Il nuovo albo degli educatori taglia fuori gli stranieri

La legge 55/2024 ha istituito l'albo professionale per educatori e pedagogisti, ma possono iscriversi soltanto le persone in possesso della cittadinanza italiana. Una discriminazione che esclude professionisti preparati

Alessandro Wahid

Alessandro WahidAspirante giornalista

10 ottobre 2024

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Lo scorso 8 maggio è entrata in vigore la legge 55/2024 che istituisce gli albi professionali per educatori e pedagogisti, la cui iscrizione è obbligatoria per esercitare la professione. Un passo in avanti importante, se non fosse che la norma (articolo 7) pone tra le condizioni per procedere all’iscrizione il possesso della cittadinanza italiana “o di uno Stato membro dell'Unione europea o di uno Stato rispetto al quale vige in materia la condizione di reciprocità”.

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Altri requisiti sono: non avere riportato condanne penali passate in giudicato per delitti che comportano l'interdizione dall'esercizio della professione; avere conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione; avere la residenza in Italia o, per i cittadini italiani residenti all'estero, dimostrare di risiedere all'estero in quanto al servizio, in qualità di pedagogisti o educatori professionali socio-pedagogici, di enti o imprese nazionali operanti fuori del territorio dello Stato.

Tutti i professionisti senza cittadinanza che risiedono in Italia, che qui si sono formati e hanno fatto esperienza, vengono tagliati fuori dall’albo

Questo significa che tutti i professionisti senza cittadinanza che risiedono in Italia, che qui si sono formati e hanno fatto esperienza, vengono tagliati fuori dall’albo. È il caso di Luiz Pehno, un educatore professionale brasiliano che si è laureato all’Università di Torino e dal 2012 lavora con l’Asai, un’associazione che offre spazi di aggregazione e percorsi di supporto scolastico, oltre a corsi di italiano, laboratori artistici, orientamento lavorativo, formazione, accoglienza e attività culturali per minori, giovani e adulti.

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“Mi sono trasferito in Italia proprio per laurearmi come educatore, dopo aver fatto delle esperienze in Brasile. Dopo due anni trascorsi all’università, ho conosciuto l’Asai e con loro ho iniziato il tirocinio. Era il 2012 e da allora lavoro insieme a loro in ambito educativo. In  fondo è questo il mestiere che volevo fare”.

Una legge ingiusta

Penho è seduto davanti alla colorata sede dell’Asai, nel cuore del quartiere San Salvario, e spesso interrompe il suo racconto per salutare i passanti, giovani e adulti che frequentano l’associazione o risiedono in zona. Lavora qui da 12 anni e oramai conosce tutti. “Non mi sarei mai aspettato una legge così escludente, soprattutto per un lavoro come quello dell’educatore che genera inclusione”, dice a lavialibera.

Penho ha già inoltrato la domanda di cittadinanza, proprio nei giorni in cui è stato raggiunto il quorum di firme necessario per indire il referendum che punta a dimezzare il tempo necessario per l’ottenimento dello status di cittadino italiano, da dieci a cinque anni. In questi anni ha lavorato con le scuole e ricorda quando ha dovuto rispondere a una giovane studentessa di seconda generazione che domandava come mai non avesse ancora la cittadinanza, nonostante fosse nata in Italia e sapesse giusto sulla mappa dove si trova l’Algeria, il paese d’origine dei genitori.

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Penho ritiene fondamentale che i giovani, esclusi dalla cittadinanza Italiana, prendano coscienza della realtà che vivono.

Asgi: “Formati e qualificati, ma esclusi”

Dopo l’entrata in vigore della legge, si è subito attivata l’Associazione per gli studi giuridici per l’immigrazione (Asgi), che ha denunciato attraverso un appello sottoscritto da più associazioni “l’incostituzionalità e l’irragionevolezza” dell’articolo, chiedendone l’abolizione.

Visto l’elevato numero di giovani di origine straniera, sarebbe necessario rafforzare la presenza di educatori con background differenti

L’avvocato dell’associazione, Alberto Guariso, ha spiegato come le strade percorribili siano due: una direttiva del ministero competente che chiarisca l’ammissibilità dei cittadini stranieri oppure un disegno di legge che elimini il requisito discriminatorio. Secondo il legale, l’articolo 7 entra in contrasto con l’articolo 2 del Testo unico sull’immigrazione, secondo il quale lo straniero che soggiorna regolarmente sul territorio italiano “gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano”.

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In sostanza, chi è in possesso di un valido permesso di soggiorno dovrebbe essere libero di iscriversi all’albo, anche se sprovvisto della cittadinanza. Guariso ricorda, infine, come in occasione dei funerali di Youssef Mokhtar Loka Barsom, il ragazzo di 18 anni morto al carcere San Vittore di Milano, sia stata denunciata la grave carenza di educatori, soprattutto in realtà delicate come gli istituti penali, incluso quello minorile.

La felicità è avere diritto alla diversità

Oltretutto, visto l’elevato numero di giovani di origine straniera, sarebbe necessario rafforzare la presenza di educatori con background differenti, in grado di interagire meglio con chi è in difficoltà. “Le persone straniere che vivono in Italia – conclude Penho – contribuiscono allo stesso modo dei cittadini italiani e per questo vanno riconosciute.  poi includere aiuta il Paese a crescere”.

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