Francia, misure antimafia "all'italiana" contro il narcotraffico

Nuova procura nazionale, carcere duro, pentiti: il parlamento francese ha approvato la legge voluta dal governo per contrastare la criminalità organizzata dedita al traffico di droga, con alcune misure ispirate al sistema antimafia italiano. Associazioni ed esperti denunciano una svolta repressiva mascherata da motivi di sicurezza

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

29 aprile 2025

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“Liberare la Francia dalla morsa del narcotraffico”: è l’ambizioso obiettivo, iscritto già nel titolo, della legge che il parlamento transalpino ha approvato oggi in via definitiva a larghissima maggioranza. Fortemente voluto dal governo, il testo vuole ispirarsi alla legislazione antimafia italiana, come hanno dichiarato più volte i promotori. Tra le novità, l’istituzione di una procura nazionale anti-criminalità organizzata, un regime di carcere duro, l’introduzione della figura dei pentiti e nuove tecniche d’indagine. “Ciò che funziona in Italia può funzionare anche in Francia”, ha sostenuto il ministro della Giutizia Gérald Darmanin in un’intervista lo scorso marzo. Un assunto criticato da diverse associazioni, che vedono nell’allarme criminalità organizzata il pretesto per giustificare una svolta repressiva, ed esperti: “Che ci sia attenzione sul tema è positivo, ma si applica meccanicamente un modello mafioso classico in un contesto completamente diverso”, dice a lavialibera Federico Varese, professore di criminologia a Oxford e sociologia a Sciences Po Parigi.

La mafia esiste anche in Francia

Narcotraffico e criminalità: la situazione in Francia

La legge raccoglie alcune delle raccomandazioni della commissione d’inchiesta sul narcotraffico istituita nel novembre del 2023 presso il Senato francese. La relazione conclusiva, pubblicata un anno fa, traccia un quadro allarmante: “la Francia è sommersa dal narcotraffico”, si legge nel testo, che evidenzia come i flussi di droga non interessano solo le grandi città, ma anche i piccoli centri e le zone rurali, e sono spesso accompagnati dalla “corruzione di agenti pubblici e privati” e da “un'impennata di violenza particolarmente spettacolare e preoccupante, con vere e proprie scene di guerra”. 

Secondo il ministero dell'Interno francese, nel 2024 110 persone sono morte e 341 rimaste ferite in 367 omicidi o tentati omicidi legati al narcotraffico

Stando ai numeri rilasciati dal ministero dell’Interno, nel 2024 110 persone sono morte e 341 rimaste ferite in 367 omicidi o tentati omicidi legati al traffico di stupefacenti, cifre in leggero calo rispetto all’anno precedente. Registrano invece un’impennata i sequestri, in particolare di cocaina (53,5 tonnellate, +130 per cento) e droghe sintetiche.

Una nuova procura nazionale

“Chiave di volta” del nuovo sistema di repressione, come l’ha definita lo stesso ministro Darmanin, è la creazione di una Procura nazionale anti-criminalità organizzata (Pnaco), con sede a Parigi, sul modello di quella antiterrorismo già esistente in Francia e della procura nazionale antimafia italiana. Dovrebbe entrare in funzione a luglio del 2026 e occuparsi dei reati “più gravi” commessi “in banda organizzata”, dal traffico di stupefacenti al riciclaggio, passando per i reati informatici

"Si tratta di gang di quartiere che certamente aspirano a governare il territorio, ma non hanno la strutturazione e la ritualità caratteristiche delle mafie classiche"Federico Varese - professore a Oxford e Sciences Po Parigi

Uno “strano ibrido”, commenta Varese: “Centralizzare la competenza avrebbe senso se questi gruppi fossero coordinati tra loro. Qui invece si tratta di gang di quartiere che certamente, oltre a gestire lo spaccio, aspirano a governare il territorio, ma non hanno la strutturazione e la ritualità caratteristiche delle mafie classiche. Il profilo criminale del narcotrafficante, poi, è completamente diverso da quello del ragazzo che spaccia nel quartiere e interagisce con la comunità locale. Servono una specializzazione diversa e una presenza sul campo. In questo caso, invece, un magistrato di Marsiglia che segue la questione da anni dovrebbe cedere il dossier ai colleghi di Parigi”. Un altro rischio, sottolineato dal Syndicat de la magistrature, la seconda associazione dei magistrati in Francia, riguarda “l’assenza di indipendenza della procura”, che risulterebbe “subordinata all’agenda politica dell’esecutivo”: sarà infatti il ministro della Giustizia a proporre la nomina del procuratore e indirizzarne l’operato. 

Carcere duro per i narcotrafficanti

Altra misura fortemente voluta dal governo è la creazione di “sezioni di lotta alla criminalità organizzata” in alcune carceri, dove concentrare fino a 800 detenuti considerati “più pericolosi” in condizioni più severe: accesso limitato alle comunicazioni, colloqui con vetro divisorio, perquisizioni più frequenti, svolgimento delle udienze in videocollegamento per minimizzare il rischio di evasione durante gli spostamenti, misure per garantire l’anonimato degli agenti. Un regime che intende ispirarsi al 41-bis italiano, che il guardasigilli francese Darmanin ha potuto “studiare” durante una visita ad hoc al carcere romano di Rebibbia lo scorso febbraio. 

41-bis, un regime oltre l'emergenza

La misura è stata fortemente criticata da diverse organizzazioni della società civile, come la Lega dei diritti umani e la sezione francese dell’Osservatorio internazionale delle prigioni, secondo cui “la questione del senso della pena viene completamente oscurata in nome di un’ossessione securitaria, che finge di ignorare gli effetti nefasti dell’isolamento sulla salute e sulle possibilità di costruzione di un progetto di uscita”. Non solo: la scelta di concentrare i detenuti “più pericolosi” in poche sezioni speciali rischia di sortire l’effetto opposto a quello sperato, facilitando paradossalmente che comunichino tra loro: “un errore clamoroso che è stato fatto anche in alcuni Stati dell’America centrale”, commenta Varese. Nelle scorse settimane, diverse prigioni francesi sono state oggetto di attacchi dall’esterno, con spari e auto incendiate, episodi che il governo ritiene orchestrati dai gruppi criminali per manifestare la loro contrarietà al nuovo regime carcerario

Pentiti, infiltrati, sorveglianza elettronica, “fascicolo-cassaforte”

Si ispira al sistema antimafia italiano anche la riforma volta a estendere e rendere più attrattivo il regime dei “pentiti”, che potranno vedere la pena ridotta di due terzi se decidono di collaborare con la giustizia. La legge introduce inoltre la figura degli “infiltrati civili”, informatori remunerati incaricati dalla Procura nazionale di inserirsi nelle organizzazioni criminali per trarre elementi utili alle indagini.

Collaboratori di giustizia, come funziona il "contratto" con lo Stato

Viene poi introdotta la possibilità per gli inquirenti di attivare a distanza i dispositivi elettronici di persone coinvolte nelle indagini per registrare suoni e immagini e di creare un fascicolo  parallelo a quello condiviso con gli indagati e i loro difensori, con informazioni considerate riservate. Una “minaccia al diritto della difesa”, ha denunciato il Consiglio nazionale forense francese, secondo cui l’intero testo “mette a rischio alcuni principi fondamentali di giustizia e difesa delle libertà individuali sotto il pretesto della sicurezza”. Decine di associazioni di difesa del diritto all’abitare si sono anche espresse contro la misura che permette lo sfratto di intere famiglie da alloggi popolari o privati in affitto nel caso in cui le autorità constatino non meglio specificati “disordini” e “attività legate al traffico di stupefacenti”. 

Una questione sociale

"L’idea dietro alla nuova legge è essenzialmente repressiva, di uno Stato che pensa di potersela cavare da solo facendo più arresti, senza andare verso la gente. Manca ancora la consapevolezza verso un’antimafia sociale"Stefania Carminati - DeMains Libres

“La nuova legge incarna un approccio punitivo e militarista – conclude Varese –. Manca il riconoscimento che quello della droga è un problema innanzitutto sociale, che tocca quartieri poveri e marginalizzati, dove non c’è fiducia nello Stato e le gang prendono allora il suo posto. Serve allora rafforzare il welfare state, non aumentare le pene e creare nuove burocrazie, che è la cosa più facile”.

Concorda Stefania Carminati, dell’associazione antimafia francese DeMains Libres: “C’è molta apprensione, la violenza legata al narcotraffico è visibile e spaventa, ma la criminalità organizzata in Francia non è solo questo. L’idea dietro alla nuova legge è essenzialmente repressiva, di uno Stato che pensa di potersela cavare da solo facendo più arresti, senza andare verso la gente. Manca ancora la consapevolezza verso un’antimafia sociale”. 

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