Genova, 26 novembre 2021. La Fuori-conferenza, organizzata da associazioni ed enti del terzo settore in occasione della Conferenza nazionale sulle dipendenze
Genova, 26 novembre 2021. La Fuori-conferenza, organizzata da associazioni ed enti del terzo settore in occasione della Conferenza nazionale sulle dipendenze

Alternative al carcere, riduzione del danno e altro. Alle politiche di Meloni, la Controconferenza sulle droghe risponde con il suo piano

Organizzazioni della società civile e del terzo settore, non ammesse alla conferenza del governo sulle dipendenze, si sono riunite a Roma il 6, 7 e 8 novembre per discutere di politiche sulle droghe: "Abbiamo un piano"

Redazione lavialibera

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14 novembre 2025

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Meno carcere, più prevenzione e più coinvolgimento. Sono tante, tantissime, le proposte uscite dalla tre giorni della Controconferenza nazionale autoconvocata da gruppi della società civile a Roma il 6, 7 e 8 novembre, dopo la loro esclusione dalla Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal governo e in prima persona dal sottosecretario Alfredo Mantovano. Molte associazioni, a cui il Dipartimento delle politiche antidroga ha chiuso le porte nonostante l’esperienza, il lavoro quotidiano e il particolare punto di vista nel settore, si sono ritrovate per fare il punto della situazione, italiana e mondiale, e formulare un programma alternativo a quello istituzionale: “Sulle droghe abbiamo un piano”, era il titolo dell’ormai tradizionale appuntamento. 

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Contro le politiche repressive e la chiusura

Molte delle proposte vanno in direzione contraria a quanto realizzato e promesso dall’esecutivo di Giorgia Meloni in questi anni: se da una parte alcuni atti, il decreto Rave, il decreto Caivano, il decreto Sicurezza, inaspriscono le pene e prevedono più carcere, le associazioni (A Buon Diritto, Arci, Antigone, associazione Luca Coscioni, Cgil, Cnca, Comunità Di San Benedetto Al Porto, Forum Droghe, Gruppo Abele, Itanpud, Itardd, L’Altro Diritto e altri ancora, di estrazione diversa) chiedono soprattutto una revisione delle politiche repressive e carcerarie e l’attuazione di politiche di riduzione del danno, cioè quell’insieme di pratiche che riduscono i rischi di malattie e morte tra le persone che usano sostanze stupefacenti.

Nel corso della prima giornata, molti relatori hanno sottolineato che le politiche repressive, basate su divieti e punizioni, non riducono i consumi e anzi spesso peggiorano la situazione, aumentando l’emarginazione e i rischi per la salute. Si è parlato anche di populismo penale e di decriminalizzazione, cioè dell’idea di non punire più penalmente chi fa uso personale di sostanze, e di investire invece nella prevenzione, nel sostegno psicologico e sociale, nella formazione e nel lavoro. Tra i momenti più partecipati c’è stato, durante il secondo giorno di incontri, il confronto sul tema “carcere e droghe”. I dati della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia mostrano che una parte importante delle persone detenute in Italia è in carcere per reati legati alle droghe, spesso di lieve entità: a fine 2024 i reclusi con dipendenze erano 19.755 su quasi 62mila, pari al 32 per cento, in leggero aumento rispetto al 2023, quando la quota era del 29 per cento. Gli operatori hanno ribadito che servono alternative alla detenzione, come percorsi di cura e reinserimento, e che il carcere non risolve i problemi di dipendenza.

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Altre proposte mirano invece a migliorare il possibile, puntando ad esempio sullo sviluppo di politiche efficaci e l’attuazione delle politiche di riduzione del danno. Nel corso della seconda giornata, molti interventi hanno mostrato che la riduzione del danno non è solo un insieme di pratiche sanitarie, ma è anche un modo diverso di guardare alle persone, basato sull’ascolto e sulla relazione, grazie al lavoro delle unità di strada, dei centri di accoglienza, dei progetti di reinserimento sociale e di salute mentale.

Sullo sviluppo delle politiche, la confroconferenza, a differenza di quella ufficiale, ha riconosciuto l'importanza del contributo alla riflessione e alle proposte sia da parte delle persone che fanno uso di droghe, in quella sede rappresentate dall’associazione Itanpud, sia da parte degli enti locali da qualche anno raggruppati nella rete Elide (tra di loro, i rappresentanti delle città di Roma, Bologna, Padova e Torino), che promuovono buone pratiche di gestione della questione droghe, fuori da una logica esclusivamente repressiva. Il loro contributo che sarebbe stato utile anche nella sede istituzionale, tuttavia la loro richiesta di partecipazione alla conferenza nazionale non è stata ammessa dal Dipartimento delle politiche antidroga.

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"Sulle droghe abbiamo un piano", la sintesi delle proposte

Nell’ultima giornata – nella Sala della Protomoteca in Campidoglio – è stato presentato il documento finale della controconferenza, "Sulle droghe abbiamo un piano", con una serie di proposte concrete per cambiare le politiche italiane sulle droghe (qui la sintesi). Tra le principali:

  • eliminare le sanzioni amministrative per l’uso personale di sostanze;

  • inserire la riduzione del danno nei Livelli essenziali di assistenza (Lea, cioè servizi essenziali che devono essere garantiti) del Servizio sanitario nazionale;

  • ampliare le misure alternative al carcere;

  • abrogare norme considerate inutilmente punitive, come i “Daspo” urbani o le cosiddette “zone rosse”;

  • avviare un percorso di regolazione legale di alcune sostanze, a partire dalla cannabis, per ridurre il mercato illegale e tutelare la salute pubblica.

Diversi interventi di amministratori, esperti e attivisti hanno sottolineato che non si tratta di un documento ideologico, ma di un programma basato su evidenze scientifiche e buone pratiche già sperimentate in altri Paesi europei. L’incontro si è chiuso con un appello alle istituzioni: ascoltare la società civile e costruire insieme politiche più giuste, efficaci e umane. “La Controconferenza è stata una mobilitazione dal basso che ha dato voce a chi spesso non viene ascoltato – afferma Mariella Lo Vecchio, operatrice del Gruppo Abele che ha assistito ai lavori –. Persone che usano droghe, operatori sociali, medici, psicologi, giuristi e amministratori locali hanno mostrato che un altro modo di affrontare il tema è possibile. Il messaggio che emerge da Roma è chiaro: non esistono persone da punire, ma persone da accompagnare. Parlare di droghe significa parlare di salute, di diritti, di giustizia sociale, e non solo di sicurezza o ordine pubblico”. 

Il lavoro non finisce con la controconferenza: il Piano presentato sarà diffuso a istituzioni, regioni e comuni, con l’obiettivo di costruire reti territoriali stabili e concrete. “In tre giorni di incontri, testimonianze e confronto, la Controconferenza ha dimostrato che il cambiamento delle politiche sulle droghe è possibile, realistico e necessario – conclude Lo Vecchio –. Il suo valore più grande è forse quello di aver unito mondi diversi – istituzioni, associazioni, servizi e cittadini – intorno a una visione comune: una società che non esclude ma include, che non punisce ma cura, che non nega ma comprende”.

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Dalla Conferenza nazionale, vedute passate e repressive

Quasi in contemporanea alla controconferenza, e a pochissimi chilometri di distanza, il 7 e l’8 novembre c’è stata la Conferenza nazionale delle dipendenze. Da legge, dovrebbe tenersi ogni tre anni. L'ultima volta in cui è stata convocata risale al 2021 (con una buona collaborazione tra istituzioni, terzo settore e società civile), dopo un lunghissimo stop. Sotto l'egida del sottosegretario Mantovano, la conferenza ha avuto le sue linee precise, come l’esclusione della società civile (come, ad esempio, le già citate Itanpud e Rete Elide) e la rilettura dell’ormai datato sistema di intervento basato su Serd e comunità, senza aperture rispetto alle innovazioni.

Il Coordinamento nazionale delle comunità accoglienti (Cnca, la rete di enti del terzo settore che raggruppa oltre 200 realtà) valuta positivamente alcune “aperture più significative”, come ad esempio il fatto che sia stato giudicata nuovamente necessaria l’applicazione dei Lea per quanto riguarda la riduzione del danno, Lea “che compaiono ufficialmente nei lavori e vengono rilegittimati come interventi necessari da garantire in tutte le Regioni”.

Dalla conferenza nazionale viene poi ribadita, almeno in teoria, “l’adesione al principio di garantire servizi a bassa soglia non giudicanti e accoglienti per le persone in condizioni di difficoltà che non vogliono o non riescono a smettere di consumare sostanze psicotrope”. È stato sottolineato il bisogno di tagliare i tempi per accedere alle cure, l’importanza della co-programmazione e della co-progettazione dei servizi offerti dal settore pubblico e dal terzo settore, e infine la necessità di sviluppare in tutta Italia un nuovo sistema di intervento sulla prevenzione per quanto riguarda il gioco d’azzardo e le dipendenze digitali.

Tuttavia, “le chiusure permangono soprattutto su tutto quello che è a monte dell’operatività del sistema dei servizi – sottolinea ancora il Coordinamento –. Non s’intende decriminalizzare il consumo e, quindi, modificare anche l’articolo 73 (oltre ad abrogare il 75) che comporta la carcerazione per piccolo spaccio di molte persone consumatrici. Si preferisce piuttosto, in maniera irresponsabile, aumentare la capienza dei posti nelle carceri, con la costruzione di nuovi istituti penitenziari”. Fuori discussione, poi, ogni ipotesi di legalizzazione della cannabis, “ribadita da questo governo anche con la chiusura dei cannabis shop che avevano la licenza di vendere prodotti senza effetti droganti”, sottolinea Cnca.

Sono ancora più gravi, sempre secondo il Cnca, “l’accesso diretto in comunità senza la certificazione da parte del sistema sanitario dello stato di dipendenza”, perché aumenterebbero i rischi “di ricovero in strutture non adeguate e pericolose, come accaduto negli anni Ottanta e Novanta”, e i trattamenti sanitari obbligatori (tso) per i minorenni con dipendenza e atteggiamenti disfunzionali all’interno delle famiglie, “una proposta lontana da qualsiasi evidenza scientifica, educativa e di tutela responsabile”.

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