Lo stabilimento Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza (Foto Federico Bevilacqua)
Lo stabilimento Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza (Foto Federico Bevilacqua)

Pfas in Europa: 40 anni di inquinamento, ma il profitto vince su tutto (seconda e ultima parte)

I composti chimici servono per molteplici usi, ma sono tossici per l'ambiente e dannosi per la salute umana. Un rischio concreto che le lobby internazionali hanno messo a tacere. Come è andata lo racconta quest'inchiesta cross-border realizzata da lavialibera nell'ambito del progetto Forever Lobbying Project coordinato da Le Monde

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

15 gennaio 2025

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[LEGGI LA PRIMA PARTE DELL'INCHIESTA]

La caduta e le ultime decisioni

Le istituzioni pubbliche sono ormai consapevoli della pericolosità di questi composti e la conferma arriva dai primi esiti del progetto Perforce, che dimostrano come il pfoa sia presente in tutti i fiumi. La Norvegia decide allora di limitarne l’utilizzo e spingere affinché il Reach includa criteri di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità. In una mail che Carlo Maria Gloria invia a Giovanni Costa emerge il rischio paventato nelle riunioni del gruppo: “La proposta della Norvegia può avere un impatto negativo per Miteni rispetto alla Reprotox Cat.2 (può danneggiare il feto). Nel caso venisse accolta in sede europea questo potrebbe ridurre da 11 a 3 anni la registrazione della sostanza al Reach. Per quanto riguarda la classificazione come Cancerogeno mi pare inevitabile”.

Nei primi anni Duemila le istituzioni pubbliche sono ormai consapevoli della pericolosità di questi composti e la conferma arriva dai primi esiti del progetto Perforce, che dimostrano come il pfoa sia presente in tutti i fiumi

Nello stesso documento Gloria risponde a una sollecitazione del tossicologo della Dupont Waltze de Wolf, che invita Miteni a contattare il ministero della Sanità italiano a seguito di articoli usciti sulla pericolosità del pfoa: “La raccomandazione di WdW mi lascia perplesso, non credo che i funzionari del Ministero in sede europea si lascino influenzare da articoli di stampa. Mi chiedo invece se loro abbiano ricevuto gli studi promossi da PlasticsEurope e finanziati da Miteni”.

Gloria apre così un dialogo con l’Istituto superiore di sanità (Iss), che incontrerà in più di un'occasione i dirigenti Miteni per parlare di pfoa. Gloria e Costa affermeranno che il composto è monitorato nei lavoratori e sotto controllo ambientale. Differente è invece il tono della riunione che si tiene alla fine del 2006 tra le nove sorelle, in cui si discute la decisione degli Stati europei di classificare come tossico il pfoa.

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Malinverno, referente di quella riunione, chiede di concertare una risposta politica alla nuova regolamentazione europea del Reach. Bisogna capire quali potrebbero essere le ricadute economiche nel caso in cui il pfoa venga etichettato come tossico, con particolare riferimento al processo riproduttivo, e si ipotizza uno studio da compiere sui porcellini d’India. Dupont e 3M sono favorevoli e si rimanda alla riunione del gruppo di inizio 2007, dove Solvay, Arkema e Daikin decidono di non finanziare lo studio sulle cellule tumorali nei roditori.

Miteni, e soprattutto il tossicologo Farrar, sono invece favorevoli, ritenendolo necessario per evidenziare possibili correlazioni tra pfoa e tumore al fegato. La stessa Epa chiede accertamenti sulla correlazione, indicando come il pfoa sia un proliferatore perossisomale, ossia un ricettore ormonale che può causare lo sviluppo di tumori. La decisione di finanziare uno studio così impegnativo dal punto di vista economico deve essere unanime e la risposta arriva da Malinverno a metà 2007: “Solvay ha deciso di riconsiderare l’intero lavoro del gruppo per meglio rispondere alle necessità politiche della fase di regolamentazione europea. Non siamo contrari alla versione accademica ma in questo momento abbiamo altre priorità”.

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Allo scambio di mail consultate da lavialibera si aggiunge quella di Bruno Schmidt, tossicologo di Solvay: “Questo studio non basterebbe a spostare la spada di Damocle del pfoa al Reach. Io penso che lo scopo principale del gruppo sia di sponsorizzare studi scientifici che meglio possano contrastare/minimizzare l’impatto del Reach sul Pfoa”. La scelta di Solvay blocca lo studio sui porcellini d’India ma non ferma il legislatore europeo, che nel 2009 inserisce il pfos tra gli inquinanti persistenti, recependone l’inclusione nella Convenzione di Stoccolma.

Nel 2013 il pfoa viene indicato nel regolamento europeo Clp come reprotossico. La lotta delle nove sorelle è persa: a 17 anni dal primo incontro tenutosi in California il pfoa viene vietato.

Dal 2009 ad oggi

Negli anni a seguire gli incontri del gruppo servono a calibrare la risposta industriale alle restrizioni internazionali. In una riunione di fine 2009 (doc 4) alla quale partecipano le imprese produttrici di pfas si discute di alternative al pfoa, di commercio in Cina e di una serie di punti da sviluppare entro cinque anni, fra cui la comunicazione diretta alla popolazione. L’intenzione è spiegare cosa siano i fluoropolimeri, tra cui il Teflon appunto.

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David Farrar spiega che i fluoropolimeri non sono pericolosi in quanto si tratta di prodotti finiti, al contrario dei pfas, che sono il composto utilizzato per arrivare al prodotto finale. Distinguere fra composti e metodi produttivi serve a smorzare l’allarme che si sta diffondendo tra scienziati e comunità civile, come dimostrano numerosi documenti consultati da lavialibera.

Il 20 novembre 2024 Echa, l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, riporta in assemblea plenaria le prime reazioni ai commenti prodotti dopo la richiesta di restrizione e divieto dei pfas, promossa nel 2023 da cinque Stati europei (Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia). Uno dei punti riguarda proprio l’esclusione dei fluoropolimeri, che i produttori considerano innocui rispetto ai pfas “storici”. I fluoropolimeri, inoltre, sono considerati essenziali per lo sviluppo della nuova tecnologia verde sponsorizzata dal Green Deal e finanziata in parte dal pnrr.

Nel settembre 2024 l’ex premier italiano Mario Draghi, presentando il dossier sulla competitività europea, prende una posizione netta: “Un possibile divieto imminente di una serie di sostanze pfas avrebbe un impatto sull'uso di sostanze necessarie per la produzione di tecnologie pulite (batterie ed elettrolizzatori), per le quali attualmente non esistono alternative”. Tra i consulenti del rapporto compaiono diverse ong e associazioni, tra cui il Cefic presieduto da Ilham Kadri, amministratrice delegata di Syensqo, società nata nel 2023 come spin off di Solvay.

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Un ruolo quello della manager che vent’anni prima era stato ricoperto da Giuseppe Malinverno, a dimostrazione di come Solvay nel corso degli anni sia riuscita a mantenere un ruolo apicale nel settore della chimica. A inizio dicembre Kadri riceve al centro di ricerche di Bollate il neo commissario europeo all’industria Stephane Séjourné. Si tratta della prima visita ufficiale del commissario, che insieme al ministro del Made in Italy Alfonso Urso fa la conoscenza fa la conoscenza del nuovo fluoropolimero essenziale per l’idrogeno verde, Aquivion, che dal 2025 Syensqo Solvay produrrà senza utilizzo di pfas. “Aquivion rimane un pfas e una volta riversato in ambiente il prodotto degrada in pfas”, riporta nella scheda di produzione di Aquivion il ricercatore Joost Dalmijn, che ha svolto una consulenza per il gruppo giornalistico. 

Secondo una stima elaborata dal gruppo di lavoro interno al Forever lobbying project, nei prossimi vent’anni l’Italia dovrà spendere 391 milioni all’anno per ripulire acqua, suolo e aria dai pfas, mentre all’Europa serviranno 100 miliardi all’anno per le operazioni di bonifica. Oggi la situazione italiana è drammatica e, nonostante i pericoli confutati da studi e campionamenti, le lobby delle società produttrici continuano a ottenere profitti, con le istituzioni di controllo incapaci di porre fine all’inquinamento. Miteni e Solvay sono entrambe sotto processo per disastro ambientale. Carlo Maria Gloria e Giuseppe Malinverno non sono coinvolti e non hanno mai risposto alla richiesta di intervista.


L’inchiesta cross-border Forever Lobbying Project è stata coordinata da Le Monde e ha coinvolto oltre 46 giornalisti e 29 media partners provenienti da 16 paesi: Rtbf (Belgio); Denik Referendum (Repubblica Ceca); Investigative Reporting Denmark (Danimarca); Yle (Finlandia); Le Monde e France Télévisions (Francia); Mit Technology Review Germany, Ndr, Wdr e Süddeutsche Zeitung, (Germania); Reporters United (Grecia); L'Espresso, Radar Magazine, Il Bo Live, Facta.eu e Lavialibera (Italy); Investico, De Groene Amsterdammer e Financieele Dagblad (Paesi Bassi); Klassekampen (Norvegia); Oštro (Slovenia); Datadista/elDiario.es (Spagna); Sveriges Radio e Dagens Etc (Svezia); Srf (Svizzera); The Black Sea (Turchia); Watershed Investigations / The Guardian (Regno Unito), con una partnership editoriale con Arena for Journalism in Europe, e in collaborazione con l’Osservatorio no profit sulle lobby Corporate Europe Observatory.

L’inchiesta è basata su oltre 14,000 documenti fin qui mai pubblicati sui pfas; le sostanze chimiche persistenti, detti perciò anche forever chemicals. Il lavoro ha incluso la sottomissione di 184 richieste di accesso agli atti (Foia), 66 dei quali sono state condivise con il nostro progetto dal Corporate europe observatory.

L’inchiesta ha sviluppato ulteriormente l’esperimento di giornalismo ‘expert-reviewed’ (rivisto e verificato da esperti) inaugurato nel 2023 con il Forever Pollution Project attraverso la costituzione di un gruppo di esperti composto da 18 esperti accademici internazionali e avvocati.
Il progetto è stato supportato finanziariamente dal Pulitzer Center, la Broad Reach Foundation, Journalismfund Europe, e IJ4EU. Il sito di riferimento del progetto internazionale è: https://foreverpollution.eu.

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