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Aggiornato il giorno 17 luglio 2025
Ancora attacchi al mondo dell’antimafia sociale. Un nuovo e gravissimo atto intimidatorio ha colpito la cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra che coltiva oltre cento ettari di terreni confiscati ai principali clan della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria). È il quinto in meno due mesi. Dopo i furti e i danneggiamenti agli impianti irrigui e dopo l’incendio che ha completamente distrutto cinque ettari coltivati a grano biologico, venerdì 11 luglio fiamme evidentemente dolose hanno devastato l’uliveto in località Baronello, frazione di Castellace, nel Comune di Oppido Mamertina. Distrutti o gravemente danneggiati 830 alberi nei quattro degli undici ettari dell’uliveto, il primo assegnato alla cooperativa (una delle “ricchezze” produttive della Valle del Marro), più volte danneggiato.
Nuovi attentati alle cooperative che coltivano i terreni tolti alle mafie
In questa estate, si tratta dell’ennesimo attacco a beni confiscati alle mafie gestiti da cooperative sociali, subiti in Campania, Lombardia, Calabria e Sicilia negli ultimi due mesi, come denuncia Libera: incendi, tagli di ulivi secolari, furti, danneggiamenti ai mezzi agricoli. L’ultimo caso tra sabato e domenica: un principio di incendio è stato domato su un terreno della cooperativa Vitematta - Eureka, a Casal di Principe. La settimana prima, lo scorso 8 luglio un incendio ha distrutto oltre 20 ettari di grano a Coccumella nell’agro del comune di Lentini (Siracusa), dove opera la cooperativa Beppe Montana Libera Terra, che con il supporto del Consorzio Etneo per la Legalità e lo Sviluppo gestisce 95 ettari sui Comuni di Belpasso, Ramacca, Motta Sant’Anastasia e Lentini. Sabato c’è stata un’assemblea pubblica, con i sindaci di Lentini e Carlentini, per affermare che non si faranno intimidire e che difendere i beni confiscati è un “dovere civile e istituzionale”. Tre giorni dopo, in Calabria, c’è stato l’incendio all’uliveto della Valle del Marro, scoperto solo nella mattinata di oggi 14 luglio.
Trent'anni di Libera: beni confiscati, territori rigenerati
Per Libera c'è il "chiaro intento di colpire chi lavora con dignità per restituire alla collettività ciò che la criminalità organizzata aveva sottratto e sta realizzando un’economia giusta e sana nel nostro Paese”
“Come Libera siamo vicini alle cooperative”, ha scritto in un comunicato la rete di associazioni denunciando come ormai sia “chiaro che il susseguirsi di tali atti sono il segnale di una strategia intimidatoria sistematica, con il chiaro intento di colpire chi lavora con dignità per restituire alla collettività ciò che la criminalità organizzata aveva sottratto e sta realizzando un’economia giusta e sana nel nostro Paese”. La rete di associazioni ha avviato una raccolta fondi per sostenere le cooperative danneggiate.
Ma, ribadisce Libera con forza, “c’è una verità che non viene cancellata con il fuoco: quelle terre sono tornate libere e il nostro impegno non verrà mai meno. È la risposta più bella che abbiamo imparato a dare: noi ci siamo, accanto a tutti quei percorsi di corresponsabilità che ora hanno bisogno di sostegno, con l’obiettivo di incidere sempre di più nei contesti che attraversiamo”. Percorsi che danno molto fastidio alle mafie che lo hanno più volte affermato a parole (famose quelle di Totò Riina intercettato in carcere) e, soprattutto, nei fatti. Come per l’uliveto di Baronello, confiscato al potentissimo e storico clan ‘ndranghetista dei Mammoliti, oggetto di numerosi atti vandalici e danneggiamenti.
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“Venti anni fa coltivare le terre confiscate era un gesto sovversivo. Ancora oggi lo è, visto questi massimi attentati"
Nel 2011 un incendio doloso aveva distrutto 500 enormi alberi secolari, vanificando cinque anni di lavoro dedicati al recupero della produttività dell’uliveto, compromessa da un lungo periodo di abbandono seguito alla confisca. Un anno dopo, nel 2012, le fiamme hanno danneggiato un grande escavatore confiscato e assegnato alla cooperativa, impiegato nei lavori di espianto degli alberi bruciati. Nel 2013 la cooperativa ha messo a dimora 1.200 nuove piante di ulivo, restituendo vitalità al terreno. Tuttavia, nel 2015, 96 degli alberelli piantati sono stati abbattuti. Lo scorso 11 luglio il nuovo incendio doloso.
Come spiegano i soci della Valle del Marro, le fiamme hanno interessato in particolare la parte pianeggiante, dove si concentrava la maggior parte del raccolto. Chiaramente per fare più male. Infatti il danno è ingente: si stima la perdita di circa 20.000 kg di olive e un danno economico pari a 30.000 euro, in un anno particolarmente produttivo. Gli ulivi erano infatti carichi di frutti di ottima qualità, e si prevedeva di produrre un ottimo olio. Ora quasi tutto è perso. A ciò si aggiungono i costi per le potature di ripristino delle chiome bruciate e il calo produttivo delle piante, che recupereranno la piena produttività entro i prossimi tre anni, per un danno economico stimato in ulteriori 18.000 euro. Oltretutto in un momento molto particolare coi contratti di assegnazione dei terreni in comodato d’uso gratuito che stanno scadendo e che si spera siano rinnovati.
La cooperativa è nata 21 anni fa su iniziativa della Diocesi di Oppido-Palmi e di Libera, col sostegno del Progetto Policoro della Cei per l’imprenditoria giovanile al Sud, e fa parte del Consorzio Libera Terra Mediterranea. I suoi soci, di certo, non si arrendono. “Cambiare per restare, restare per cambiare”, era lo slogan quando è nata la cooperativa e così è stato. Per questo ora la cooperativa chiede un aiuto. “Vogliamo continuare a dimostrare che in Calabria è possibile dare vita a un’economia diversa, in libertà”. Non a caso un altro dei loro slogan è “Liberi di esserci e di viverci”. E ora aggiungono “la nostra terra calabrese va tutelata”. Ma pensano positivamente. “Venti anni fa coltivare le terre confiscate era un gesto sovversivo. Ancora oggi lo è, visto questi massimi attentati. La differenza rispetto agli inizi è che il bene confiscato è penetrato nelle coscienze di tutti come risorsa economica, oltre che simbolica. E questo disturba enormemente. Disturba la ridistribuzione della ricchezza. Disturba la possibilità di lavorare in modo dignitoso senza padroni. Disturba il risveglio delle coscienze, che porta rinnovamento morale”.
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