13 novembre 2024
Tre mesi senza poter mettere piede al liceo Archimede di via Vaglia a Roma e la decurtazione del 50 per cento dello stipendio. È la sanzione disciplinare che l'Ufficio scolastico regionale del Lazio ha inviato a Christian Raimo, insegnante, scrittore, giornalista ed ex assessore alla Cultura del III municipio di Roma, che si era candidato anche alle scorse elezioni europee con Alleanza verdi e sinistra. A settembre, in un dibattito pubblico, aveva criticato aspramente le politiche del Ministro leghista Giuseppe Valditara: “Da un punto di vista politico – aveva detto – Valditara va colpito come si colpisce la Morte Nera di Star Wars. Nella sua ideologia ci sta tutto il peggio: la cialtroneria, la recrudescenza dell’umiliazione, abilismo, classismo, sessismo. Tutto quello che dice è arrogante, cialtrone, lurido”. Poi è arrivato il provvedimento. A sostegno del professore si sono mobilitati gli studenti. "Sapere cosa pensano mi dà la possibilità di imparare da loro – aggiunge –. Se pensiamo alla relazione educativa come uno scambio novizio-esperto più che maestro-allievo riusciamo a non ridurla a ginnastica all'obbedienza". L'abbiamo intervistato.
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Raimo, nel provvedimento dal ministero cosa le è stato imputato?
Nel documento c'è scritto che ho violato alcuni articoli del codice di comportamento per docenti. Questa sanzione è ancora in essere, quindi sono cauto, anche perché se parlo del provvedimento posso incorrere in un'altra sanzione.
Che pensieri sono scaturiti?
In questi giorni sto pensando a cosa vuol dire educare e mettere in discussione il potere, riuscendo in una cosa in cui di solito un professore fatica: essere difeso dai propri studenti. Non tutti, perché ci sono alunni che pensano che sia stato improvvido e stupido. Questo per me è importante, perché pone la questione di un docente che viene sottoposto a un provvedimento e quindi perde l'autorità. Capire come reagiscono gli studenti è interessante.
Cosa è successo?
Le relazioni educative sono meravigliose, perché ci si può educare all'amicizia, all'affetto, alla libertà, alla paura, a ciò che è importante nella vita
Questo è forse l'aspetto che mi ha commosso di più. Alcuni si sono mobilitati, altri mi hanno domandato cosa dovessero fare e io gli risposto che semplicemente avrebbero dovuto seguire ciò che sentivano. Ciò che mi dispiace di più è non poter entrare a scuola e fare lezione con loro. Le relazioni educative sono meravigliose, perché ci si può educare all'amicizia, all'affetto, alla libertà, alla paura, a ciò che è importante nella vita. In tutto questo, però, serve sottolineare che non confondo mai il mio ruolo pubblico con il mio ruolo professionale. Ovviamente i miei studenti sanno quali sono le idee politiche, ma non ne parlo mai durante lezione. Le persone, però, stanno in classe anche con il proprio corpo, e ciò che sta dentro e fuori dall'aula è in relazione, anche se come professore tengo questi aspetti ben distinti. I miei studenti stanno diventando diciottenni, capire cosa significhi manifestare o se siano, in questo caso, d'accordo con la sanzione è prezioso, perché sapere cosa pensano mi dà la possibilità di imparare da loro. Fa parte della relazione politica che abbiamo con il mondo.
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Vuole evitare il rischio che la idealizzino?
Non credo ai professori carismatici, a quelle reazioni alla "Capitano, mio capitano" e penso che quando entro in classe sono molto diverso dal professor Keating (protagonista del film L'attimo fuggente, da cui la citazione "Capitano, mio capitano", ndr). Di sicuro non gli dico di strappare i libri, ma cerchiamo di capire come possiamo sfruttare al meglio quello che la scuola pubblica ancora ci dà. Penso siano molto buoni i professori che fanno ricerca insieme ai ragazzi, collaborativi, perché riesce a creare una relazione sincera e sviluppa all'interno della classe una responsabilità educativa. Idealizzare o fermarsi alla semplice solidarietà significa perdere una reale occasione di riflessione.
Quando si instaura un rapporto virtuoso in classe, cosa si innesca?
È il gioco della dialettica, che porta con sé il conflitto, il silenzio, la recriminazione, oltre che il dialogo
Si accende la possibilità che i ragazzi abbiano un rapporto in cui si possa criticare il docente, in un ambiente dove proprio quell'argomentazione viene valorizzata. È il gioco della dialettica, che porta con sé il conflitto, il silenzio, la recriminazione, oltre che il dialogo. Una relazione che porta idee e che ti fa ripensare a ciò che hai detto e riportare in classe argomentazioni di quei pensieri.
Quindi che cos'è per lei la scuola?
In questi giorni ci sto riflettendo molto. Se la scuola è un luogo che in qualche modo educa alla libertà o se è un luogo in qualche modo che educa all'autorità, che non è autogoverno, non è autonomia, ma che è potere. Sto rileggendo alcuni "cattivi maestri", che vedono la scuola più simile a una istituzione coercitiva che a uno strumento di emancipazione, dal pedagogista Francesco De Bartolomeis al filosofo Louis Althusser, e che vorrebbero cambiarla.
Quali strumenti dovrebbe dare?
Questa domanda mi riporta a un'autobiografia che sto leggendo, Tutti i mondi che vedo (Luiss university press) di Fei-Fei Li, una delle ricercatrici che ha inventato l'intelligenza artificiale e la sua è una storia di educazione, che trova un professore che capisce le sue doti e con cui collabora per far nascere l'Ia: questo è commovente. L'inclinazione nostalgica di un potere che sembra sfuggirci cerca di riprodurre quelle stesse forme in luoghi come la scuola, in famiglia, in università, dove si creano delle strutture gerarchiche di dominio. Se pensiamo alla relazione educativa come uno scambio novizio-esperto più che maestro-allievo riusciamo a ridurre quella intensa e pericolosa relazione di dominio, che diventa ginnastica all'obbedienza e poco altro.
Immagini la prima ora in cui rimetterà piede in classe. Cosa succederà?
Stare in classe ha un solo obiettivo: far sentire che ci sono dei corpi, oltre che i nomi sull'appello
Intanto spero accada, perché tre mesi sono tanti e spero non ci sia un ulteriore provvedimento. Ora c'è una supplente importante, quindi al mio rientro ripartirò dai ragazzi, da come stanno. Chiaramente ho impostato la lezione per spiegare la rivoluzione scientifica, non si chiacchiererà del più e del meno, però la facciamo partendo dal contesto di quel giorno, magari un giovedì, piovoso, in cui a Gaia è successa una cosa che l'ha messa di cattivo umore, mentre a Leonardo il contrario. Quella lezione sarà calata nel loro contesto. Nel migliore dei casi succederà così, poi si vedrà: l'osservazione dei primi minuti serve a stimolare l'attenzione verso il tema del giorno. Questo ha un solo obiettivo: far sentire che ci sono dei corpi, oltre che dei nomi sull'appello.
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