3 febbraio 2021
Quando nel nostro Paese si parla di leggi regionali sulla prevenzione e sul contrasto al gioco d’azzardo patologico viene spesso citata la legge 9/2016 del Piemonte, approvata quasi all’unanimità nella primavera del 2016, da alcuni ritenuta la più virtuosa d’Italia, da altri considerata troppo restrittiva e penalizzante sotto il profilo economico e occupazionale. Tra questi, c’è la maggioranza di centrodestra che sostiene la giunta regionale di Alberto Cirio, presidente della Regione dal 2019.
Quella legge regionale, in maniera analoga a quanto deciso nello stesso periodo da molte altre regioni, prende forma dopo un periodo di circa 20 anni durante il quale il gioco d’azzardo ha vissuto una grande espansione. L’Italia rientrava, infatti, nel 2016 tra i primi dieci Paesi al mondo con il mercato da gioco d’azzardo legale più esteso: si collocava al terzo posto per rapporto tra numero di abitanti e apparecchi da gioco disponibili, dietro solo al Giappone e all’Australia. Cinque anni fa nella nostra Penisola era presente un apparecchio ogni 132 abitanti, a fronte di un apparecchio ogni 219 abitanti in Spagna, uno ogni 373 negli Stati Uniti o uno ogni 1417 in Messico.
In assenza e in attesa, ancora oggi, di una normativa nazionale specifica, l’aumento costante del mercato dei giochi pubblici insieme a un sempre più alto numero di giocatori d’azzardo patologici ha spinto tutte le regioni d’Italia (l’ultima in ordine di tempo è stata la Sicilia) ad attuare specifici provvedimenti (per approfondire le legislazioni regionali clicca qui) per frenare la diffusione del gioco sui loro territori. Ciò lo si può anzitutto riscontrare a partire dai titoli delle varie leggi che sono state via via approvate: il riferimento costante è infatti alla prevenzione e al contrasto del gioco d’azzardo patologico. Del resto, questo è l’unico ambito in cui le regioni possono intervenire, in quanto afferente alla tutela della salute, con il solo limite per le regioni del “rispetto dei principi fondamentali” stabiliti dalle leggi dello Stato.
Per lungo tempo, infatti, la questione del gioco è stata ritenuta riservata alla competenza esclusiva dello Stato, inquadrandola nella materia ordine pubblico e sicurezza. Questo orientamento è stato superato con la sentenza 300/2011 della Corte costituzionale (indirizzo ribadito anche di recente con le sentenze 108/2017e 27/2019) che ha valorizzato il tema della tutela della salute nell’ambito del gioco d’azzardo e di conseguenza ha ritenuto legittimi gli interventi regionali.
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La forte discussione che si è aperta intorno alla legge regionale del Piemonte riguarda in particolar modo il “distanziometro” che impone rigorose distanze (500 metri nei comuni più grandi e 300 in quelli più piccoli) dei luoghi di gioco da quelli considerati sensibili. La normativa si applica progressivamente anche alle licenze attive prima dell’entrata in vigore della legge, stabilendo un tempo entro il quale gestori ed esercizi commerciali devono adeguarsi (entro 18 mesi per chi ha installato slot machine, tre o cinque anni per le sale gioco e sale scommesse). Questo, secondo alcuni, ha messo in crisi l’intero comparto dal punto di vista occupazionale.
Tuttavia lo scorso giovedì 28 gennaio la giunta Cirio ha presentato una relazione sugli effetti della legge 9/2016 con la verifica periodica della concreta attuazione della legge e dei risultati ottenuti e ha evidenziato, sulla base di diverse evidenze scientifiche, l’efficacia della norma. Dati, numeri e statistiche parlano chiaro: le restrizioni dovute all’applicazione della legge hanno determinato una forte contrazione dei volumi di gioco e delle perdite dei giocatori.
Dal 2016 al 2019 i volumi di gioco sono diminuiti dell’11 per cento e le perdite da parte dei giocatori del 16 per cento. “Dopo il 2016 si assiste ad una forte diminuzione dei volumi di gioco fisico in Piemonte – si legge nella relazione – a fronte di un incremento nelle altre regioni italiane. Rispetto al dato del 2016, anno di entrata in vigore della Legge piemontese, la diminuzione registrata in Piemonte nel 2019 è di 572 milioni di Euro (-11%), mentre nel resto della nazione la riduzione è iniziata solo nel 2019, -18 milioni di Euro (-0,03%)”.
Netto anche il calo delle perdite – la differenza tra somme giocate e vinte – pari al 16.5 per cento, “più consistente rispetto a quanto accade nel resto d’Italia (-0,9%)”.
Dai dati emerge come il netto calo del gioco sugli apparecchi quali slot machine e videolottery non sia stato compensato, se non in minima parte, da altre tipologie di giochi. “Escludendo gli apparecchi, tutti gli altri giochi fisici in Piemonte sono cresciuti nel 2019 di 321 milioni di euro, pari a un +21,9%, mentre nel resto d’Italia l’aumento è stato pari all’8,4%. Tuttavia la diminuzione del gioco legato agli apparecchi nello stesso periodo è stata pari a 893 milioni di euro, quasi tre volte più grande della crescita degli altri giochi fisici. La crescita degli altri tipi di gioco non ha dunque neutralizzato l’effetto che la legge regionale ha avuto su slot machine”.
Secondo la relazione la crescita dei volumi dei giochi d’azzardo online nel periodo preso in considerazione ha registrato un andamento pressoché identico sia nel resto d’Italia (+72%), sia in Piemonte (+70%). “Per questo motivo è ragionevole sostenere che la gran parte dell’aumento che ha riguardato il Piemonte, se non la totalità, si sarebbe verificata anche in assenza dell’intervento del legislatore”. Non vi è stata pertanto una migrazione dei giocatori dal fisico all’online per effetto della legge 9/2016.
Tra il 2016 e il 2019 – si legge nella relazione – si assiste a una riduzione dei pazienti in carico nei servizi sanitari piemontesi per dipendenza da gioco. Da 1.327 pazienti si passa a 1.054: -20,6 per cento. Nelle regioni confinanti il trend è invece in crescita, ad eccezione della Valle d’Aosta.
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I dati dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro del Piemonte mostrano l’andamento delle assunzioni e delle cessazioni dell’occupazione dipendente nei settori di riferimento. Come è possibile vedere nella figura, per quanto riguarda le tabaccherie il dato è abbastanza stabile e nei quattro anni il saldo complessivo è positivo. Invece, sul versante sale da gioco, nei quattro anni si registra un saldo leggermente negativo, ma in linea con il resto del mercato del lavoro.
“Prima dell’emersione del gioco da illegale a pubblico/legale, gli allibratori clandestini lucravano e generavano usura. Quando il gioco è diventato ‘pubblico’, il volume dell’illegale si è ridotto, ma la criminalità organizzata hautilizzato l’area grigia come opportunità per riciclare”Federico Cafiero De Raho - Procuratore nazionale antimafia
Sulla migrazione dall’offerta di gioco legale a quella illegale e viceversa ci sono da sempre posizioni discordanti. La questione è molto controversa, anche perché il gioco illegale è un fenomeno che, per ovvie ragioni, sfugge ad un’osservazione diretta e resta almeno in parte invisibile. Da un lato vi è chi sostiene che una forte limitazione nell’offerta di gioco legale rappresenti un incentivo per i giocatori d’azzardo a spostarsi a forme di gioco illegale. Dall’altro c’è, invece, chi sostiene che vi sia una forte relazione tra l’aumento nell’offerta di gioco d’azzardo legale e la crescita di domanda di gioco anche illegale. Una grande offerta di gioco legale allarga la popolazione dei giocatori, anche di quelli che potenzialmente passeranno dal gioco legale a quello illegale, che promette maggiori margini di guadagno.
Senza contare che è la stessa offerta di gioco legale a costituire un’appetibile occasione di profitto e di infiltrazione per la criminalità organizzata: ad esempio nel riciclaggio di denaro derivante da traffici illeciti come quello della droga. A evidenziarlo, oltre le numerosissime indagini di questi anni che hanno dimostrato come le mafie riescono facilmente ad inserirsi e a sfruttare il settore legale, è lo stesso procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho nel Rapporto Eurispes presentato nel 2019: “Prima dell’emersione del gioco da illegale a pubblico/legale, le bische e gli allibratori clandestini lucravano elevate percentuali sulle giocate e sulle scommesse, e generavano un business parallelo, quello dell’usura. Quando il gioco è diventato ‘pubblico’, il volume dell’illegale si è certamente ridotto, ma la criminalità organizzata, infiltrandolo, ha iniziato a utilizzare l’area grigia ad esso collegata come clamorosa opportunità per riciclare denaro sporco proveniente da altre attività illecite, soprattutto dalla droga”.
Riguardo in particolare il territorio piemontese al momento non sono disponibili evidenze che permettano di rispondere con certezza a questa domanda. Di recente l’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr ha avviato una ricerca sulla dimensione qualitativa e quantitativa del gioco illegale in collaborazione con l’Università di Torino, di cui però ancora non conosciamo i risultati. Secondo invece il report Il gioco legale in Piemonte realizzato dalla Cgia di Mestre (un’associazione di artigiani e piccole imprese di Mestre) con il sostegno di As.tro, Associazione degli operatori del gioco lecito e Sapar, associazione nazionale gestori, l’aumento del gioco illegale nella Regione Piemonte è testimoniato dalle attività della Guardia di Finanza, che confrontate con quelle del 2016, registrano una crescita dei soggetti verbalizzati e degli apparecchi illeciti sequestrati.
Gli studi condotti in Piemonte dall’Istituto di fisiologia clinica – Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) hanno, infine, evidenziato che nei Comuni con misure più restrittive, i volumi di gioco si sono ridotti in proporzione più rilevante rispetto ai Comuni che hanno adottato misure più permissive. Si tratta di circa 93 euro in meno per abitante rispetto a quello che si sarebbe osservato in assenza di limitazione oraria. Laddove le misure sono meno restrittive (consentono più di 10 ore al giorno di funzionamento) non si registra una differenza statisticamente significativa nei volumi di gioco.
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Oggi sono due le proposte di legge sotto la lente del Consiglio regionale: la n° 53 firmata dall'ex M5s Giorgio Bertola che opera in senso più restrittivo contro il gioco e la n° 99 presentata dal consigliere della Lega Claudio Leone che punta a eliminare la retroattività del rispetto delle distanze per chi aveva già installato gli apparecchi prima della promulgazione della legge vigente e a rivedere il distanziometro a 500 metri dai luoghi sensibili puntando più sulla prevenzione e la cura.
L’iter delle due proposte di legge nelle commissioni competenti dovrebbe ora proseguire entro la primavera. La minoranza però, a seguito degli ultimi dati evidenziati nella relazione, invita la Giunta Cirio ad abbandonare l’idea di modificare la norma in vigore e a ritirare la propria proposta di legge abrogativa sottolineando gli effetti positivi della legge e mettendo in evidenza come la proposta punti esclusivamente al lato economico senza badare a quello della salute pubblica.
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