1 maggio 2024
È possibile una scuola veramente inclusiva o è solo un’utopia? Prima di rispondere a questa domanda occorre chiarire il significato del termine inclusione, declinato al sistema scolastico italiano. Con questa espressione si intende un nuovo modo di pensare a un’istituzione, capace di rimuovere tutto ciò che ostacola l’apprendimento degli alunni. Allo stesso tempo, l’inclusione si basa sul riconoscimento del valore della diversità e sulla piena partecipazione alla vita scolastica di tutti gli studenti.
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Fra i detrattori della scuola inclusiva troviamo a volte anche gli insegnanti curricolari, che invece delle classi differenziate o delle scuole specifiche per studenti con disabilità, ritengono più opportuno escludere la persona e “segregarla” in un’aula, in compagnia di un insegnante di sostegno. I docenti curriculari sono convinti che mettere in un’unica classe persone “normali” e disabili ostacoli l’apprendimento dei primi.
Oggi la relazione tra l’insegnante di sostegno e l’alunno disabile impedisce una vera e propria inclusione all’interno della classe, poiché quest'ultimo viene separato dal resto dei compagni. Inoltre, pare ci sia anche un certo scetticismo da parte del personale educativo verso la piena realizzazione di un contesto inclusivo, dovuto all’accumularsi di difficoltà concrete riscontrate in questa “missione”.
Serve sensibilizzare fin dalla prima infanzia, in modo che in classe tutti possano relazionarsi con chi presenta capacità e bisogni educativi differenti
Lo scorso anno più di 200mila insegnanti di sostegno sono stati selezionati dalle liste curriculari per far fronte alla carenza di figure specializzate. Docenti che non hanno ricevuto una formazione specifica per svolgere questo delicato ruolo, mandati in classe senza le dovute competenze.
All’improvvisazione si aggiunge la mancanza della continuità didattica, che crea un turnover continuo a discapito della qualità dell’apprendimento e del benessere degli studenti con disabilità. Oltretutto, non aiuta l’impostazione didattica delle scuole italiane di ogni ordine e grado, improntata quasi esclusivamente sulla lezione frontale: un metodo che non rappresenta una soluzione inclusiva.
Nonostante questi problemi, penso che una didattica "per tutti" sia possibile. È necessaria una sensibilizzazione fin dalla prima infanzia, in modo tale che già da piccoli gli alunni siano in grado di relazionarsi con chi presenta capacità e bisogni educativi diversi. Si può instaurare un clima di supporto e di collaborazione tra gli studentiche possono assumere il ruolo di "piccoli insegnanti".
Dove andrai a scuola è questione di classe
Come disse nel I secolo d.C il filosofo e pedagogista Quintiliano, per un bambino è molto più semplice emulare, e di conseguenza apprendere, dai propri compagni piuttosto che dall’insegnante. Per chi è affetto da disabilità il confronto e la relazione con i compagni rappresentano una grande fonte di apprendimento sia a livello scolastico sia sotto il profilo delle social skill, ossia le competenze sociali.
Per un bambino è molto più semplice emulare, e di conseguenza apprendere, dai propri compagni piuttosto che dall’insegnante
Nel quotidiano i processi di apprendimento "per imitazione" consentono alla persona disabile di apprendere competenze in modo "più normale". Allo stesso tempo, di fronte a bisogni specifici che necessitano di risposte “speciali”, è necessario includere l’alunno con disabilità all’interno del contesto classe, così da migliorare le sue capacità di collaborazione.
Sono convinta che in questo frangente il docente assume un ruolo cruciale, perciò chi decide di assumere questo ruolo dovrebbe possedere un ventaglio di competenze di natura psicopedagogica che le permettano di relazionarsi anche con i bambini che presentano delle difficoltà. Fra le soluzioni inclusive rientrano, ad esempio, l’impiego di nuove strategie educative come il lavoro a piccoli gruppi, laboratori per sviluppare competenze che trascendono anche dal curriculum scolastico oppure utilizzare il cooperative learning, vale a dire l’apprendimento cooperativo, basato sull’interazione all’interno di un gruppo di allievi che collaborano per raggiungere un obiettivo comune.
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Strategie che ritengo molto efficaci per gli alunni con disabilità ma non solo, perché riducono l’ansia e mettono tutti sullo stesso piano, facilitando, oltre che l’apprendimento, anche le relazioni sociali. Solo così è possibile creare una "speciale normalità" all'interno dell’ambiente scolastico.
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