La bandiera di Xr durante una protesta. Credits: Spiske/Unsplash
La bandiera di Xr durante una protesta. Credits: Spiske/Unsplash

Extinction Rebellion: noi diversi da Genova 2001

Il movimento Extinction rebellion Italia non si sente figlio di Genova 2001, per obiettivi e metodi. "Noi siamo non violenti e ci occupiamo di crisi ecologica, non solo climatica", sostiene il fondatore italiano Bertaglia

Francesca Dalrì

Francesca DalrìGiornalista, il T quotidiano

19 luglio 2021

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Dopo la pubblicazione di questa intervista, Marco Bertaglia, tra i fondatori di Extinction rebellion, ha chiesto di poter precisare meglio il suo pensiero. Pubblichiamo volentieri qui la sua precisazione. 

In questi giorni si fa un gran parlare di Genova 2001 e della continuità tra le contestazioni di allora e quelle di oggi. In particolare sull'ambiente: quando vent'anni fa nel capoluogo ligure migliaia di persone scesero in piazza contro i potenti della Terra, già si parlava della volontà neoliberista di trasformare ogni risorsa naturale in prodotto e profitto. Non tutti però sono d'accordo con questa lettura: "Noi siamo diversi dai no global di Genova 2001. Siamo pacifisti e crediamo che il potere debba essere utilizzato per scopi collettivi, non rifiutato in assoluto", dice Marco Bertaglia, attivista e fondatore di Extinction rebellion Italia, già membro del Centro comune di ricerca (Joint research center) della Commissione europea.

Bertaglia era presente la scorsa settimana a Venezia, dove si sono riuniti i ministri delle Finanze del G20, ma con il suo gruppo non ha partecipato agli scontri tra i manifestanti del mondo ambientalista (e non solo) e le forze dell'ordine che presidiavano l'Arsenale. "Abbiamo metodi diversi", sostiene. Le attiviste e gli attivisti di oggi, che dai Fridays for future a Extinction rebellion (Xr) si battono perché il collasso climatico sia posto al centro dell'agenda politica degli Stati, non si sentono "no global" e rivendicano una differenza negli obiettivi e nei metodi. 

Marco Bertaglia, attivista e fondatore di Extinction rebellion Italia
Marco Bertaglia, attivista e fondatore di Extinction rebellion Italia

Bertaglia, lei era a Genova nel luglio 2001?

Nel 2001 mi trovavo all'estero, ma ero in piena risonanza con tutte le rivendicazioni di allora, collegate al rifiuto di un neoliberalismo estremo basato sullo sfruttamento delle risorse naturali e dei più poveri. Al tempo stesso sono sempre stato ferocemente non violento e questo mi ha portato a non condividere del tutto certi approcci di rivolta. 

Non pensa ci sia affinità tra la protesta ambientalista di allora e di adesso?

"I movimenti del 2001 parlavano di ambiente ma non della gravità della crisi ambientale. Eppure, la situazione era drammatica già nel 1992" Marco Bertaglia - attivista e fondatore di Extinction rebellion Italia

Sono perplesso su quanto si possa stiracchiare la visione che i movimenti del 2001 avevano rispetto ai temi ambientali. C'era attenzione, ma non un accento specifico sulla gravità della situazione come oggi. Eppure, la situazione era drammatica già nel 1992 quando al summit di Rio de Janeiro (dove venne approvata la prima Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, ndr) 1700 scienziati di tutto il mondo lanciarono il primo grande avvertimento.

Xr era presente nei giorni della protesta contro il G20 di Venezia. Cosa pensa degli scontri con le forze dell'ordine?

Abbiamo organizzato varie azioni in quei giorni, ma non abbiamo partecipato al corteo che ha deciso di forzare la zona rossa e che poi è degenerato negli scontri. Mi chiedo: cos'hanno ottenuto più di noi? Quando ci siamo incollati agli sbarramenti di sicurezza dell'Arsenale, due di noi sono riusciti a superare le transenne. Eravamo in 20, fossimo stati in 300 a riempire quella piazza, ma seduti, senza insultare nessuno, l'impatto sarebbe stato grandioso. Se in massa blocchiamo Venezia nei giorni del G20 non c'è nessun bisogno di urlare.

Quindi la differenza tra Xr e gli altri movimenti ambientalisti è nei metodi?

Sicuramente, ma non solo.

Cos'altro?

Innanzitutto in Xr abbiamo a cuore tanto la crisi climatica quanto quella ecologica, cosa che negli altri movimenti non mi sembra essere chiara. La crisi climatica è quella più nota perché è di più facile comprensione e ne vediamo già le conseguenze in maniera evidente, ma l'emergenza ecologica è altrettanto grave: siamo nella sesta estinzione di massa. Se teniamo conto solo della crisi climatica rischiamo di illuderci che passare a pannelli solari e pale eoliche sia sufficiente. Invece l'Ipbes (la piattaforma intergovernativa scienza-politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, ndr) ce lo dice chiaramente: dobbiamo cambiare tutto, inclusi i paradigmi sociali e valoriali.

Il clima è già cambiato, soprattutto nelle città

Ci sono altre differenze?

Ci sono i metodi. Constatando che governi e democrazia rappresentativa hanno fallito, vogliamo che siano le assemblee di cittadine e cittadini, in una nuova democrazia deliberativa, una volta consultata la scienza, a decidere assieme sulle misure da adottare. È una forma di democrazia che richiede sicuramente facilitatori professionali che permettano di ascoltare tutte le voci e gestire i conflitti, ma è un modello che è già stato sperimentato, per esempio per la legge sull'aborto in Irlanda, e funziona. A livello di proteste, invece, c'è la disobbedienza civile di massa. Si stima che ogni qualvolta si coinvolge il 3,5 per cento della popolazione in una lotta nonviolenta, questa non è mai persa. In Italia significherebbe quasi due milioni di persone. Purtroppo, nonostante abbiamo raggiunto qualche migliaio di partecipanti sulla nostra piattaforma interna, ad oggi abbiamo circa 150-200 persone attive.

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Perché prendete le distanze dal cosiddetto movimento no global?

Tutte le associazioni e le organizzazioni, anche profit, si disfano sulla base di conflitti non attraversati e non gestiti. Questo è stato determinante per esempio per il fallimento di Occupy Wall street (il movimento contro la finanza speculativa del 2011 negli Usa, ndr). Ogni volta che arrivava una persona nuova si incominciava da capo per non tradire il mito dell'inclusività. Così ci siamo persi in riunioni e discussioni eterne. Poi c'è la questione del potere: i cosiddetti no global rifiutavano il potere in assoluto, ma il potere di per sé è solo la capacità di mobilitare risorse per soddisfare bisogni, il punto è utilizzarlo per i bisogni collettivi. Noi che vogliamo il cambiamento continuiamo a concentrarci su quello che non vogliamo più che su ciò che vogliamo invece. In Xr ci proviamo, non cerchiamo il nemico, vogliamo il cambiamento.

Perché, a differenza di 20 anni fa, voi dovreste avere successo?

Questa è la domanda delle domande. In tutti questi anni nulla sembra aver funzionato. Non credo sia colpa della cattiveria di chi finora ci ha governati: la verità è che la democrazia rappresentativa fallisce ogni volta che è necessario prendere decisioni difficili e complesse. È il sistema che va cambiato per tornare a essere espressione del bene collettivo. Quello che con Extinction rebellion potrebbe essere diverso è l'idea di una cultura generativa che cerca di trasformare il modo stesso in cui stiamo assieme.


Ringrazio la Redazione per la possibilità di inserire qui alcuni miei chiarimenti.
Innanzi tutto sottolineo che io sono un semplice attivista di Extinction Rebellion Italia e quello che dico io, lo dico solo a nome mio personale, è la mia visione delle cose. Non ho nessun mandato di portavoce del movimento, che è ampio e variegato e non c'è nessuno che possa esprimere "la posizione" del movimento in Italia. Sul tema specifico, è stata pubblicato un post scritto a più mani che probabilmente una maggioranza di attiviste di Extinction Rebellion Italia condivide,

In secondo luogo, vorrei che fosse noto a chi legge che non mi riconosco integralmente in quanto segue. Il mio pensiero più profondo non è in rottura così netta con il movimento "no global", anch'esso peraltro così variegato che non si può ridurre a un aspetto univoco. Certamente colgo delle differenze tra quel movimento e il nostro, e al contempo sono convinto che c'è una base comune delle lotte di allora e di adesso. Sarebbe troppo lungo e complesso spiegare qui tutte le sfumature del mio pensiero, pertanto pubblicherò presto un mio articolo per chiarirlo meglio.
Marco Bertaglia

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