17 maggio 2024
Quest’anno anche lavialibera, per la prima volta da quando è nata, ha partecipato al Salone internazionale del libro di Torino, condividendo il suo stand con le Edizioni Gruppo Abele. Nella cinque giorni di Lingotto Fiere, sono molti i progetti editoriali che le numerose case editrici hanno portato da tutta Italia per il mutevole e differenziato pubblico dei lettori.
Quella che segue è una piccolissima, e ovviamente parziale, selezione di titoli usciti negli ultimi dodici mesi, particolarmente interessanti e inusuali, restringendo il campo soltanto all’ambito della narrativa pubblicata dall’editoria indipendente.
Ezio Sinigaglia, il giocoliere del linguaggio
Pubblicato all’inizio di questo maggio dalla casa editrice di Perugia pièdimosca, nella collana glossa, A caccia di conigli è un libro dell’eccentrico autore uruguaiano Mario Levrero (1940-2004), tradotto e curato da Raul Schenardi. Ci troviamo in un bosco, dove un indefinito gruppo di cacciatori, cercando di sfuggire al controllo di un egualmente indefinito gruppo di guardiaboschi, è impegnato in una costante, ironica e onnipervasiva caccia di conigli: un’attività che per i cacciatori è tutta la vita, il loro principale e unico impegno. Non un libro come non se ne trovano spesso, in giro.
Piuttosto un bizzarro labirinto narrativo in cui è d’obbligo perdersi e vagare alla cieca, un labirinto in cui il senso è dato esattamente dall’assenza di un senso univoco o definitivo e in cui i personaggi modificano senza spiegazioni le loro intenzioni, vestendo al bisogno gli uni i panni degli altri. A caccia di conigli, scritto nel 1973, è infatti una sorta di romanzo costruito per frammenti dove a regnare sono l’incoerenza e lo smarrimento di qualsiasi tipo di bussola: un cortocircuito di episodi totalmente fuor di sesto che, nel costruire una trama saltellante e scriteriata, si contraddicono di continuo, non volendo fare all’apparenza null’altro che questo.
"Povere creature!". Dietro il film, l'opera di Alasdair Gray
Restando nell’ampio calderone del genere fantastico, il secondo titolo è La cattedrale di nebbia dell’autore belga Paul Willems (1912-1997), pubblicato nel marzo 2024 dalla casa editrice di Pordenone Safarà nella traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Federico Musardo. Una singolare raccolta di racconti (sei) e saggi decisamente narrativi (due) in cui a regnare in purezza è la potenza dell’immaginazione, l’edificazione di singolari costruzioni narrative fiabesche e brumose al cui interno sono ospitate atmosfere eteree e dal grandissimo impatto per la nostra fantasia di lettori.
A testimonianza di quanto detto, basti soltanto allegare un breve rimando allo straordinario racconto che dà il titolo alla raccolta, in cui un architetto stanco di utilizzare la pietra per erigere le proprie opere decide di dar vita, sfruttando lo spazio di una radura in un bosco, a un’evanescente e diafana cattedrale di nebbia, messa in piedi grazie a un sistema di mantici generatori di correnti d’aria e a una centrale di vapore sotterranea. Una cattedrale senza porte né finestre, e senza ovviamente campane, ma con l’edera che “non potendo aderire alle pareti, ricopriva il suolo di uno spesso tappeto il cui colore verde era esaltato da una luce diffusa di grigio finissimo”.
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Dal fantastico si passa ai territori del realismo per segnalare Ore perse. Vivere a sedici anni di Caterina Saviane (1960-1991), figlia del più noto giornalista Sergio. Scrittrice e poeta prematuramente scomparsa per un’overdose, Caterina Saviane rappresenta nel panorama letterario italiano una voce del tutto peculiare che fino a qualche anno fa era ingiustamente caduta nel dimenticatoio. Grazie alle edizioni romane Rina, oggi possiamo rileggere il suo sorprendente diario-romanzo scritto in piena adolescenza, che nel 1978 era stato pubblicato da Feltrinelli nella collana Franchi Narratori, per andare poi, purtroppo, fuori catalogo.
Nonostante i quasi 50 anni che nel frattempo sono passati dalla sua prima pubblicazione, Ore perse è un libro che non si è lasciato dietro nemmeno un grammo della sua forza, tutt’altro. Composto con una prosa lirica assai piacevole alla lettura e decisamente matura, ci regala una raccolta di immagini familiari, situazioni e riflessioni a cui uno sguardo irrequieto si volge con animo perlopiù scettico e cupo, ma non senza tagli di ironia, riportandoci scorci di vita di un’adolescenza che, gettata nell’insensatezza feroce dell’esistenza (propria e degli altri), ogni giorno è anche un po’ morte: “Che bello, non vivo più, non amo più inutilmente, non soffro più. Che labirinto la mia mente, che vuoto senza amare”.
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Innescato da una malattia della voce narrante è invece il monologo (anch’esso tormentato) Clic, libro di poche pagine scritto da Mario Giorgi (1956) e pubblicato dalla torinese hopefulmonster nella collana Pennisole, curata dal neofinalista del Premio StregaDario Voltolini. Come in altri casi della collana, in cui si nascondono piccoli gioielli letterari, ci troviamo di fronte a un agile volumetto dove l’accento è messo in larga misura sulla lingua con cui procede la narrazione. Clic è infatti un “inopinato vanverare”, una “logorrea” recitata con lunghissime frasi senza punti che solo di rado si interrompono (appunto con un “clic”) per farci riprendere fiato.
Nient’altro che le libere riflessioni senza respiro di una “non-persona”: un Mario Rossi qualsiasi, ospedalizzato e radicalmente ateo che, proprio in ragione della malattia che lo costringe a stanziare nel contesto nosocomiale, si trova alle prese con l’idea della morte, nel tentativo forse vano di non reagire come gli altri esseri umani, incapaci di accettare “la prospettiva più semplice e probabile, che recita cioè che come siamo venuti dal nulla nel nulla svaniremo”; incapaci di farlo “per il semplice motivo che pensiamo e parliamo” dando “credito alle più assurde fantasie”, per le quali “ci affanniamo fino a perdere la vita”.
Racconti iperbrevi, cinque libri da scoprire
L’ultimo libro è un’altra novella, forma che negli ultimi tempi sta tornando ad avere il suo legittimo spazio nel panorama editoriale italiano, grazie soprattutto al lavoro di case editrici di piccole e medie dimensioni. Tra queste c’è la modenese Zona 42 che, per arricchire il suo catalogo dedicato alla letteratura di fantascienza e weird, già da qualche anno ha inaugurato la collana di racconti lunghi 42 Nodi, in cui nel novembre del 2023 è comparso Trofeo, libro dal grande impatto emotivo della romana Emanuela Cocco.
Se nel caso di Clic era una voce umana (molto umana) a parlare, qui ascoltiamo invece quella degli oggetti: cosa davvero inusuale in un contesto editoriale fortemente legato all’interiorità dell’io. Gli oggetti che parlano sono appunto dei trofei, testimonianze che uno stupratore femminicida conserva come feticci dopo aver commesso le sue deprecabili efferatezze.
La narrazione è mossa in particolare dalla voce di una gonna, acquistata da una ragazza proprio per l’appuntamento che si rivelerà fatale, quando alla viscosa e all’elastan si aggiungeranno “fango, sperma, alcol e un bel po’ [… di] sangue”. È proprio lei, la gonna, l’unica testimone della violenza, che racconterà in differita rivolgendosi alla sua vecchia padrona, prima di finire in un cassetto che è la bacheca del mostro, con altri macabri trofei che conservano la memoria delle padrone ormai morte a cui sono stati strappati.
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