Un palazzo di uffici a Manhattan (Vladimir Kudinov/Unsplash)
Un palazzo di uffici a Manhattan (Vladimir Kudinov/Unsplash)

La società della performance soffre e non sa più sognare

Il lavoro fagocita gran parte del nostro tempo e la sfera personale rischia di fondersi con quella professionale, in un meccanismo che può provocare dolore fisico e mentale. La psicoterapeuta Agnese Donati spiega dove nasce il malessere e da quali trappole bisognerebbe sottrarsi

Marco Panzarella

Marco PanzarellaRedattore lavialibera

13 luglio 2022

"Se aveste domandato al massimo economista del Novecento quale sarebbe stata la più grande sfida del Duemila non ci avrebbe pensato su a lungo. Il tempo libero". Lo scrittore olandese Rutger Bregman in Utopia per realisti, un’articolata analisi della società contemporanea, ragiona sullo stress provocato dal carico di lavoro. "Innumerevoli studi – scrive l’autore – hanno dimostrato che chi lavora meno è più soddisfatto della sua vita. (...) Il vero tempo libero non è un lusso e nemmeno un vizio. È essenziale per il nostro cervello quanto lo è la vitamina C per il corpo". Tutto condivisibile e desiderabile. Eppure non è un caso se Bregman nel titolo del volume utilizza la parola utopia: nel mondo reale, infatti, il costante bisogno di produrre e consumare sovrasta la possibilità di ritagliarsi del tempo per fare altro, alimentando un circolo vizioso che a lungo andare può avere effetti negativi anche sulla salute fisica e mentale di chi lavora.

La rivista

2024 - numero 27

Fame chimica

Non solo fentanyl, in Europa cresce la dipendenza da farmaci e nuove droghe. Diversi tipi di oppiaceo, oltre l'eroina, sono documentati nel 74 per cento delle morti per overdose in Europa, spesso in combinazione con alcol e altre sostanze. In Italia, record di 15-19enni che nell'ultimo anno hanno fatto uso di psicofarmaci senza prescrizione medica: nel 2023 sono stati oltre 280mila.

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