
Referendum 8 e 9 giugno 2025, come votare fuorisede e i 5 quesiti

17 marzo 2025
L’obiettivo dei 60mila posti letto destinati agli studenti universitari è molto lontano. In base ai decreti registrati, sono 11.275 i posti letto finanzianti con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E c’è di più: in molte città a forte vocazione universitaria, come Forlì, Pavia, Pisa e Siena, Perugia, Urbino, “non risultano interventi per posti letto”. Pochissimi, inoltre, i progetti pubblici. Emerge dal rapporto È tutto sbagliato, realizzato dall’Unione degli universitari (Udu) insieme alla Cgil per fare il punto sull’attuazione del Pnrr.
Studentopoly. Il gioco del Pnrr e degli studentati
“I posti letto realizzati finora sono nettamente sotto gli obiettivi e, soprattutto, la loro distribuzione non colma il fabbisogno delle città che hanno più studenti fuorisede”, afferma il sindacato di sinistra degli studenti. Da molto tempo il ministero dell’Università e della ricerca, guidato dalla ministra Annamaria Bernini, fatica nel perseguire l’obiettivo.
La nomina di un commissario, l’ingegnere Manuela Manenti, sembra aver sbloccato alcune pratiche anche grazie a una riduzione dei vincoli, ma la situazione non è risolta, al punto che si ipotizzava un taglio dell’obiettivo, smentito dal nuovo ministro delegato al Pnrr, Tommaso Foti: “Ad oggi sono pervenute domande pari a 22.000 posti letto, quindi, non c'è nessun taglio”, ha spiegato in un question time alla Camera il 25 febbraio scorso. “Oggi ci troviamo con poco più di 23mila posti letto approvati dalla commissaria ad hoc e 13.640 fermati perché al di sotto degli standard richiesti”, ha spiegato a La RepubblicaMaurizio Carvelli, fondatore di Camplus, azienda che costruisce e gestisce residenze private, sottolineando come tra 23 mesi l’Italia debba cominciare a restituire una parte dei prestiti ottenuti con il Recovery fund.
Residenze universitarie, i privati si fanno la lobby
Secondo l’Udu, “l’assenza di una politica pubblica strutturata per il diritto allo studio, affiancata a una delega quasi totale agli investitori privati, fa emergere che il modello scelto da questo governo si è dimostrato fallimentare – si legge nel rapporto –. Il Pnrr avrebbe potuto rappresentare un’occasione per investire in modo strutturale nella rete delle residenze universitarie pubbliche, garantendo alloggi accessibili a tutti gli studenti indipendentemente dalle condizioni economiche di partenza. Invece, il rischio concreto è che, al termine del periodo di attuazione del Piano, il problema della carenza di alloggi rimanga irrisolto”.
L’Udu denuncia come l’aver lasciato tutto all’iniziativa dei privati, senza una guida basata sui fabbisogni e “trascurando il potenziamento delle strutture pubbliche”, abbia lasciato scoperte alcune aree geografiche dove servirebbero più alloggi per gli studenti: “La distribuzione dei posti ad oggi autorizzati sembra proprio essere casuale e non legata ad una strategia, frutto di una visione generale. Con queste modalità di improvvisazione sono rimaste escluse intere città universitarie”.
Per l'Udu, la distribuzione dei posti ad oggi autorizzati sembra proprio essere casuale e non legata ad una strategia
I decreti registrati finora, pubblicati sul sito del Mur, valgono fondi per poco più di 225 milioni di euro (a fronte degli 1,2 miliardi di euro disponibili), tesi a finanziare 101 progetti per un totale di 11.279 posti letto di cui 3.720 destinati agli studenti meritevoli. Di questi, moltissimi riguardano Lombardia e Lazio (2.549 a Milano, di cui 768 per gli studenti meritevoli, 1711 a Roma, di cui 583 posti per i più meritevoli). La Sicilia si piazza al terzo posto per alloggi che sarebbero creati, “ma in realtà c'è una forte disomogeneità dei posti letto concentrata soprattutto su Enna (quarta città universitaria dell’isola) con qualche intervento su Catania e un numero irrisorio su Palermo”, si legge nel rapporto.
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Sono pochissimi gli enti pubblici che hanno presentato dei progetti destinatari dei finanziamenti: l’agenzia di Ravenna dell’Er.Go (l’ente regionale per il diritto allo studio universitario della Regione Emilia-Romagna), l’Ersu di Cagliari, l’Università di Camerino e il Comune di Edolo (Brescia). Sono addirittura meno degli enti ecclesiastici. Questo perché – sostiene l’Udu – “non sono stati messi nelle condizioni di poter fare richiesta di questo cofinanziarnento”, in quanto in media per ogni posto letto vengono stanziati 20mila euro a fronte di un costo di quasi 90mila euro.
Il problema è stato posto in più occasioni dagli esponenti dell’opposizione in parlamento. “Il ritardo e il mancato monitoraggio da parte del governo stanno portando ad un effetto completamente distorto: cioè che, in mancanza del coinvolgimento dei soggetti pubblici per gli studentati, i privati facciano lievitare il prezzo finale dei posti letto per gli studenti”, ha detto lo scorso 17 dicembre il senatore Pd Francesco Verducci, sottolineando come questo atteggiamento provochi “nei fatti, una speculazione inaccettabile sulla pelle degli studenti, operata con i fondi del Pnrr, che invece avevano l'obiettivo opposto: e cioè ampliare e costruire posti gratuiti, far scendere i prezzi, calmierare un mercato che è senza regole”. Al contrario, “state facendo housing per i ricchi e non per il diritto allo studio”.
L’Udu aveva chiesto già da tempo “maggiori risorse per facilitare la partecipazione degli enti pubblici e garantire una reale accessibilità agli studenti”, richieste ignorate: “Il governo, insieme alla ministra Bernini, dovrà assumersi la responsabilità di questo enorme fallimento”. Il 23 gennaio, in commissione Cultura alla Camera, in risposta a due interrogazioni, la ministra Bernini dava conto della collaborazione tra il ministero con i comuni, le regioni e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) “nel tentativo di coinvolgere il più possibile altri soggetti pubblici”: “Si sta lavorando per un housing sociale e non per un housing redditivo, dunque un’attività che non afferisce alle competenze tipiche del Ministero che, finora, non ha mai gestito simili bandi – spiegava Bernini –. L’aumento del numero di alloggi per studenti meritevoli e con minori possibilità economiche è l’iniziativa su cui il ministero maggiormente si sta concentrando che rappresenta un obiettivo di legislatura, per la sua complessità ma anche per i risvolti etici e sociali”.
Al momento, però, i dati disponibili, raccolti e analizzati dall’Udu, raccontano altro. Per quanto riguarda l’edilizia studentesca, il Pnrr assomiglia a un’occasione persa: “Rappresentava un'opportunità unica per affrontare la drammatica emergenza abitativa che colpisce gli studenti universitari in Italia. Tuttavia, i risultati sono stati deludenti: i finanziamenti Pnrr hanno coperto un numero estremamente esiguo di posti letto, distribuendoli in maniera disomogenea suI territorio nazionale ed escludendo intere città universitarie – si legge nel rapporto –. Le criticità che sin da subito sempre abbiamo denunciato, evidenziano il fallimento di una strategia che non ha saputo garantire un'effettiva risposta al bisogno abitativo degli studenti. Uno degli aspetti più controversi riguarda il massiccio trasferimento di fondi pubblici ai privati, avallato dal governo, che ha di fatto favorito soggetti privati senza assicurare un adeguato ritorno in termini di accessibilità e diritto allo studio”.
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Per facilitare l’intervento dei privati, nel frattempo, sono stati tolti alcuni vincoli, ad esempio il rapporto tra camere singole e doppie. “Un ulteriore problema è rappresentato dal vincolo temporale imposto dal Pnrr: per soli dodici anni i privati dovranno garantire una quota minima di posti letto a tariffe calmierate, dopo di che potranno affittare liberamente gli alloggi a prezzi di mercato”, ricorda l’Udu giudicandolo “un vincolo inaccettabile, che di fatto trasforma un investimento pubblico in un vantaggio duraturo per i privati, senza garanzie per gli studenti”. Per non parlare delle tariffe per i posti letto, “già elevate, in alcuni casi addirittura superiori ai prezzi medi del mercato privato, rendendo di fatto inaccessibili molti degli alloggi che avrebbero dovuto risolvere l'emergenza abitativa”.
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