia, divulgando un dossier sulla presenza dei Pfas – sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate – nelle reti idriche delle 12 province del territorio. La ong ha rilanciato l’allarme di una contaminazione cronica e vasta per delle sostanze che l’Europa ha messo al bando.
“Partiamo da un fatto, i Pfas sono interferenti endocrini e sono considerati senza soglia, non c’è limite che tuteli dal possibile rischio sanitario una volta assunti”. Così il responsabile Inquinamento di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese, rivolgendosi al pubblico dell’Arci Bellezza di Milano, a cui ha spiegato cosa sono i Pfas, presenti nell’acqua dei rubinetti lombardi.
I Pfas sono interferenti endocrini e sono considerati senza soglia, non c’è limite che tuteli dal possibile rischio sanitario una volta assunti”, spiega Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia
Un anno di lavoro cominciato con l’accesso agli atti di tutti i gestori delle acque potabili e delle Agenzie per la Tutela della salute (Ats) lombarde e poi proseguito con un campionamento indipendente. “Al momento – aggiunge Ungherese – non esiste ancora una normativa per i Pfas nelle acque potabili, la direttiva europea ratificata dall’Italia entrerà in vigore solo nel 2026 e darà un limite di 100 nanogrammi per litro per 24 singoli Pfas. Oggi sono tanti i comuni che superano questo limite, ciò significa che centinaia di persone sono esposte a sostanze tossiche”.
“I Pfas sono composti chimici inventati dall’uomo, servono per rivestire le padelle e per rendere ignifughi i prodotti. Sono perfetti perché non mutano e resistono a tutto. Ma l’ambiente non riesce ad assorbirli, gli organismi viventi li accumulano e molti di questi Pfas interferiscono con il nostro sistema ormonale, danneggiandolo” spiega la dottoressa Sara Valsecchi, che dal 2008 insieme alla sua equipe del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) monitora l’inquinante in Italia.
Queste sostanze sono utilizzate da migliaia di piccole industrie, che per decenni hanno scaricato nei fiumi e nelle falde tutti i composti lavorati. “La contaminazione da Pfas non può sparire naturalmente, per questo i territori a forte vocazione industriale sono carichi di Pfas che arrivano fino alla rete potabile”.
Gli enti gestori hanno consegnato a Greenpeace una serie di dati che analizzano il periodo compreso tra il 2018 e il 2023: quasi 4mila campioni di cui 738 evidenziano la presenza di Pfas. Bergamo, Como e Brescia sono le province più esposte, con Pfas oltre il limite di 100 nanogrammi per litro.
I Pfas sono utilizzati da migliaia di piccole industrie, che per decenni hanno scaricato nei fiumi e nelle falde tutti i composti lavorati
“Abbiamo chiesto i dati sulle acque a consumo umano, i gestori ci hanno mandato dati che per alcuni comuni risalgono addirittura al 2015. Significa che i privati che gestiscono l’acqua pubblica erano già in possesso delle analisi per sostanze pericolose ma non li hanno mai pubblicati. Chiediamo con forza che il cittadino sappia cosa beva, che vinca la trasparenza per il bene comunitario” insiste Ungherese.
“Il primo accesso l’abbiamo fatto alla Regione Lombardia ad ottobre 2022. Siamo dovuti arrivare al referente per la trasparenza per avere una risposta, un segno di poca collaborazione dal primo ente che dovrebbe tutelarci” spiega Greenpeace. Ma cosa è successo in Regione sui Pfas? Nel gennaio 2021 l’Ente ha convocato un tavolo di confronto con i gestori delle acque lombardi e le Ats, sul tema della presenza o meno di Pfas nelle acque potabili. Viene organizzato un primo monitoraggio su alcuni Pfas, i sette più pericolosi, a carico sia delle agenzie sanitarie pubbliche sia dei singoli gestori.
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Di questa riunione la dirigenza tecnica della Regione, che ha istituito il tavolo, non avvisa i propri consiglieri regionali, tantomeno i cittadini. I dati raccolti rimangono così nei cassetti delle Ats e dei gestori. “C’è stata coordinazione tra gli enti, hanno prodotto dei dati ma senza avvisare la cittadinanza. Perché è successo?", viene chiesto durante la serata di Greenpaece. Da quella riunione di gennaio 2021, però, emergono mail e dati che ricordano il più grande inquinamento da Pfas nelle acque potabili d’Europa, quello del Veneto nel 2013.
Nel report del Consiglio Nazionale per le Ricerche (Cnr) che ha aperto il vaso di pandora sui Pfas in Veneto, tra le acque potabili controllate figurava quella della città di Lodi, con 110 nanogrammi trovati in una fontanella pubblica. I ricercatori del Cnr avevano quindi riferito di avere contattato il gestore, Sal (Società acqua lodigiana), per avere un riscontro dei dati. Già nel 2012 Lodi aveva registrato un picco di Pfas nelle reti potabili e Sal, attuale gestore per 60 comuni lodigiani, era stato avvisato.
In una fontanella pubblica di Lodi sono stati trovati 110 nanogrammi per litro di Pfas. La direttiva europea, a partire dal 2026, fisserà il limite a 100 nanogrammi
Lo stesso gestore controlla l’acqua di Crespiatica, piccolo comune nel lodigiano. I dati forniti a Greenpeace da Sal nella primavera del 2023 sono allarmanti: 1 microgrammo per litro di somma di Pfas, un valore che nel 2013 Sara Valsecchi aveva trovato a Lonigo, in provincia di Vicenza, epicentro del disastro Pfas. Un dato ritrovato in un carteggio consegnato sempre a Greenpeace da Sal e tenuto tra Ats città metropolitana e, appunto, il gestore. In un campionamento conseguente la riunione tenutasi in Regione, a gennaio 2021, Ats trova 1.140 nanogrammi per litro di Pfas nella rete potabile di Crespiatica. È il settembre 2021.
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La direttrice del dipartimento Igiene alimentare di Ats scrive una lettera al gestore per avvisare che il dato non risponde ai limiti Pfas imposti in Veneto, pari a 500 nanogrammi. Il gestore risponde annunciando la pulizia dei filtri e inviando nuovi dati in cui si evidenziano zero Pfas . Ma a maggio 2022 sempre Ats richiama Sal, comunicando ancora un dato altissimo con 1.020 nanogrammi di Pfas. “L’acqua risulta non conforme. È pertanto necessario adottare i provvedimenti più opportuni a fine di evitare che venga fornita al consumo umano acqua non rispondente ai requisiti di qualità fissati dalla norma vigente”. Ats chiede quali siano le strategie di contenimento e di inviare i dati delle acque grezze, ma nessuno di questi documenti scambiati tra Ats e Sal per il 2021 e per il 2022 viene recapitato al sindaco di Crespiatica, Carlo Alberto Rizzi.
Una piazza centrale su cui si affacciano la chiesa, il municipio e la scuola elementare. Un bar e un parcheggio che collega la scuola all’asilo nido. Dal 2019 Carlo Alberto Rizzi è sindaco di Crespiatica, un piccolo comune di 2mila persone al confine tra la provincia di Lodi e quella di Cremona. “Di Pfas non sapevo nulla fino al 15 maggio 2023 – spiega il primo cittadino – quando Ats Milano invia alla mail del protocollo un documento in cui si evidenziano Pfas per 200 nanogrammi litro. Non sapevo neanche cosa fossero, allora ho chiesto al gestore Sal che mi ha subito tranquillizzato dicendo che la situazione era sotto controllo”.
"Fino a maggio non sapevo cosa fossero i Pfas, ho chiesto al gestore dell'acqua lodigiana che mi ha tranquillizzato dicendo che la situazione era sotto controllo”, spiega il sindaco di Crespiatica Carlo Alberto Rizzi
Il 18 maggio esce il primo dossier Greenpeace, con i dati Sal raccolti a partire dal 2019 e, soprattutto, lo scambio di mail tra Ats e Sal. “Ho saputo di questi dati antecedenti il 2023 dalla trasmissione televisiva Iene. Il loro inviato è comparso davanti casa mia con il documento ufficiale. Ho chiesto subito cosa fosse successo e ancora una volta mi hanno risposto che i dati precedenti il 2023 non avevano alcun riferimento normativo, in quanto la direttiva entrerà in vigore nel 2026”.
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Il sindaco è preoccupato e decide di chiamare un collega veneto che nello stesso periodo aveva addirittura chiuso i pozzi per tre giorni. “Montebello Vicentino aveva 123 nanogrammi e l’Arpa ha avvisato il Comune di chiudere i pozzi. Hanno avuto le botti per tre giorni d’estate, fino a quando hanno cambiato i filtri. Se qui nessuno ci ha avvisato evidentemente è considerato un non problema”.
“Nell’impianto di potabilizzazione di Crespiatica sono presenti, da prima del 2010, due filtri contenenti ciascuno 4.200 kg di carbone attivo granulare, implementati con un terzo nel dicembre 2021. Ancor prima che si monitorassero i Pfas, quindi, l’acqua grezza di Crespiatica era trattata con una fase di filtrazione a carboni attivi”, dice a lavialibera l’ingegnere di Sal Carlo Locatelli. I carboni attivi sono filtri utilizzati per tutte le reti potabili venete da quando si è scoperta la contaminazione da Pfas.
I carboni attivi sono filtri utilizzati per tutte le reti potabili venete da quando si è scoperta la contaminazione da Pfas
“Nel 2012 – spiega ancora l’ingegnere – Sal aveva depositato alla Provincia di Lodi l’avvio della procedura per l’escavazione di un nuovo pozzo, poi realizzato nel 2019. Inoltre, sono in corso i lavori di costruzione della nuova centrale di potabilizzazione ed entro la fine di quest’anno è previsto il completamento di un primo lotto funzionale, da abbinare all’attivazione del nuovo pozzo”.
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Sal non ha competenze per cercare la fonte di emissione di queste sostanze, da dove ha origine la contaminazione e, di conseguenza, non saprebbe scavare un pozzo con acqua certamente pulita. Il lavoro di ricerca spetta ad Arpa Lodi, che nelle scorse settimane è stata sollecitata dalla stessa Sal. “Dal 1990 abbiamo in corso una bonifica per una vecchia industria di idrocarburi, è nella zona sud del nostro comune. Bisogna capire se questi Pfas vengano da lì”, commenta il sindaco Rizzi, che nel frattempo ha affisso per le stradine di Crespiatica manifesti riportanti la scritta“L’acqua è sicura”. Per il giovane amministratore “se gestore ed ente sanitario sono rassicuranti, la mia domanda è ‘dove sono le norme nazionali che limitano queste sostanze? E perché da politico non ho a disposizione una legge a cui attenermi?”.
“Sono un consigliere di opposizione di Mariano Comense, dove avete trovato 54 nanogrammi per litro di Pfas nel vostro campionamento di ottobre. Siamo preoccupati, ma la pubblica amministrazione non ci ascolta”, dice a margine della presentazione di Greenpeace uno spettatore. Subito dopo interviene una cittadina di Capriolo, in provincia di Brescia, dove il campionamento Greenpeace aveva trovato 19 nanogrammi. Sono richieste di aiuto, le persone sanno che l’acqua non dovrebbe contenere Pfas. “Abbiamo consegnato sei esposti alle procure dei territori contaminati, ma finora solo Arpa Brescia ci ha contattati. La nostra promessa è che continueremo a lavorare per pubblicare tutti i dati”, risponde Ungherese.
“Abbiamo consegnato sei esposti alle procure dei territori contaminati, ma solo Arpa Brescia ci ha contattati", dice Ungherese
“Unitevi, sedetevi davanti alla porta del sindaco con gli striscioni. Noi in Veneto abbiamo fatto così nel 2017, ora andiamo a Bruxelles a parlare con i parlamentari e i nostri gestori hanno speso milioni per cambiare le fonti idriche compromesse”, spiega Michela Piccoli, del movimento Mamme No Pfas, che dal 2017 lotta per l’acqua pulita nelle province venete esposte ai Pfas. Da una serata di presentazione a Milano parte una nuova rete di conoscenze e di protesta, per ottenere un diritto inalienabile: l’acqua pulita.
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